Il 2021 è stato un anno importante per le istituzioni culturali italiane che, in particolare a partire dal periodo estivo, hanno potuto riprendere a pieno ritmo ad offrire un’esperienza culturale ai visitatori in presenza. I numeri riferiti dai musei, monumenti e aree archeologiche italiani testimoniano una decisa ripresa delle entrate da biglietteria (+36%), sebbene manchi ancora da recuperare un 35% rispetto al 2019. Anche per i teatri i numeri indicano una ripartenza (+23%), seppur meno decisa, anche a causa della minore possibilità di sfruttare il traino della stagione estiva.
La pandemia ha accelerato il processo di trasformazione digitale della Cultura che è stato in parte frenato dalla ripresa di attività in presenza nel 2021, ma i numeri delineano prospettive future ben chiare di un comparto che dovrà essere sempre più supportato dalla tecnologia.
“Il settore della cultura si trova oggi in una fase di profondo cambiamento, visibile sia a livello di ‘sistema Paese’ (con le iniziative ed i relativi bandi legati ai fondi messi a disposizione dal PNRR e le attività volte a valorizzare, tutelare e rilanciare l’attrattività culturale dell’Italia) che all’interno delle organizzazioni culturali che stanno cercando, e in alcuni casi sperimentando, nuovi modelli di business in grado di favorire il ritorno in presenza senza perdere i risultati positivi che a fatica si sono raggiunti con la transizione in digitale di molte attività durante i due anni di pandemia trascorsi”, ha spiegato Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali a Milano, in occasione dell’evento ‘La cultura riapre i sipari, il digitale va in scena?’, tenutosi questa mattina a Milano. “A livello individuale, infine, il cambiamento riguarda le abitudini dei consumatori, in cerca di nuovi stimoli: i trend evidenziano come l’utilizzo di Internet sia in costante crescita, anche su fasce della popolazione più senior”.
L’innovazione digitale nei musei e nei teatri
Sul fronte dell’innovazione digitale a supporto dei processi nei musei e nei teatri, nell’ultimo anno i numeri sono rimasti stabili, mentre su quello della produzione e distribuzione di contenuti digitali si è assistito a una razionalizzazione.
Gli strumenti digitali sono ormai un supporto importante ai processi gestionali nel settore della cultura. Qui i teatri presentano mediamente livelli leggermente più alti dei musei; l’acquisto online, ad esempio, è disponibile nel 78% dei teatri dotati di un sistema di biglietteria e incide sul totale delle entrate in maniera più significativa di quanto non avvenga nei musei. Dal sito diretto del teatro transita, infatti, mediamente l’11% dei ricavi e da altri intermediari online il 12% (nei musei le rispettive quote sono il 7% e il 4%). Guardando alle attività di marketing digitale, il 59% dei teatri fa advertising online o sui social, il 23% Search Engine Optimization, il 10% remarketing. Il 58% raccoglie dati in modalità digitale e il 14% ha investito in sistemi di cybersecurity e data protection. Su tutti questi ambiti si registrano percentuali inferiori di adozione da parte di musei, monumenti e aree archeologiche rispetto ai teatri.
Gli indicatori su cui, invece, musei e teatri risultano allineati riguardano l’attenzione alla pianificazione strategica e la presenza di personale dedicato all’innovazione digitale. In entrambi i comparti, solo 1 istituzione culturale su 5 ha un piano strategico dedicato al digitale e 1 su 2 non ha nessuna risorsa dedicata al digitale.
Infine, guardando agli investimenti futuri, per i musei si conferma prioritario lavorare su conservazione e digitalizzazione della collezione, che impegnerà il 28% delle risorse. Riprende centralità, grazie al ritorno dei flussi di visitatori in presenza, anche la digitalizzazione dei servizi di supporto alla visita in loco, per cui si stima verrà stanziato il 19% sul totale degli investimenti. Per i teatri, invece, l’investimento in digitale si concentrerà nei prossimi due anni su marketing, comunicazione e customer care (40%) e su ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo accessi (18%).
Il journey culturale degli italiani
Partendo dall’analisi dei visitatori dei musei, monumenti e aree archeologiche, realizzata in collaborazione con BVA Doxa, per la fase di ispirazione e ricerca lo strumento più utilizzato sono i canali ufficiali come sito, account social e newsletter del museo (49%), seguito da motori di ricerca (40%), passaparola (23%) e commenti e recensioni (22%). Nei teatri il canale più utilizzato nelle prime fasi del journey è il motore di ricerca (28%), seguito dal passaparola (26%).
Considerando la fase di acquisto, i dati dell’indagine al consumatore confermano la prevalenza di acquisti in biglietteria fisica per i musei (45%). Tuttavia, è ormai diffuso tra la popolazione internet anche l’utilizzo della biglietteria online sul sito dell’istituzione (30%) o di un rivenditore autorizzato (14%). Per l’acquisto di biglietti per gli spettacoli teatrali, invece, l’online è il canale prevalente, probabilmente anche per gli effetti della pandemia: il 34% ha acquistato sul sito del teatro e il 17% su quello di un rivenditore.
La fase post-visita costituisce altresì un momento importante per favorire la fidelizzazione dei visitatori e il loro attaccamento al brand, ma solo poche istituzioni culturali ancora svolgono azioni incisive in tal senso. Infatti, solo il 10% dei visitatori, sia dei musei sia dei teatri, ricorda di essere stato ricontattato dopo la visita e per quale motivazione. Eppure, la propensione a dare seguito all’esperienza vissuta è già alta; ad esempio, il 25% dei visitatori ai musei ha postato contenuti sui social e il 9% degli spettatori ha acquistato dopo lo spettacolo un altro biglietto o un abbonamento.
Le prospettive di sviluppo
L’esperienza dei visitatori e degli spettatori supportata dal digitale è in generale valutata come coinvolgente e istruttiva. Un punto di attenzione riguarda la possibilità di coinvolgere maggiormente gli utenti con cui si viene in contatto nelle fasi post-esperienza, invitandoli maggiormente alla condivisione sui social e proponendo servizi e contenuti aggiuntivi, anche online. Per far sì che questo accada, è necessario che le istituzioni si dotino non solo di strumenti adatti (ancora poco diffusi), ma anche di personale dedicato alla gestione delle community, con attenzione sia al mantenimento della relazione sia all’ascolto dei diversi bisogni degli utenti. Dagli addetti ai lavori, ad esempio, emerge una forte esigenza del pubblico a legare i temi del patrimonio ai valori di attualità e la necessità di trasformare le organizzazioni culturali in luoghi di confronto. Su questo si aprono fronti interessanti anche legati a nuovi strumenti di engagement come i Non Fungible Token (NFT), dove sono stati avviati alcuni esperimenti e di cui si iniziano a esplorare le potenzialità anche in Italia.