Una nuova tendenza è emersa sui social media: le nonne (e i nonni) si trasformano in influencer. A pensarci bene, la cosa non dovrebbe sorprendere più di tanto: se c’è qualcosa che è stato dimostrato finora, è che esiste un mercato per qualsiasi cosa e per chiunque. Le ‘mommie blogger’ si sono già aperte a costituire un enorme mercato, tra moda e prodotti alimentari.
D’altra parte, il medesimo quesito – ‘si continuerà a seguire un influencer quando questi invecchia?’ – posto a chi si occupa di influencer marketing ottiene quasi sempre la stessa risposta: sì, seguiremo ancora i nostri influencer di moda preferiti quando invecchieranno, perché anche noi avremo più o meno la stessa età e desidereremo sapere quali sono le ultime tendenze per la nostra fascia di età.
Crescere e invecchiare insieme agli influencer preferiti, purché rimangano rilevanti e meritevoli di essere seguiti, è un trend assolutamente normale: allora perché i ‘nonni influencer’ fanno ancora sensazione? Innanzitutto perché la cosa è tutto sommato piuttosto recente; poi perché la cultura digitale è associata naturalmente con le giovani generazioni; e infine perché il fenomeno mediatico si è concentrato su una fascia di ultranovantenni social-attivi che sembrava le meno idonea a conquistare il cuore dei social, strumento ‘ggiovane’ per eccellenza.
E invece… “non era il solito ventenne aspirante con un perfetto arredamento per la casa e un enorme seguito che ha rappresentato la partnership di influencer di maggior successo di Aura Frames lo scorso anno”, ha scritto sul blog Rahel Marsie-Hazen, responsabile delle PR e del content di Aura Frames, società americana per la digital forniture. “È stata una collaborazione con Charlotte Simpson, pensionata di 65 anni. Il suo lavoro ha costituito la nostra pubblicità con il rendimento migliore nel 2020, portando quasi cinque volte più conversioni rispetto a qualsiasi annuncio di influencer, con un coinvolgimento sei volte maggiore rispetto a qualsiasi annuncio creativo”.
Secondo le ricerche, peraltro, negli Stati Uniti i baby boomer controllano il 70% di tutto il reddito disponibile, trascorrono 15 ore online ogni settimana e credono in gran parte che i social media migliorino le loro vite. Non solamente questo: i boomers trascorrono sì del tempo a consultare i propri feed social, ma spendono più denaro online rispetto alle generazioni più giovani, circa 7 miliardi di dollari all’anno. Eppure, la maggior parte dei marketer riserva solo il 10% dei proprio budget ai boomer, mentre assegna il 50% ai millennial.
Esiste un’idea – sbagliata – che le persone anziane non siano interessate ad apprendere nuove tecnologie e nuove tendenze, il che spesso si traduce nel fatto che i brand (e non ci si riferisce solo alla consumer electronic) non riescono a commercializzarsi adeguatamente. Gli anziani stanno diventando più esperti di tecnologia, stanno utilizzando piattaforme online per costruire i loro brand personali e condividere i loro prodotti preferiti, cosa che li rende partner perfetti non ancora pianamente sfruttati.
E questi due mondi così distanti tra loro – gli influencer e la terza età – stanno diventando la nuova frontiera dei social. Li chiamano ‘granfluencer’, termine che alla definizione di influencer fonde il termine ‘grannies’, nonni in inglese-americano. Sono loro le nuove star di piattaforme come Instagram, dove spopolano rivolgendosi ai loro coetanei, target fino a poco tempo trascurato e che invece si è dimostrato capace, fatti alla mano, di importanti sorprese.
Quello dell’influencer è ormai diventato un mestiere vero e proprio, ma ovviamente non è per tutti: servono carisma, competenza, autorevolezza e capacità di persuasione. Il tutto da vendere al miglior brand offerente. Non è scritto da nessuna parte che sia prevista un’età massima per esercitare questa professione. Ed ecco che Hsu Hsiu-e e Chang Wan-ji, di 84 e 83 anni, due anziani titolari di una lavanderia di Taiwan, si sono fatti convincere dal nipote Reef a indossare i capi dimenticati dai clienti nel loro magazzino. Le immagini dei due ‘nonnini’ vestiti di tutto punto hanno fatto il giro del mondo, attirando l’attenzione di decine di migliaia di persone, ingolosendo qualcuno tra gli esperti di marketing che li avevano visti sui social.
Sulla scia della coppia taiwanese è letteralmente esplosa Baddiewinkle, nickname di Helen Ruth Elam, nata in Kentucky 93 anni fa e diventata celebre indossando gli abiti di sua nipote Kennedy. E poi la 66enne Lyn Slater, ex insegnante alla Fordham University di New York; la 74enne fitness influencer Joan MacDonald; o anche la 63enne ex-professoressa di liceo Lyn Slater. Senza dimenticare la madre di tutte le ‘granfluencer’: la quasi centenaria (un anno solo al traguardo) Iris Apfel, già disegnatrice di tessuti e arredatrice, volto di campagne pubblicitarie per marchi quali Coach e Citroen, dal 2019 sotto contratto con la IMG Models, una delle più celebri agenzie globali.
La nuova tendenza è qui per restare? Difficile dare risposte certe: la stessa rapidità della nascita e dell’esplosione del fenomeno deporrebbe in un favore di un fad, un episodio di grande seguito mediatico destinato però ad esaurirsi rapidamente.
Con le generazioni più anziane che si uniscono gradatamente al popolo dei social media e la popolazione che invecchia come età media, per lo meno nelle nazioni occidentali sarebbe tuttavia interesse primario di un brand lavorare con influencer di età avanzata, se anche questa fascia d’età rappresenta un loro consumatore target. Un influencer ‘over’ potrebbe risvegliare nei consumatori più anziani in senso primario di identificazione irraggiungibile da un qualunque ‘tiktoker’ quindicenne o ventenne, purché il messaggio e il linguaggio siano quelli più adatti. E i fatti dimostrano che questo non significa essere riflessivi, posati, equilibrati. Si può essere fuori di testa o eccessivi nella proprie azioni a qualsiasi età, l’essenziale è essere originali. Vale sempre il suggerimento di Bonci, maestro panificatore: “Imitatemi, non copiatemi”.
Che dire allora: Power to the Grey!