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Nuovo fronte dell’OOH o ‘semplice’ CGI con AR? Il ‘Fake Out-of-Home’ alla ricerca di un’identità chiara, tra social media e ‘illusioni ottiche’ computer-generated

publicidad exterior simulada fooh
di Massimo Bolchi

Negli ultimi tempi il concetto di ‘Fake Out of Home’ (FOOH) ha visto un’evoluzione significativa, soprattutto a partire dall’anno scorso. Le aziende hanno iniziato a utilizzare più frequentemente la CGI (Computer-Generated Imagery) per creare campagne pubblicitarie che simulano spazi pubblici reali: ne è esempio la campagna Europ Assistance e Urban Vision realizzata a Porta Romana a Milano. Questo metodo permette alle aziende di risparmiare sui costi e di aggirare le restrizioni ‘logistiche’ delle pubblicità tradizionali.

Ma non è l’unico esempio di applicazione possibile, negli ultimi mesi abbiano visto questa tecnica applicata ai ‘brand’ più diversi: dalle scarpe di Martini, realizzato da Ogilvy e AQuest in cima al grattacielo di Piazza della Repubblica, al Pride Day insieme all’Orchestra Sinfonica di Milano e TBWA, che hanno realizzato la prima bandiera arcobaleno che si può anche ascoltare e un contenuto social in stile FOOH che simula lo spiegarsi della pride flag sull’Arco della Pace. Con un mondo in continua evoluzione, è essenziale essere al passo con i tempi e comprendere le ultime tendenze, e se tutti conoscono la pubblicità esterna (OOH), appare ancora necessario formulare una definizione esatta di Fake OOH.

Teoricamente questa definizione è piuttosto agevole: si tratta di far provare a chi guarda esperienze virtuali, creando ambienti che imitano spazi pubblicitari OOH, come cartelloni stradali virtuali in ambienti di realtà aumentata (AR) o realtà virtuale (VR), e utilizzando tecniche di fotoritocco o di CGI (Computer-Generated Imagery) per inserire pubblicità in contesti che sembrano reali ma sono in realtà creati digitalmente.

L’obiettivo del Fake Out of Home è spesso quello di sfruttare l’estetica e l’impatto visivo delle campagne OOH tradizionali, ma con un maggiore controllo e flessibilità offerti dalle tecnologie digitali. Questo approccio può anche essere utilizzato per ridurre i costi rispetto alla pubblicità OOH tradizionale, o per aggirare le restrizioni legali e logistiche associate a queste forme di pubblicità. Esempi pratici potrebbero includere una campagna pubblicitaria che appare su Instagram, mostrando un influencer accanto a un cartellone pubblicitario fittizio, oppure un’app di realtà aumentata che sovrappone pubblicità virtuali sui cartelloni stradali visibili attraverso la fotocamera del telefono. Oppure ancora la pubblicità più famosa di tutte (o quasi), quella di Maybelline New York sulla metropolitana di Londra, con le ciglia finte applicate a un vagone e ‘accarezzate’ da una scovolino gigantesco.

Tuttavia, spesso commissionate dai marchi stessi (a volte senza il coinvolgimento dei loro partner OOH), o in alcuni casi create da abili artisti CGI online senza alcuna partecipazione o autorizzazione da parte di un’azienda, le FOOH minacciano di scuotere il settore in modi che gli operatori OOH considerano sia positivi sia negativi.

“Questi momenti vengono spesso utilizzati sui social media per generare un’eco nel tentativo di diventare virali, ma, a mio avviso, nulla è paragonabile all’impatto che ha la realtà”, ha detto Steve O’Connor, Ceo di JCDecaux Australia e Nuova Zelanda, parlando con una testata specializzata dell’Asia Pacifico, dando voce agli scettici. “L’OOH continua a essere uno degli unici canali in crescita costante in un mercato frammentato. Pensate invece se i soldi spesi per una iniziativa  ‘una tantum‘ valgono davvero l’investimento o se il ROI di una vera campagna OOH avrà un impatto a lungo termine sul marchio, piuttosto che un momento di gratificazione a breve termine”.

Il fatto è che una barriera più bassa equivale a una maggiore concorrenza: l’intelligenza artificiale può aiutare i piccoli marchi a limare pesantemente i costi di produzione. Basta di un’idea ‘eccellente’ che rompa le convenzioni per farsi notare e far parlare di sé. Le Fake OOH sono qualcosa con cui il settore dovrà imparare a convivere, dunque? Molti dei falsi annunci OOH virali sono stati fatti solo per le PR e i social media, un metodo rapido ed economico per testare le idee prima dell’implementazione. Ma la maggioranza risponde ai criteri di marketing tradizionali, basati sul ROI. Perché la FOOH offre infinite possibilità di creatività e sperimentazione, potendo inserire qualsiasi progettualità o messaggio nelle riprese video e cambiarlo facilmente, se l’idea iniziale non funziona. E poi, una volta superate le prescrizioni legali, è possibile utilizzare qualsiasi luogo come base per il video, che si tratti di un punto di riferimento famoso come la Torre Eiffel, di un negozio locale o di un cartellone pubblicitario.

Vista l’esplosione del FOOH negli ultimi tempi, diventa naturale chiedersi se sarà la prossima grande novità nello spazio OOH, o sarà solo un’altra novità capace di creare un trend oggi ma destinata ad essere messa da parte domani. Secondo alcuni a breve termine potrebbe esserci un leggero aumento dell’utilizzo del FOOH, ma per altri sarà il tempo a dire come questo influirà sui brand e se farà parte delle loro strategie a lungo termine.

I più radicali tra gli operatori sostengono che l’FOOH si basi semplicemente sull’ampiezza delle opportunità creative degli asset OOH reali e sull’enorme pubblico che essi raggiungono e influenzano quotidianamente, ma che le due cose non potrebbero essere più diverse. L’FOOH, in altri termini, dovrebbe essere riclassificato come una forma di realtà (aumentata) adattata per i media online, dimenticandosi del tutto dell’OOH.