La radio o meglio il mondo dell’audio è da sempre considerato il media più flessibile e il digitale ha ampliato ancora di più la sua versatilità. Oggi, grazie a internet i contenuti audio possono essere ascoltati da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata, sia dal vivo sia on demand e attraverso diverse tipologie di dispositivi. Per fare il punto su questi argomenti si è tenuto stamattina il webinar ‘Potenzialità e sfide del digital audio data driven’, organizzato da IAB Italia in collaborazione con DigitalMDE, Mediamond e Spotify
Le concessionarie di gruppo Mediaset, per conoscerne maggiormente l’evoluzione dell’audio, hanno avviato un’indagine sui comportamenti di consumo dei contenuti audio in modalità offline e online in modo integrato. Le prime evidenze delle potenzialità dell’audio nel suo complesso forniscono una fotografia dei comportamenti di consumo dei vari contenuti. Dall’analisi delle variazioni 2020 sull’anno precedente emergono alcuni interessanti risultati in termini di penetrazione d’ascolto settimanale (variazione ascoltatori):
- + 4,8% radio digitale
- + 4,5% radio analogica & radio digitale
- + 43,3% podcast
- + 15,3% musica in generale
- + 19,6% musica da social network
- + 23,1% piattaforme musicali + 26,7% audiolibri
Il consumo di radio digitale è in crescita sia su smartphone, raggiungendo quota 44,7%, sia da PC (37,6%). In particolare, il primo è il più utilizzato per sentire la musica: per lo streaming nel 64,9% dei casi, per i social musicali secondo il 59,8% del campione. Le piattaforme social si fruiscono anche da PC: 43,4%. Gli audiolibri si ascoltano principalmente da smartphone secondo il 42,7% del campione intervistato. La musica in TV è un’esperienza che avviene attraverso la TV tradizionale, per il 44,5%, ma anche da smart TV, totalizzando il 37,4% delle preferenze.
L’audio in generale è un ottimo partner per le attività di tutti i giorni: se la radio analogica in diretta si conferma compagna ideale per i viaggi in auto (nonostante registri un calo del 5% rispetto al 2019) le altre attività, invece, hanno un’impronta casalinga: relax al 22,2% e lavori domestici 13,6%, entrambe in crescita. L’ascolto della radio digitale si associa principalmente al relax, che è al primo posto con il 42,8%, seguito dalla guida con il 28,1% e dalla cucina, con il 24,9% delle preferenze. La musica in tutte le sue declinazioni si conferma come la colonna sonora dei momenti di rilassamento: i social network musicali sono in cima alla classifica con il 45%, seguiti dallo streaming che totalizza il 40,7%.
L’audio digitale non solo al centro delle scelte di consumo degli utenti ma anche media strategico nelle pianificazioni dei brand: i temi legati all’addressable e, soprattutto, al cosiddetto ‘All Addressable’ vedono protagonista l’audio che grazie a dati, insight e misurazioni, ma anche a formati e contenuti dal forte impatto sono i trend setter del mondo della comunicazione.
Spotify ha presentato a sua volta una ricerca, che ne ha analizzato la parte free, ad supported degli ascoltatori. Innanzitutto la prima rilevazione di Spotify è che il digital audio non è una radio: le connessioni che si stabiliscono con gli ascoltatori sono molto personali e variano un funziona degli stati d’animo, di quello che si sta facendo e dei vari mood. Inoltre l’addressability dei messaggi è esplicitamente riconosciuta dagli ascoltatori: il 65% afferma che la pubblicità ‘sembra fatta per me’, mentre il 75% sottolinea che ricarda più facilmente il contenuto dei messaggio quando questi ‘sembrano riconoscere il mio stato d’animo’.
Per quanto riguarda infine la Gen Z (nati tra il 1995 e il 2010) oggetto di un approfondimento ad hoc, è emerso che il loro essere la prima generazione digitale ha avuto il corrispettivo di una maggiore propensione all’ansia: per il 30% ammettono di essere soggetti ansioni, e due su cinque confermano una posiziona ambivalente: la loro ansia è dovuto al ‘troppo’ tempo che trascorrono sullo smartphone, ma non sanno come porvi rimedio, poiché si tratta di uno dei device privilegiati per la diffusione del digital audio.
Digital MDE, infine, si è concentrata sul corporate podcast, all’interno di una strategia audio digitale, e ha sottolineato come la situazione, per il momento, sia quanto meno ambivalente. Da un lato, mancano alcuni dati-chiave che altrove sono facilmente disponibili, quali il numero degli ascolti per i singoli podcast, dato che è riservato solo al publisher, o i valori quantitativi delle tante classifiche, disponibili solo come numero ordinale, oppure ancora il numero dei follower. Ne consegue l’impossibilità di stabilire a priori le dimensione dell’investimento necessario a lanciare un podcast.
Dall’altro lato, la messe di dati disponibili è notevole: ricerche, report delle diverse piattaforme e dati di mercato sono altrettanti strumenti utili per valutare se sia utile e foriero di ROI realizzare un podcast. In particolare un progetto dai contenuti validi, sostenuto da una strategia dedicata. Senza dimenticare di valutare il comportamento dei propri concorrenti, e il valore di essere il primo a sperimentare un percorso di podcast capace di fare la differenza.