Lavorare da casa è stata un’esigenza dettata dal lockdown vissuto con la pandemia ma, secondo lo studio Workforce of the Future di Cisco, le persone intervistate vogliono mantenere i molti aspetti positivi che sono emersi da questo nuovo modo di lavorare. I due principali benefici indicati sono la maggiore autonomia (65% in Italia; 63% il dato EMEAR [Europe Middle East Africa & Russia]) e il lavorare bene con i team distribuiti (66% in Italia e coincidente con il dato EMEAR).
Lo studio Workforce of the Future è stato realizzato dalla società di ricerca Censuswide su un campione di 10.095 dipendenti di aziende che hanno lavorato a distanza per almeno 10 giorni consecutivi (e oltre), durante il lockdown, in 12 paesi: UK, Grancia, Germania, Spagna, Italia, Poloni, Russia, UAE, Svizzera, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Gli intervistati appartengono ad aziende con un numero di dipendenti che va da 2 a oltre 500, di diversi settori, e hanno tentato di delineare le proprie aspettative nei confronti dei datori di lavoro a partire dal 2021. Dallo studio emerge chiaramente che per i dipendenti quello che stiamo vivendo è un momento di svolta che sfida le consuetudini culturali relative al luogo di lavoro.
“Scorrendo i dati della ricerca, mi ha colpito che nonostante le aspettative siano molto elevate non tutti hanno fiducia nel fatto che vengano accolte: il 41% dei lavoratori pensa che il suo datore, dopo la pandemia, non adotterà un’organizzazione del lavoro ibrida, e il 33% non sa rispondere al riguardo”, commenta in un nota Agostino Santoni, Amministratore Delegato di Cisco Italia. “Gli intervistati ci parlano di benefici importanti, di desiderio di autonomia, di essere protagonisti del proprio lavoro: le aziende italiane hanno il dovere di ascoltare queste esigenze e di trasformare l’esperienza dell’emergenza in una opportunità per il futuro, con un cambiamento culturale profondo. Con le tecnologie giuste, con le competenze necessarie, con la fiducia si può cambiare il mondo del lavoro mettendo al centro davvero le persone in modo che siano più soddisfatte e produttive”
Sebbene solo il 10% degli intervistati in Italia (15% il dato EMEAR) lavorasse da casa stabilmente o parzialmente anche prima del lockdown, oggi una stragrande maggioranza spera di mantenere l’autonomia guadagnata. In ogni caso, l’87% degli intervistati (in linea con il dato EMEAR), vuole una maggiore autonomia nel definire come e quando lavorare in ufficio, un mix tra lavoro in presenza e lavoro a distanza. Riflettendo sugli ultimi sei mesi, infatti, il 62% degli intervistati (66% il dato EMEAR) oggi apprezza maggiormente i vantaggi e le sfide del telelavoro (o dello smart working). I cambiamenti sono stati positivi, lo conferma il fatto che i responsabili aziendali hanno mostrato una maggiore fiducia nei propri team (il 33% in Italia; il 39 il dato EMEAR).
Gli intervistati sono riusciti a conciliare meglio la vita lavorativa con quella personale, con il 61% (56% il dato EMEAR) che è riuscito a fare più esercizio fisico quotidianamente. Similmente, il 48% (58% il dato EMEAR) vuole continuare a non viaggiare e a utilizzare quel tempo per essere più produttivo.
Se avessero la possibilità di essere CEO per un giorno, infine, gli intervistati darebbero priorità all’integrazione di metodologie di comunicazione e collaborazione efficaci.
Perché ciò avvenga, secondo l’83% degli intervistati (78% il dato EMEAR), le aziende devono fornire ai dipendenti la stessa tecnologia a casa e in ufficio. Infatti, il 66% degli intervistati (65% il dato EMEAR) concorda sul fatto che durante il lockdown un aspetto positivo è stato quello di poter collaborare in modo efficiente pur non essendo nella stessa stanza.
Secondo gli intervistati, le priorità nell’allocazione del budget 2021 dovrebbero essere: investire in tecnologie che permettano di essere più produttivi (42% il dato italiano, 39% quello EMEAR), dotare gli uffici di tecnologie che rendano più sicuro lo spazio di lavoro da un punto di vista sanitario (31% il dato italiano, 38% quello EMEAR), aumentare la formazione per lo sviluppo competenze digitali (30% il dato italiano, 32% quello EMEAR), e incrementare la sicurezza informatica (29% il dato italiano, 30% quello EMEAR).