Lo shopping su TikTok si è rivelato molto popolare in Asia, ma il progetto di portarlo fin negli Stati Uniti sembra sia stato abbandonato dopo l’esperienza disastrosa nel Regno Unito, dove il lancio è stato gestito così male che circa la metà del personale che lavorava al progetto se n’è andato, e il dirigente responsabile ha dovuto essere sostituito dopo aver dichiarato che ‘non credeva’ nelle leggi britanniche sul lavoro dipendente.
Il passo successivo, l’espansione della vendite in Europa Occidentale – era previsto metà anno lo sbarco in Germania, Francia, Italia e Spagna – è stato messo ufficialmente in stand by, mentre gli Stati Uniti come obiettivo scompaiono nella nebbia indistinta dello sfondo, ancor più dopo il richiamo di un commissario della FCC (Brendan Carr) ad Apple e Google perché ‘delistino’ dai loro store la app.
Ma guardiamo con un po’ più di attenzione a quello che è accaduto prima di queste ultime notizie: la società cinese proprietaria della piattaforma, ByteDance, aveva lanciato lo scorso anno ‘TikTok Shop‘ nel Regno Unito, cercando di entrare nel primo mercato al di fuori dell’Asia. Questa soluzione rappresentava un tentativo di portare lo shopping in stile QVC al suo miliardo di utenti in tutto il mondo. I brand e i creator trasmettono in diretta sull’applicazione di entertainment media (come TikTok preferisce essere chiamato) mostrando e vendendo i diversi prodotti.
Diversi creator, con un grande seguito online, hanno tuttavia dichiarato al Financial Times di aver abbandonato il progetto nelle ultime settimane, sia per il calo dei compensi erogati, sia perché problemi indipendenti da loro, quali scorte limitate di prodotto o difficoltà di delivery, avevano provocato reazioni negative e commenti offensivi nei loro confronti.
Questi problemi in UK rappresentano un duro colpo al tentativo di TikTok di ‘bissare’ il successo della strategia di social commerce di Douyin, la app gemella attiva solo in Cina. I piani di espansione del commercio elettronico in altri continenti erano considerati una parte fondamentale per giustificare l’elevata valutazione borsistica della app.
Ma la scorsa settimana, un’inchiesta del Financial Times ha rivelato che c’è stato un esodo di personale dalla sede londinese di TikTok, in seguito alle lamentele per una cultura lavorativa aggressiva imposta dai dirigenti cinesi dell’azienda. Dopo le rivelazioni, Joshua Ma, un alto dirigente di ByteDance che gestiva TikTok Shop in Europa, è stato sostituito mentre l’azienda indaga sul fatto che il dirigente ‘non credeva’ che le donne dovessero avere diritto al congedo di maternità. Sostanzialmente, quello che sta emergendo è un’incompatibilità tra la cultura cinese, la celebre 996 – dalle nove del mattino alle nove di sera per sei giorni alla settimana – e le norme europee, nel caso britanniche, sul lavoro dipendente.
Inoltre i creator su TikTok Shop devono trasmettere in diretta due volte a settimana per un tempo compreso tra le due e le sei ore per sessione. Inizialmente veniva loro corrisposto un compenso base di migliaia di sterline, oltre a una commissione sulle vendite, ma ad aprile tale compenso è stato tagliato per la maggior parte di essi. Un account con diverse centinaia di migliaia di follower riceve circa 5 sterline per zero vendite e fino a 60 sterline per più di 10 transazioni.
Inoltre, secondo i dipendenti e secondo i video visionati dal FT, sui livestream venivano venduti borse e vestiti contraffatti. “I brand hanno detto che non volevano essere nei video perché erano presenti copie economiche e falsi“, ha detto un ex dipendente, anche se TikTok ha ribattuto di avere linee guida rigorose e un team che monitora i prodotti contraffatti.
I dirigenti di ByteDance considerano TikTok Shop il futuro dello shopping, ma trasportare il modello di successo dall’Asia in un altro continente si è rivelato difficile, con i dipendenti londinesi che si lamentano del fatto che i vertici dell’azienda non capiscono il mercato britannico o non ascoltano il feedback del personale esperto o dei brand. Un attuale dipendente, che il FT non cita per nome, ovviamente, ha dichiarato: “C’è arroganza e ignoranza nel cercare di esportare il modello da Douyin senza voler localizzare l’esperienza”.
Ancora più pesante una dichiarazione di un ex-dipendente raccolta dalla NGO Business & Human Right: “La cultura è davvero tossica. Le relazioni sono costruite sulla paura, non sulla cooperazione. Non si preoccupano del burnout perché è un’azienda così grande che possono semplicemente sostituirti. Si appoggiano solo al brand TikTok”.