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Si infiamma la guerra tra l’Amministrazione Trump e la Cina sull’app TikTok. Le strade per un possible ban. E Amazon prima vieta l’app e poi dichiara ‘un errore’ l’invio della mail

Il confronto commerciale tra Usa e Cina, attualmente in corso, minaccia di allargarsi a un nuovo ambito, quello dei social media: in particolare all’app TikTok, di proprietà dell’azienda cinese ByteDance, che è già stata downloadata oltre 165 milioni di volte negli Stati Uniti. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha menzionato questa possibilità martedì, dicendo che era “qualcosa che stiamo esaminando” in un’intervista rilasciata a un programma televisivo di Fox News, emittente generalmente schierata con Donald Trump e il suo governo.

Pompeo non ha rilasciato dettagli al riguardo, e l’affermazione potrebbe essere facilmente classificata come una provocazione e un ballon d’essai, ma nella stessa conversazione TikTok è stata paragonata a Huawei e ZTE, due aziende nei cui confronti sono stata prese dal Governo americano misure concrete e sui cui progetti di espansione nel mondo Washington sta esercitando una moral suasion che ha già portato Londra a escludere le aziende dal futuro del 5G inglese, e l’italiana TIM a evitare di invitarle alla gara per la rete di prossima generazione.

Con l’aumento della tensione tra gli Stati Uniti e la Cina, che Trump stia tentando di vietare TikTok è abbastanza palese, magari solo come forma di negoziato commerciale da affrontare da posizioni di forza, ma al di là del divieto già in vigore per i membri delle Forze Armate USA di scaricarla e utilizzarla, per ragioni di sicurezza nazionale, il divieto generalizzato potrebbe portare a problemi tecnici non indifferenti.

I divieti più efficaci delle app sono quelli attivati a livello di rete, bloccando qualsiasi comunicazione tra i server di destinazione e gli utenti nel paese. Questo è l’approccio adottato dal Great Firewall cinese ed è il modo in cui l’India ha applicato il suo divieto verso TikTok (e oltre 50 altre app cinesi) recentemente implementato. Anche l’Australia, che pare stia prendendo in considerazione un divieto simile, probabilmente adotterebbe lo stesso approccio. Ma la legge americana non ha precedenti utili per bloccare il software in quel modo, quindi sembra improbabile che la Casa Bianca stia pensando di imporre una forma di censura della rete così pesante, che verrebbe probabilmente fatto saltare immediatamente da qualsiasi ricorso ai tribunali.

Un obiettivo più probabile per questa azione è il Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS), che supervisiona le fusioni e gli investimenti che coinvolgono società non statunitensi. Lo scorso anno CFIUS ha avviato un’indagine di sicurezza nazionale su TikTok, citando preoccupazioni simili a quelle di Pompeo, e secondo alcuni membri ci sarebbero prove sufficienti contro la società per costruire un caso giudiziario plausibile, che reggerebbe anche all’esame dei giudici.

TikTok è una consociata della società ByteDance con sede a Pechino e i critici hanno sollevato diversi problemi riguardanti sia le sue pratiche generali sulla privacy sia i suoi potenziali legami con il governo cinese. Le linee guida di moderazione trapelate scoraggiano le critiche a eventi come le proteste di piazza Tiananmen. Sebbene TikTok affermi che archivia i dati degli utenti americani negli Stati Uniti e a Singapore, sussiste la costante preoccupazione che possa trasmettere informazioni alle agenzie statali cinesi. TikTok ha ripetutamente negato di condividere le informazioni in questo modo e afferma che le linee guida per la moderazione non vengono più utilizzate.

Per dissipare le nubi esistenti, TikTok – ByteDance ha una propria app riservata al mercato cinese, chiamata Doyuin – ha recentemente nominato come proprio CEO uno statunitense, Kevin Mayer, già a capo di Disney+ per lo streaming, e ha annunciato di voler abbandonare HongKong dopo l’approvazione contestata della legge sulla sicurezza nazionale, che ha di fatto posto fine all’accordo ‘two systems, one contry’ firmato con la Gran Bretagna per garantire all’ex-colonia 50 anni di quasi completa indipendenza da Pechino.

Il governo cinese ha una storia dimostrata di controllo sui nodi del sistema informativo: di conseguenza queste azioni, assunte recentemente, potrebbero non essere giudicate sufficienti, se il CFIUS decidesse che la proprietà cinese è un problema reale. Negli ultimi anni, il CFIUS ha infatti respinto alcuni piani di fusione e acquisizione di alto profilo, tra cui l’acquisto da parte di una società cinese dell’app online dating gay Grindr, per motivi di sicurezza nazionale. Il CFIUS potrebbe imporre una ristrutturazione di TikTok in modo da separare ulteriormente la sua attività americana da quella cinese, o richiede la vendita da parte di ByteDance della app a una società terza. Tuttavia, questo non sarebbe ancora esattamente un ‘divieto’, e certamente non potrebbe essere generalizzato, applicandolo a tutte le app di social media cinesi.

Per far sì che TikTok scompaia dai telefoni degli americani, il governo dovrebbe innanzitutto fare in modo che Apple e Google rompano i loro rapporti con ByteDance (insieme a qualsiasi altro produttore cinese di app). La rimozione dall’App Store di iOS e dal Google Play Store ridurrebbe notevolmente l’appeal di TikTok, anche se si potrebbe ancora accedervi tramite un’app o un sito Web gestito da altri, come Appgallery. Apple, in particolare, mantiene uno stretto controllo sui dispositivi iOS; la sua politica sull’App Store è così restrittiva da aver stimolato addirittura azioni legali antitrust. Il governo ordinerebbe essenzialmente alle aziende di ‘deplatformare’ TikTok, e questa azione potrebbe rivelarsi estremamente potente.

Per fare ciò, l’amministrazione USA potrebbe ripetere quello che ha già sperimentato, con successo finora, nei confronti di Huawei e ZTE: inserire le aziende in una ‘entity list’ che limiti la possibilità per società americane di collaborare con loro: tranne esplicitata autorizzazione questa collaborazione verrebbe considerato una violazione dell’embargo, e se TikTok fosse aggiunta a questa ‘entity list’ sarebbe molto arduo per Apple e Google continuare ad avere rapporti con l’app, lasciamo perdere metterle sui propri siti a disposizione di tutti.

Notizia di qualche ora fa: Amazon ha prima diffuso a tutti i suoi dipendenti una mail che ingiungeva di non utilizzare TikTok, mail poi etichettata come ‘errore’ dal gigante dell’eCommerce. “L’email di questa mattina ad alcuni dei nostri dipendenti è stata inviata per errore. Non ci sono cambiamenti alle nostre politiche in questo momento per quanto riguarda TikTok ”, ha scritto Amazon, azienda che non è certamente schierata dalla parte di Trump, in una nuova mail indirizzata ai giornalisti cinque ore dopo il primo invio.

Il quadro si fa più complicato…