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Negli USA il retail media corre fortissimo e continua a crescere, ma guardando avanti si profilano le prime criticità per l’ingresso nel mercato di troppi operatori ‘off-site’

retail media
di Massimo Bolchi

Non si può parlare di Retail Media senza guardare agli USA, un mercato che si stima varrà ben più di 50 miliardi di dollari quest’anno, e che vede Amazon in prima posizione per investimenti raccolti. Certamente non potrà bissare i risultati del 2023, quando ha staccato il secondo in classifica – Walmart, non propriamente un piccolo store – di un fattore moltiplicatore pari a 10, conquistando il 75,2 dello spending complessivo, ma la sua prima posizione per il momento non appare in discussione. Walmart, comunque, forte di una percentuale di famiglie americani acquirenti dei oltre il 90% e dei suoi strumenti per la raccolta dei dati e delle consumer information, quali Walmart Luminate, la suite completa di prodotti per l’analisi dei dati che è stata espansa al di fuori degli USA, non ha intenzione di continuare a fare il cavalier servente del comparto ancora lungo.

Non bisogna dimenticarsi che Walmart è una di quelle aziende-laboratorio che, grazie alle capacità di investimento e a un’organizzazione capillare e ordinata della rete di vendita, negli ultimi quindici anni hanno segnato una sostanziale innovazione dei metodi di tracciamento delle vendite offline, crescendo al contempo in maniera esponenziale nell’eCommerce. Nel primo trimestre di quest’anno ha raggiunto gli 11 miliardi di impression servite, un quantità che non ha paragoni tra gli altri retailer bric&mortar, e che il comparto del retail media si è caratterizzato per la velocità di espansione, doppia rispetto a un altro fenomeno del web come i social media. In Italia, ovviamente, siamo ancora molto indietro, ma non è possibile ignorare quello che sta accadendo dall’altra parte dell’Atlantico, dove si attende che il retail media possa raggiungere in cinque anni cifre superiori ai 130 miliardi di dollari.

Ma ancora più interessante, anche se un poco rischioso perché equivale quasi a un gioco d’azzardo, tentare di decrittare quali saranno i trend che accompagneranno e alimenteranno questa crescita.

Tre tendenze emergenti nel breve periodo

Una è quella che il search continuerà ad attrarre gli inserzionisti. Non è difficile capire il perché: si trova in un ambiente popolato da molti utenti ad alta intensità di spesa e con superbe capacità di targeting, è estremamente vicino a una potenziale transazione e dispone di una misurazione affidabile che attira naturalmente molti investimenti pubblicitari. Il search sui retail media è una pubblicità che appare su siti web o app che si occupano principalmente di commercio elettronico al dettaglio e che viene acquistata attraverso il media network o la piattaforma demand-side (DSP) di un exchanger, quindi si presta moltissimo alle forme di marketing automation come il programmatic buying. La spesa pubblicitaria per la ricerca sui retail media raggiungerà negli Stati Uniti quest’anno il valore di 33,86 miliardi di dollari, secondo le previsioni di eMarketer: in altre parole si tratta del 60% di questo speso in totale sui retail media quest’anno. Ma non basta: man mano che il search tradizionale matura e viene implementate applicazione dell’intelligenza artificiale generativa da nuovi operatori quali Perplexity e Arc Search (per non parlare di Google Gemini), il search sui retail media continuerà ad accaparrarsi nuove quote di mercato.

L’altro punto è che i canali off-site incrementeranno l’inventario dei media retail: la crescita della spesa pubblicitaria off-site è dovuta all’ingresso di molti attori diversi, che hanno trovato nuovi modi per ampliare le possibilità di investire, insieme alle piattaforme di social media che hanno facilitato le estensioni off-site. Quest’anno, la spesa pubblicitaria dei media off-site negli Stati Uniti crescerà del 61,5% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 10,64 miliardi di dollari, secondo eMarketer, e il retail off-site rappresenterà una quota crescente della spesa pubblicitaria totale dei media retail fino al 2028. Il principale motore della crescita dei media retail off-site è la TV connessa (CTV), che, come il search, è in grado di guadagnare rapidamente quote di mercato e di alimentare lo sviluppo della pubblicità su questo mezzo. Quest’anno gli inserzionisti spenderanno 4,19 miliardi di dollari in pubblicità sui media retail della CTV, e crescita sarà di almeno il 25% su base annua fino al 2028. Da questo punto di vista, Amazon avrà la possibilità di fare valere il proprio canale CTV Prime Video, mentre Walmart si è affrettata già da qualche anno a offrire, oltre la propria streaming tv Vudu, la partnership con Paramount+ per non rimanere troppo indietro.

Infine i commerce media, quelli che non si dedicano alle vendita al dettaglio o che non fanno parte di RMN (Retail Media Network), beneficiano anche loro della crescita dei retail media: le aziende del settore dell’e-commerce (come Chase e PayPal, per rimanere negli USA) e anche quelle esterne (tra cui Planet Fitness e Uber) hanno visto l’ascesa vertiginosa del retail media e cercano di prendervi parte. Queste aziende hanno compreso come monetizzare i loro dati di prima parte, alimentando in tal modo la competizione con le RMN: il 58% dei brand e il 51% delle agenzie di tutto il mondo sono interessati a offerte di commerce media da verticali al di fuori del mondo retail, secondo i dati di Criteo del dicembre 2023.

La spesa pubblicitaria sui network di media finanziari, un sottoinsieme dei commerce media, per citare un caso, raggiungerà i 35 milioni di dollari negli Stati Uniti quest’anno e più che quadruplicherà entro il 2026. Con l’ingresso nel mercato di un maggior numero di media commerciali, le reti di retail media dovranno dimostrare il loro valore concreto e convincere gli inserzionisti a continuare a investire su di loro: un compito tutt’altro che agevole, tranne per i maggiori competitori che non si fanno certo spaventare dall’affollamento crescente del mercato.