IAB Forum si è aperto stamattina, il 16 novembre, con una Plenaria dedicata ai temi della ripartenza e al ruolo del digitale nella trasformazione del paese: tra gli ospiti il professor Gianni Canova, l’astrofisica Rita Sambruna, il ministro Maria Cristina Messa, protagonista della conversazione con Ferruccio De Bortoli, ma soprattutto Luciano Floridi, Professor of Philosophy and Ethics of Information all’Oxford University e Professore di Sociologia della Cultura e Comunicazione all’Università di Bologna, una presenza verrebbe da dire ‘consuetudinaria’, per questo evento: la sua prima partecipazione risale infatti al 2018, come ha ricordato il Presidente di IAB Italia, Carlo Noseda introducendolo sul palco.
Un intervento ficcante nei contenuti ma pacato nell’esposizione, quello del Professore, che ha preso il via da una riflessione tutto sommato comunemente accettata, quella sull’esistenza di un ‘capitale semantico’, eroso ormai quotidianamente dalle fake news, che comunque prevale sul ‘capitale sociale’, quello che dovrebbe assumere il senso e il significato dell’esistenza di tutti.
Ma è rapido il passaggio ai contenuti etici, che vanno ben oltre il semplice ‘rispettare la legge’: Floridi ha introdotto una distinzione tra un’etica ‘hard’, che sostanzialmente consiste nel fare solo ciò che prescrivono le norme, e un’etica ‘soft’ che consiste nel non fermarsi al rispetto formale della legge, ma fare di più, facendosi guidare dai principi in quel territorio ‘grigio’ e non regolato da norme precise, dove non dovrebbe bastare l’essere ‘compliant’ dal punto di vista legale.
“In Europa siamo messi bene”, ha spiegato Floridi, “ciò nonostante non mancano aree, a partire dal GDPR, dove le norme sono ambigue: qui la bussole dell’etica dovrebbe guidare sempre ogni uomo. Pensiamo a quello che è accaduto in Italia nel 1938, quando le legge stabiliva che un professore ebreo non potesse insegnare: dove ci avrebbe condotto l’applicazione di un ‘etica ‘hard’?”.
Quanto invece alla infodemia che affligge le civiltà occidentali, il Professore ha usato un neologismo per indicare quello che sta succedendo: ‘inforg’, cioè esseri viventi intesi come entità composte di informazione, a somiglianza dei cyborg che imperversano nei film fantascientifici. “Nel 21° Secolo questi inforg prosperano sul flusso di informazioni che ci circondano“, ha sottolineato, “ma non sono altro da noi, siamo noi stessi a dar loro vita, a impersonarne la azioni, in un continuo gioco di azioni e reazioni che vivono all’interno dell’infosfera”.
“È come il concetto di cyberspazio, che implica che esista un altro spazio che non è toccato dal mondo digitale, come se esistessero due mondi paralleli. Ma così non è più, e probabilmente non è mai stato. Oggi l’esistenza di tutti è onlife“, ha ripetuto Floridi con il suo concetto ben noto. “Qualsiasi attività è costantemente in transizione dall’universo fisico a quello digitale, e viceversa: questa è la ‘quarta rivoluzione’, quella che pone l’uomo al centro della sfera dell’informazione costante”.
“Come l’acqua dove vivono le mangrovie”, ha concluso, “non è dolce, non è salata: è salmastra, giusto sul confine tra i due stati che la definiscono. Così è per noi, che viviamo allo stesso tempo il digitale e il fisico, in un contesto dove le differenza tra le due definizioni sono sempre meno apprezzabili”.
Verrebbe da aggiungere, facendo il verso a Zuckerberg, che il Metaverso è già qui, ed è ben diverso da quel mondo popolato da simil-Pokemon Go che ci immaginiamo esistere in un futuro più o meno prossimo.