di Monica Gianotti
La Commissione Europea ha inviato a X il suo parere preliminare secondo il quale la società violerebbe il Digital Services Act (DSA) in aree legate ai dark pattern, alla trasparenza della pubblicità e all’accesso ai dati per i ricercatori. Sotto la lente anche il sistema di spunte blu a pagamento.
Sulla base di un’indagine approfondita che ha incluso, tra l’altro, l’analisi di documenti interni dell’azienda, interviste con esperti e la collaborazione con i Digital Services Coordinators, la Commissione ha emesso risultati preliminari di non conformità su tre contestazioni precise.
In primo luogo, X progetta e gestisce la sua interfaccia per gli ‘account verificati’ con la ‘spunta blu’ in un modo che non corrisponde alla prassi del settore e inganna gli utenti. Poiché chiunque può iscriversi per ottenere tale status di ‘verificato’, ciò influisce negativamente sulla capacità degli utenti di prendere decisioni libere e informate sull’autenticità degli account e dei contenuti con cui interagiscono. È provato che soggetti malintenzionati abusano dell’account verificato per ingannare gli utenti.
In secondo luogo, X non rispetta la trasparenza richiesta in materia di pubblicità, in quanto non fornisce un archivio di pubblicità consultabile e affidabile, ma pone in essere caratteristiche di progettazione e barriere di accesso che rendono l’archivio inadatto al suo scopo di trasparenza nei confronti degli utenti. In particolare, la struttura non consente la necessaria supervisione e ricerca dei rischi emergenti derivanti dalla distribuzione della pubblicità online.
In terzo luogo, X non fornisce l’accesso ai suoi dati pubblici ai ricercatori in linea con le condizioni stabilite nella DSA. In particolare, X vieta ai ricercatori idonei di accedere in modo indipendente ai suoi dati pubblici, ad esempio tramite scraping, come indicato nei suoi termini di servizio. Inoltre, la procedura di X per concedere ai ricercatori idonei l’accesso alla sua interfaccia di programmazione delle applicazioni (API) sembra dissuadere i ricercatori dal portare avanti i loro progetti di ricerca o non lasciare loro altra scelta che pagare tariffe sproporzionatamente elevate.
La reazione di Elon Musk
In una serie di post su X, il miliardario proprietario della piattaforma ha minacciato azioni legali “affinché i cittadini europei possano conoscere la verità”. Elon Musk ha attaccato la Commissione europea, sostenendo che ha cercato di fare un “accordo segreto illegale” con X per quanto riguarda la conformità alle nuove norme UE per prevenire la disinformazione online. “Se avessimo censurato tranquillamente il discorso senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato”. E ancora: “Le altre piattaforme hanno accettato l’accordo. X non l’ha fatto”.
Le prossime mosse
X ha ora la possibilità di esercitare i propri diritti di difesa esaminando i documenti del fascicolo d’indagine della Commissione e rispondendo per iscritto alle conclusioni preliminari della Commissione. Parallelamente, verrà consultato il Comitato europeo per i servizi digitali.
Se le opinioni preliminari della Commissione dovessero essere confermate in ultima analisi, la Commissione adotterebbe una decisione di non conformità – in cui si constata che X viola gli articoli 25, 39 e 40(12) del DSA. Tale decisione potrebbe comportare ammende fino al 6% del fatturato totale annuo globale e oltre all’adozione di misure per porre rimedio alla violazione. Una decisione di non conformità può anche far scattare un periodo di supervisione rafforzata per garantire il rispetto delle misure che l’azienda intende adottare per porre rimedio alla violazione. La Commissione può anche imporre penalità periodiche per costringere una piattaforma a conformarsi.