Il 62% delle Industrie di Marca (IdM) alimentari e non food associate a Centromarca ha scelto di collaborare con i micro-influencer per la valorizzazione di brand e prodotti sui canali digitali, in grado di raggiungere attraverso i post brandizzati livelli medi di interazione con i potenziali consumatori superiori del 20% rispetto al totale dei contenuti da loro pubblicati.
I nano-influencer pesano per il 45% e superano le celebrity, attestate al 37%. Il 40% delle aziende ha ingaggiato creator, dando priorità allo sviluppo di contenuti creativi per intrattenere, informare e ispirare i pubblici.
A dirlo sono le evidenze delle indagini svolte per Centromarca da Almed – Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Sensemakers e Comscore, società attive nello studio di comportamenti e profili delle audience digitali. Un lavoro di analisi, sviluppato nel corso di 12 mesi e concluso a giugno 2023, su un campione di 100 manager (direttori di funzione e professionisti in ambito comunicazione) attivi nelle IdM associate e un database di oltre 16mila post, per studiare le attività di branded content delle aziende realizzate in collaborazione con influencer, creator, editori e team sportivi.
L’analisi delle performance delle paid partnership ha attestato l’effetto moltiplicatore dell’engagement dei pubblici. Nel complesso i post brandizzati dalle imprese di marca del largo consumo su Facebook e Instagram hanno prodotto, grazie a influencer, editori e mondo sportivo, un volume di interazioni 24 volte maggiore rispetto a quanto generato da profili social aziendali. La distribuzione dei contenuti sponsorizzati delle IdM su Facebook e Instagram si sviluppa per il 63% sui profili di editori, il 15% di squadre sportive e per il restante 22% di influencer. Ma se si osserva il livello di interazione, si ha un’inversione nei rapporti di forza: il mondo dello sport genera quasi metà (45%) delle interazioni complessive e la restante parte è quasi equamente distribuita tra editori (28%) e influencer (27%).
“L’influencer marketing è una strategia di comunicazione in crescita per le Industrie di Marca», sottolinea nella nota Vittorio Cino, Direttore Generale di Centromarca. “Questa tendenza rispecchia il quadro di ascesa e di professionalizzazione del settore in Italia e manifesta l’attenzione dei brand per modalità di relazione con i consumatori più qualitative, profilate e creative. Il 75% del campione afferma di aver sviluppato progetti nell’anno indagato, con risultati da non sottovalutare. Il livello medio delle interazioni di ogni post, realizzato da influencer sui profili Facebook e Instagram aziendali, è infatti 1,6 volte maggiore rispetto alla media del mercato italiano”.
La pianificazione delle attività si concentra su un numero contenuto di campagne, al massimo tre nel 52% dei casi. Anche se sono presenti nicchie ad alto investimento: circa il 17% delle aziende medie e grandi ha realizzato più di 10 progetti. Per il 54% dei manager le campagne rientrano in piani di comunicazione più ampi e perseguono principalmente obiettivi di awareness, reputation ed engagement. Appaiono ancora minoritarie la conversione alla vendita e la fidelizzazione dei consumatori.
Il contributo degli influencer alla produzione delle campagne, secondo le evidenze raccolte da Nicoletta Vittadini, Direttrice del master Digital communications specialist dell’Università Cattolica, “è legato allo sviluppo di contenuti originali e di cross-fertilization dei target, orientata alla contaminazione dei pubblici per ampliare e diversificare le community. La collaborazione con gli influencer entra nelle pagine social delle imprese per incrementare la visibilità e l’unicità dei contenuti: il 61% dei manager dichiara di realizzare soggetti di co- branding e il 44% sceglie collaborazioni finalizzate alla produzione di contenuti creativi per i propri profili. Le sponsorizzazioni restano una tipologia di campagna particolarmente utilizzata e presente nel 63% dei casi”.
Instagram rientra nella pianificazione di progetti di influencer marketing per l’intero campione. Tenendo conto del solo universo Meta, il peso delle interazioni realizzate dagli influencer è pari all’89% su Instagram, contro l’11% su Facebook. L’opportunità di conservare il contatto con fanbase consolidate e fasce di pubblico più anziane rende Facebook uno strumento da non trascurare nella pianificazione delle campagne. Il social è infatti utilizzato dal 70% degli intervistati. TikTok viene incluso nei piani di influencer marketing già dal 31% delle IdM, alla luce della forte ascesa degli ultimi anni in termini di audience, e supera YouTube, scelto nel 28% dei casi.
Solo il 29% delle industrie dichiara di rivolgere i contenuti alla fascia d’età 18-25. È dunque presumibile che le aziende, nel breve termine, intensificheranno le progettualità rivolte a un pubblico più giovane, sperimentando contenuti, piattaforme e linguaggi. I target 25-35 (64%) e 35-45 (54%) sono l’audience a cui più spesso si indirizzano le campagne. Emerge un’attenzione più contenuta per il range 45-55 (21%), mentre gli over 55 non sono segnalati tra i destinatari dei progetti, anche se in Italia è in crescita l’interesse di questi ultimi per gli influencer, soprattutto se caratterizzati da un’expertise tematica.
La scelta degli influencer (43%) e la misurazione dei risultati delle campagne (54%) sono i principali elementi di complessità riscontrati dai manager.
“Sono segnali da considerare”, rileva Domenico Susca, Senior Consultant di Sensemakers. “La profilazione comportamentale delle audience, fondata sulle effettive interazioni e sentiment generati dai contenuti social, può essere uno strumento utile alle imprese per identificare potenziali partner in linea con i valori della marca e gli obiettivi della campagna, arricchendo così le metriche classiche (conteggio di follower, interazione cross-piattaforma e sulle singole piattaforme). La verifica strutturata di performance e obiettivi raggiunti può, inoltre, essere supportata da un’analisi complessiva dell’impatto delle campagne, che certifichi i risultati in termini di engagement, awareness, consideration, preference, purchase intent e i relativi effetti sul consumatore finale”.