di Massimo Bolchi
Sembra ci si sia arrivati, alla fine. Dopo la fase di hype, in cui sembrava si parlasse solo di metaverso, web3 e criptovalute per disegnare il futuro prossimo dell’internet, che si era lasciato alle spalle il web 2.0 – quello di Google, Apple, Meta, Microsoft e delle banali app quotidiane – si era assistito a una sorta di sparizione dai media, quando non addirittura a una caccia alle streghe che aveva rovesciato il quadro: basti pensare alla caduta a picco delle valutazione degli NFT.
Non che non ce ne fossero ragioni valide, tanta ‘fuffa’ insieme alle cose valide era emersa durante la fase di entusiamo, ma tutto l’ambiente mediatico era ormai ‘prigioniero’ dell’Artificial Intelligenge e dei sui effetti sull’esistenza umana (copyright di Elon Musk): ChatGPT 3 e 4, Bard e Gemini, Claude e Copilot: sembrava non ci fosse altro di cui discorrere quando si parlava del futuro, con toni più o meno pessimistici a seconda dell’intelocutore.
Così quando questa mattina Vittorio Zingales, CEO della società organizzatrice XMetaReal, ha aperto i lavori del Metaverse Generation Summit con una neanche troppo velata autocritica – basta hype, parliamo di cose concrete, di quello che il metaverso significa per la società di oggi e di domani – sarebbero stati necessari i fantozziani ‘92 minuti di applausi’.
“L’hype non ci ha portato bene”, ha ammesso, “il metaverso, l’estensione digitale della realtà fisica, la affianca ma non la sostituisce. È fatta per soddisfare bisogni specifici, non per dare visibilità all’ultimo gadget tecnologico lanciato in ordine cronologico di sviluppo”.
E di esigenze da soddisfare ne sono emerse molte, dalla necessità di trovare soluzioni effettive al problema dei milioni di NEET (Not in Education, Employment or Training) nazionali alla carenza di figure femminili nella materie STEM; dai rapporti con la PA digitale all’utilizzo della VR in ambito medico e psicologico, al cambiamento delle relazioni umane, lavorative soprattutto ma non solo, che sono passate da quelle umane di gruppo a Human to Machine (ricordare le interminabili video conferenza durante la pandemia) per poi migrare alla attuali Human to Machine among Human, complice il progressivo e per il momento limitato ritorno in ufficio. E tante altre ancora, dal banking all’empowerment giovanile, dalla blockchain come nuova frontiera aziendale alla customer experince nel web3: in tutti questi ambiti per il momento ci sono risposte concrete, ma ancora per lo più sperimentali, che utilizzano il metaverso come tool per integrare mondo reale e mondo virtuale in maniera nuova.
Quindi sperimentazioni concrete, misurabili, realistiche di soluzioni che potranno, se coronate da successo, implementare le nuove strade su cui potrà procedere e svilupparsi il metaverso. Un approccio pragmatico, di cui si sentiva davvero bisogno, dopo le fase di entusiasmo esagerato di qualche anno fa e le quasi ridicole realizzazioni originarie, anche da parte dei player di primo piano (ricordate l’imbarazzante Mark Zuckerberg ritratto nel ‘suo’ metaverso?).