Sebbene TV indirizzabile, avanzata e convergente possano sembrare sinonimi, si tratta di concetti ben distinti: in particolare, la ‘TV avanzata’ è di fatto un termine generale, mentre la TV indirizzabile e la TV convergente sono applicazioni tecniche ben specifiche.
La ‘TV avanzata‘, infatti, si riferisce a tutto ciò che non è la TV tradizionale, trasmessa via etere. Rappresenta “il superamento delle statistiche utilizzate per distribuire, indirizzare e misurare in modo più preciso” i contenuti televisivi tra le famiglie e i vari dispositivi, come ha dichiarato Jes Santoro, SVP di Advanced TV e video di Cadent, società USA di pianificazione hi-tech. In altre parole, la ‘TV avanzata’ riflette il più ampio passaggio dalla televisione tradizionale alla distribuzione di contenuti multipiattaforma e all’utilizzo dei dati per strutturare le campagne.
I diversi ‘gusti’ della TV non tradizionale comprendono tutti i vari termini del settore utilizzati per parlare del cambiamento delle abitudini di consumo della TV, tra cui addressable TV, convergent TV, data-driven linear e OTT. È pertanto importante comprenderne le sfumature.
Che cos’è la TV indirizzabile (o addressable TV)?
L’indirizzabilità è la distribuzione deterministica di annunci pubblicitari uno-a-uno, in contrapposizione alla distribuzione uno-a-molti per cui è nota la TV tradizionale. La televisione broadcast è unicast, cioè tutti i contenuti provengono da un’emittente centrale e ogni famiglia vede la stessa cosa; la TV indirizzabile, invece, utilizza le audience platform – legate a un indirizzo IP e/o a un set-top box – per raggiungere ogni dispositivo a livello individuale. Ciò significa che ogni famiglia è potenzialmente raggiungibile con un annuncio personalizzato diverso.
Ma mentre solo una parte della TV lineare è indirizzabile, i contenuti OTT e digitali sono indirizzabili per natura, perché sono tutti serviti in base all’indirizzo IP dello spettatore. Ma con il termine ‘lineare indirizzabile’ (addressable linear TV o DDL) si riferisce specificamente all’uso dei dati per il targeting one-to-one anche sui canali lineari.
Che cosa sono la DDL e il suo quasi sinonimo, l’addressable linear TV?
Il modo migliore per pensare al data drive linear TV è vederlo come una versione meno sofisticata della TV indirizzabile: la televisione lineare tradizionale, storicamente, si è sempre basata sui dati del panel Nielsen o dell’Auditel per rilevare gli ascolti televisivi, e il DDL è solo un passo avanti. Invece di basarsi su un piccolo campione di dati, il DDL utilizza panel personalizzati costruiti con più set di dati di prima e terza parte che aiutano gli inserzionisti a identificare meglio gli spot lineari che hanno un’alta indicizzazione rispetto al loro pubblico di riferimento. In altri termini, sebbene il DDL sia ancora una metodologia basata sui panel, utilizza molti più dati ricavati sull’utente rispetto alla TV tradizionale.
Ma essendo sempre un approccio probabilistico, il DDL porta inevitabilmente a qualche spreco, in quanto non si può creare una vera efficienza senza ‘eminare’ dall’audience le persone con cui non si vuole parlare. Rispetto ad advanced TV e addressable Tv, il termine ‘data-driven linear’ non solo non è sexy, ma potrebbe anche essere un po’ ridondante.
D’altra parte, il settore sta ancora discutendo se il DDL possa o meno essere considerato davvero ‘advenced‘. Le opinioni sembrano variare in base alla rilevanza che la pratica ha per chi la utilizza. Gli operatori nativi digitali tendono a guardare dall’alto in basso il DDL, “mentre quando le aziende linear-first parlano di ‘TV avanzata’, probabilmente si riferiscono proprio al DDL”, ha spiegato Santoro. In sintesi, il DDL rientra nella TV avanzata perché utilizza più dati per costruire le audience, ma non è indirizzabile one-to-one.
TV convergente
Infine, ma non per questo meno importante, la converged TV si riferisce al meglio dei due mondi: la capacità di effettuare acquisti di media su tutti gli schermi, i canali e le piattaforme, che siano lineari o streamed.
“La TV convergente è esattamente ciò che dice di essere: la convergenza di tutte le forme di TV, comprese quelle lineari, le TV connesse e i dispositivi OTT, come i telefoni o i tablet, che possono fornire contenuti televisivi attraverso le applicazioni o il web”, ha conlcuso Santoro. “In un mondo completamente convergente, avremmo a disposizione i sistemi e le infrastrutture per pianificare e operare su tutti gli schermi, con termini e flussi di lavoro coerenti”.
Sebbene non viviamo ancora in un mondo televisivo completamente convergente, sposare il meglio della tecnologia e della metodologia lineare e digitale aiuterebbe davvero a gestire le lamentele più comuni degli spettatori, che vedono appunto l’ eccessiva frequenza al vertice della lista delle lamentele. Perché oggi, alla fine, lineare e OTT sono come due isole: puoi arrivare a vedere l’una dall’altra, Netflix da Sky, per esempio, ma sono ancora disconnesse nelle cose fondamentali.
Questo aspetto soprattutto deve essere affrontato, meglio prima che poi: gli spettatori non vogliono vedere lo stesso annuncio pianificato per 20 volte, sui vari canali indipendenti che guardano, ma sempre sullo stesso televisore. E gli inserzionisti non vogliono offrire una esperienza negativa, eppure questo continua a succedere. Come mai? Perché la converged TV è ancora un work in progress. Per dirla più semplicemente, in questo momento [ancora] non si è in grado di contare e soprattutto identificare gli spettatori. Ma presto, sperabilmente, le cose saranno destinate a cambiare.