di Massimo Bolchi
Si è tenuto a Milano, presso la sede di Bovisa del Politecnico, il convegno finale della Seconda Edizione del Metaverse Marketing Lab – POLIMI School of Management. Si è tracciato un bilancio delle evoluzioni che hanno caratterizzato il 2024, con scenari e tecnologie in convergenza e molteplici use case di successo, mentre speaker di rilievo hanno portato contenuti d’avanguardia e di stimolo.
Soprattutto le use case, che hanno occupato gran parte dell’appuntamento, hanno fornito un’idea concreta, anche se in buona parte poco più che sperimentale, delle crescenti attività del comparto.
“Con il metaverso abbiamo osservato un ciclo ‘annuncio-hype-declino-morte’ che è stato quasi patognomonico di quello che accade in questi casi, quando alla grandissima attenzione iniziale non corrispondono risultati concreti all’altezza”, ha sintetizzato aprendo il convegno il professor Lucio Lamberti, dominus dell’evento. “All’hype iniziale, sostenuto da Mark Zukerberg con il rebranding di Facebook, ha fatto seguito il lancio del Vision Pro di Apple, che non è stato in grado di garantire i risultati promessi (per via soprattutto del prezzo e della scarsità di applicazioni) e quindi è arrivata l’AI, a suonare il de profundis all’evoluzione del metaverso. Questo sembra, ma è tutt’altro che così, anzi: l’AI automatizzando la produzione di codice, di fatto rende più agevole la produzione degli ambienti in cui il metaverso e i suoi protagonisti vivono, e apre la porta a un’infinità di applicazioni specializzate”.
Le iniziative di AR e XR crescono a vista d’occhio
A livello globale, infatti, le iniziative nel metaverso sono in fase di continua espansione, e hanno superato le 1.600 tra quelle ‘total owned’ e quelle invece integrate. Certo è che il gaming ha già raggiunto una netta predominanza, con il consolidamento di Roblox e Fortnite, che pesano circa il 75% del totale, a danno delle piattaforme decentralizzare, come Decentraland e Sandbox. Da rilevare anche a progressiva specializzazione delle applicazioni di XR, con la suddivisione tra piattaforme centralizzate utilizzare per il marketing ‘tradizionale’ – eventi, cobranding, attivazioni – e le piattaforma private usate per altri impatti di business (quali la configurazione di prodotto) e la formazione e l’HR.
“All’orizzonte c’è una discontinuità tecnologica”, ha ribadito Lamberti. “Dei 120 miliardi che si investiranno nel metaverso, i due terzi saranno spesi nel B2B. Come è quasi sempre accaduto: le soluzioni sono state sperimentate in questi mercati più regolamentati prima di essere lanciate in quelli consumer. A questo proposito merita di essere sottolineata l’influenza ambivalente della AI, che da una lato accelera lo sviluppo dei nuovi prodotti, ma dall’altro frena il lancio dei nuovi device”.
Anche guardando alle tipologie di industry attive, si una nota un netto sbilanciamento tra le prime quattro – che valgono quasi il 52% delle attività programmate (Entertainment e media, Fashion, Food/drink, Cosmetica) – e tutte le altre. Una differenza che si riscontra anche sul territorio nazionale, con 50 brand su un totale globale di 997, di cui ben il 40% sono Moda e beni di lusso.
“Per essere morto, il metaverso si sta stando da fare parecchio”, ha concluso Lamberti. E le case history presentate al convegno – da Dolce & Gabbana a Edison, a Sebino Fire and Security, a Iper La Grande I, a Plenitude – sebbene abbiano prorogato non si poco l’orario di chiusura, stanno lì a dimostrarlo.