di Massimo Bolchi
L’annuncio di Mark Zuckerberg che Meta abbandonerà il fact-checking per un sistema basato sulle ‘Community Notes’ fa discutere, ed è stato subito visto come l’ennesima conferma del fatto che anche i tech giant, in grande maggioranza schierati, prima delle elezioni, con dichiarazioni e finanziamenti, a favore di Kamala Harris, sono andati, una volta conosciuti i risultati, a ‘baciare la pantofola’ di Donald Trump. Quindi questa mossa non sarebbe altro che l’allineamento ai voleri del presidente eletto: gli esempi non mancano – l’ultimo in ordine di tempo le dimissioni di un vignettista dal Washington Post, per la mancata pubblicazioni di un suo disegno – ma la situazione potrebbe essere ben più complessa di così.
“When we launched our independent fact checking program in 2016, we were very clear that we didn’t want to be the arbiters of truth”, ha scritto infatti sul blogpost aziendale illustrando la notizia Joel Kaplan, Chief Global Affairs Officer, che ha sostituito pochi giorni fa l’inglese Nick Clegg nel ruolo. Kaplan ha spiegato che l’obiettivo del programma era quello di far sì che esperti indipendenti fornissero alle persone maggiori informazioni sulle informazioni che vedono online, in particolare sulle bufale virali, in modo che potessero giudicare da soli in modo più informato.
Rischi di ‘bias’ per gli esperti controllori
“Le cose non sono andate così, soprattutto negli Stati Uniti”, prosegue il post. “Gli esperti, come tutti, hanno i loro pregiudizi e le loro prospettive, e questo si nota soprattutto nella scelta di che cosa commentare e come”.
Il Fact Checking dei contenuti viene quindi sostituito da un altro sistema, le Community Notes, inizialmente negli USA, ma a tendere in tutto il mondo: questo programma è già stato adottato su X, dove la comunità è in grado di decidere quando i post sono potenzialmente fuorvianti e necessitano di una spiegazione più ampia per essere compresi, e le persone, provenienti da una gamma di prospettive culturali diverse, danno vita a un contesto utile per gli altri utenti.
La mossa ha suscitato le prevedibili reazioni in Europa, anche se Meta ha specificato che non intende fare nulla nel nostro continente per il momento, almeno fino a quando non avrà esaminato tutte le norme della UE al riguardo.
“La mossa arriva mentre Meta, come altri giganti della tecnologia, tentano di avvicinarsi all’amministrazione del presidente eletto Donald Trump”, ha scritto Politico.Eu, sottolineando che la decisione di eliminare il Fact Checking arriva a meno di due settimane dall’insediamento della nuova amministrazione, che vedrà anche Musk (il proprietario di X) assumere il ruolo di DOGE, cioè di supervisore dell’efficienza del Governo.
Tutto fila dunque, ma vi sono anche voci discordanti da questa narrazione diffusa ‘post hoc, ergo procter hoc’, la cui fallacia è peraltro ben nota. Come quella di Walter Quattrociocchi, Direttore del Centro di Data Science and Complexity for Society (CDCS) della Sapienza Università di Roma, che sostiene senza mezzi termini che “il fact-checking non funziona. E non funziona da anni”.
Il problema è il modello di business dei social
“Si parla di fake news come se fossero il problema principale, ignorando completamente che è il modello di business delle piattaforme a creare le condizioni per cui la disinformazione prospera”, scrive Quattrociocchi in una nota. “Le piattaforme social non sono progettate per essere strumenti di informazione, ma macchine per l’intrattenimento. Premiano ciò che cattura l’attenzione, che emoziona, che divide, perché è questo che genera engagement”.
Che cosa fare allora se il fact checking non ha mai funzionato? “L’unico antidoto possibile è rendere gli utenti consapevoli di ‘come’ interagiamo sui social. Non c’è altra strada. Una riflessione collettiva sul nostro comportamento online è la chiave per affrontare il problema alla radice”.
“Perché si sono ignorate le evidenze scientifiche? Quanti soldi sono stati gettati in iniziative che si sapeva fin dall’inizio essere prive di senso?”, conclude Quattrociocchi. “Sarebbe interessante capire quale sia il motivo dietro le azioni di tutti questi anni”.