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Sora, l’AI che produce video di OpenAI, minaccia di rivoluzionare tutte le esperienze di intrattenimento. Ma gli autori dei video dell’open web stanno già citando in giudizio gli sviluppatori

AI Generated Video
di Massimo Bolchi

Dopo poco più un anno di una rapida evoluzione, che ha fatto seguito al debutto pubblico di ChatGPT, sembrava che l’intelligenza artificiale avesse perso la sua capacità di stupire. Poi è arrivata la demo di Sora, che in una presentazione del 16 febbraio ha prodotto istantaneamente scene video vivide e fotorealistiche, a partire da richieste complicate, sbalordendo gli spettatori di tutto il mondo, e mettendo in crisi in particolare il mondo di Hollywood, che aveva da pochi mesi chiuso la lunghissima vertenza con il sindacato degli autori e degli attori.

Sora – sviluppata da OpenAI – è in grado di creare video realistici della durata di un minuto a partire da semplici prompt di testo, ma anche Google e Meta, negli ultimi mesi, hanno presentato nuove applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito ‘real video’. La corsa è iniziata verso un’era in cui chiunque potrà creare quasi istantaneamente video dall’aspetto realistico, senza bisogno di strumenti sofisticati di CGI o di competenze specifiche.

Per ora, Sora è aperto solo ai tester e a registi selezionati; OpenAI ha rifiutato di dire quando Sora sarà disponibile per il grande pubblico. “Stiamo annunciando questa tecnologia per mostrare al mondo cosa c’è all’orizzonte”, dichiarano i ricercatori di OpenAI.

L’azienda sostiene che Sora, che prende il nome dalla parola giapponese che indica il cielo, sia per molti versi più avanzata di qualsiasi altra cosa simile l’abbia preceduta: è in grado di popolare qualsiasi scena immaginata con più personaggi distinti, mostrare una gamma dinamica di movimenti e dettagli inquietantemente precisi e ad alta definizione. Il suo vento soffia come un vento vero, l’acqua scorre e gorgoglia, e tutto ciò che tocca questi elementi reagisce di conseguenza.

Come si legge sul sito di OpenAI, “il modello comprende non solo ciò che l’utente ha chiesto nel prompt, ma anche descrive come queste cose esistono ed agiscono nel mondo fisico”. Sebbene alcuni aspiranti registi abbiano già sperimentato con un certo successo piattaforme come Midjourney per creare piccoli frammenti, il modello di OpenAI promette di liberare un mondo di possibilità.

Sora è stato creato addestrando un algoritmo di intelligenza artificiale su innumerevoli ore di video concessi in licenza da altre aziende e su dati pubblici raccolti da Internet: ingerendo tutti questi video, l’IA accumula conoscenze sull’aspetto di determinati oggetti e concetti. Un esempio della crescita del modello potrebbe essere il modo in cui gli esseri umani arrivano a capire il mondo in modo intuitivo, invece di imparare esplicitamente le leggi della fisica.

Nessuno sa come cambierà Sora tra oggi e il suo eventuale rilascio. OpenAI sostiene che i suoi ingegneri stanno attualmente “coinvolgendo politici, educatori e artisti di tutto il mondo per capire le loro preoccupazioni e identificare casi d’uso positivi per questa nuova tecnologia”. Forse alcune delle sue capacità saranno limitate quando sarà distribuita a tutti. O forse solo quando milioni di utenti avranno accesso a questa tecnologia, i suoi difetti e le sue imprecisioni verranno alla luce.

Ma anche quando Sora agisce correttamente secondo gli input, altri problemi possono essere in agguato: i diritti di copyright innanzitutto. OpenAI ha una partnership con Shutterstock per utilizzare i suoi video per addestrare l’intelligenza artificiale. Tuttavia, poiché Sora viene addestrato anche su video presi dall’open web, i proprietari di questi ultimi potrebbero sollevare contestazioni legali per violazione del copyright. Le aziende produttrici di IA hanno sostenuto che l’utilizzo di immagini, testi e video online disponibili al pubblico equivale a un ‘fair use’ ed è legale ai sensi della legge americana sul copyright.

Questo può essere vero – in parte – negli USA, ma nell’Unione Europea le cose stanno diversamente e saranno regolate dall’AI Act di prossima approvazione. Comunque autori, artisti e organizzazioni giornalistiche hanno già citato in giudizio OpenAI e altri sviluppatori negli Stati Uniti, affermando di non aver mai dato il permesso, o ricevuto un pagamento, per l’utilizzo delle loro opere in questo modo.

La capacità di soddisfare le richieste non si traduce poi necessariamente nella capacità di soddisfare le aspettative di qualità, senza l’esperienza condivisa dal team di sceneggiatori, di attori e di registi nella produzione di un film. Se i vertici di Hollywood hanno iniziato a immaginare una serie di progetti generati dall’IA dopo aver visto la demo di Sora, allora forse sarebbe il caso che iniziassero a pensare diversamente.

Ma OpenAI ha sogni ancora più grandi per la sua tecnologia: i ricercatori sostengono che l’IA potrebbe un giorno aiutare i computer a capire come navigare negli spazi fisici o a costruire mondi virtuali che le persone potrebbero esplorare. Una nuova ‘classe’di esperienze di intrattenimento’, in cui il confine tra videogioco e film potrebbe essere più sfumato. Un altro modo di esprimere il concetto che in futuro al ‘cinema’ – come in tante altre attività umane – non risuonerà più il fatidico ‘ciak, azione’ degli anni d’oro, ma si snoderà un lungo prompt descrittivo dell’azione da eseguire da parte della prossima evoluzione dell’AI. Sarà meglio? Mah…