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Universal Music ritira il suo catalogo da TikTok per mancato accordo sui diritti di riproduzione. Ma la sfida è oltre: ripensare l’intero modello di business

TikTok Universal
di Massimo Bolchi

Dal 31 gennaio scorso, la musica e le canzoni di Universal Music non sono più disponibili né utilizzabili su TikTok, il social media – o meglio l’entertainment media – di proprietà della cinese ByteDance. E allora, verrebbe da chiedersi, non è la prima volta che questo accade, vedi le cause contro Youtube che hanno iniziato a succedersi dal 2008, e – più in piccolo – l’ultima diatriba tra SIAE e Meta, limitata al mercato italiano, in corso di risoluzione dopo numerosi accordi ‘temporanei’.

Qui però la situazione nelle sue conseguenze, è decisamente più ampia, e con tre protagonisti in gioco: il social media e Universal Music, ovviamente, ma anche gli artisti, che vedono inaridirsi non solo una possibile fonte di revenue, ma la possibilità, ben più concreta, di farsi conoscere e pubblicizzare. A questo riguardo basta pensare all’African Beat e ha ciò che ha portato con sé, nomi noti ed emergenti, grazie proprio a TikTok e la sue potenzialità di viralizzazione estrema.

Universal Music possiede il più grande catalogo mondiale di voci e gruppi, da Taylor Swift a Billie Eilish, a Justin Bieber, e, per restare dentro i confini nazionali, da Elodie a Mahmood. Il primo accordo tra Universal e TikTok risale al 2021, ma allo scadenza, nel corso delle discussioni per il rinnovo, TikTok avrebbe tentato di ‘intimidire’ Universal per obbligare a un contratto ritenuto svantaggioso e inferiore al precedente. Questo, naturalmente, secondo la music company, che ha pubblicato sul proprio sito una lettera di spiegazione, conscia del rischio di inimicarsi i musicisti con la sua mossa, quella di ritirare dal social media l’intero catalogo.

“In definitiva, TikTok sta cercando di costruire un’attività basata sulla musica, senza pagare il giusto valore della musica”, scrive Universal nel comunicato, concentrandosi sulle tre condizioni rifiutate da TikTok: giusta retribuzione degli autori e dei cantanti, la protezione dell’ingerenza dell’AI, e la protezione degli utenti. Quest’ultima sta sempre bene da citare, ma è lecito dubitare sia la prima delle preoccupazione della music company. Comunque…

“TikTok ha proposto di pagare i nostri artisti e autori di canzoni a un tasso che è una frazione di quello che pagano le principali piattaforme social comparabili per dimensione. Oggi, a dimostrazione di quanto poco TikTok compensi gli artisti e gli autori, nonostante la sua base di utenti massiccia e in crescita, i ricavi pubblicitari in rapido aumento e la crescente dipendenza dai contenuti musicali, TikTok rappresenta solo l’1% circa dei nostri ricavi totali”.

E ancora: “TikTok sta permettendo che la piattaforma venga inondata di registrazioni generate dall’IA – oltre a sviluppare strumenti per consentire, promuovere e incoraggiare la creazione di musica da parte dell’IA sulla piattaforma stessa – e chiede un diritto contrattuale che consenta a questi contenuti di diluire in modo massiccio le royalty per gli artisti umani, in una mossa che non è altro che la sponsorizzazione della sostituzione degli artisti da parte dell’IA”.

Qui il tentativo è abbastanza scoperto: forti dell’evoluzione cinese dell’AI – pensiamo alle telecamere a riconoscimento facciale ormai ubique nel paese – e di un algoritmo di raccomandazione che è il più efficiente in circolazione, la sostituzione ‘artificiale’ potrebbe essere il prossimo passo del social media. E qui davvero si avvererebbe la formula ‘fare business con la musica senza pagarla’: questo è anche l’argomento a cui gli artisti dovrebbero essere più sensibili, si arrivasse mai a un vero scontro (per ora siamo ancora alle prime avvisaglie) tra i due giganti dei rispettivi comparti.

“Ci bullizzano”, lamenta Universal Music, perché TikTok sta cercando di imitare gli antichi Romani, quelli del ‘Divide et impera’, rimuovendo selettivamente la musica di “alcuni dei nostri giovani artisti che stanno crescendo, pur mantenendo sulla piattaforma le nostre star globali che fanno audience”.

TikTok non ci sta a questo racconto unidirezionale, e ribatte che “Universal cerca di dissimulare il fatto che ha scelto di allontanarsi dal supporto della nostra piattaforma, con oltre un miliardo di utenti, che funge gratuitamente da potente veicolo promozionale e di scoperta per i loro talenti”.
Sostanzialmente sostiene che si tratti di un veicolo pubblicitario per gli artisti, e che levando il proprio catalogo dalla disponibilità sulla piattaforma, Universal sta danneggiando innanzitutto questi ultimi, che si vedono privati delle potenzialità di usare il social media per farsi conoscere.

Una posizione un po’ debole, che non dice nulla sugli strumenti potenziati dall’AI per ‘fare’ musica introdotti sulla piattaforma, né sulla scarsità oggettiva dei ricavi garantiti dalla piattaforma, né infine sul fatto che artisti globali possono tranquillamente fare a meno della ‘promozione’ del social media per i loro affari.

“Onoriamo le nostre responsabilità con la massima serietà. Intimidazioni e minacce non ci indurranno mai a sottrarci a tali responsabilità”, conclude il comunicato di Universal.

Ma qui c’è qualcosa di più di una contesa commerciale: che la sfida tra il ‘passato’ – il modo di calcolare il valore di ciò che si utilizza, nella fattispecie la musica, ma potrebbe essere qualsiasi altro opera dell’ingegno umano – e il ‘futuro’: un mondo di entertainment (e altro) dove l’AI regna sovrana, dove non importa di chi sia il prodotto, tanto è ‘fatto’ comunque dall’Artificial Intelligence e destinato rapidamente a scomparire dalla memoria collettiva, un mondo dove ‘il qui e ora’ è l’unica cosa che conti veramente. Il valore dell’heritage contro quello dell’attimo fuggente. Una dura lotta…