Interactive

Lavoro da casa: se gestito male non è smart working. E crea rigetto

Rigetto, frustrazione e rifiuto del lavoro da remoto imposto in modo prolungato. Nella seconda settimana di misure straordinarie per l’emergenza Coronavirus, misure che hanno cambiato la vita lavorativa di molti, emergono i primi segnali che il lavoro forzato da casa sta mettendo alla prova le aziende e i dipendenti. E, invece che smart working, cioè lavoro intelligente ed efficace, rischia di trasformarsi in un’esperienza negativa.

A rilevarlo è Methodos, società di consulenza società di consulenza specializzata nell’accompagnare le imprese nei processi di change management: “Obbligare tutti a lavorare da casa improvvisamente non è smart working”, osserva nella nota il CEO Alessio Vaccarezza. “L’esperienza nelle attuali circostanze eccezionali dimostra, ed è un bene, che si può lavorare da casa senza troppe difficoltà con alcune accortezze e attenzioni. Tuttavia, superato lo shock iniziale, il lavoro forzato a distanza palesa diversi svantaggi e c’è il rischio che un’analisi superficiale porti a credere che lo smart working crei problemi. Non è così”.

Perché il fenomeno in atto non è smart working: mancano le caratteristiche tipiche di questa forma di lavoro, cioè libertà di scegliere di lavorare nelle modalità, tempi e posti più funzionali al raggiungimento degli obiettivi. Se ci si trova di punto in bianco proiettati in una dinamica di lavoro a distanza, non è detto che la situazione sia tanto ‘smart’: processi non definiti, tecnologie non note o che fanno le bizze, poca dimestichezza con gli strumenti. Inoltre il ‘vero’ smart working non è mai 7 giorni su 7, e nemmeno è la forma di prestazione di lavoro prevalente.

Ma questo non significa che sia tutto da buttare, anzi. In questi giorni abbiamo scoperto che il salto non è impossibile: questa esperienza improvvisata può farci intravedere un’opportunità da cogliere nella sua natura più completa attraverso un percorso strutturato e non improvvisato.

Attenzione però a ricreare le relazioni sociali, attivando le webcam e preferendo le videochiamate alle semplici chat o telefonate. Vedere i colleghi infatti stimola il confronto e permette di generare l’effetto ‘ricreazione’ seppur davanti a uno schermo.

Fondamentale poi separare vita personale e vita professionale, concentrandosi negli orari appropriati e poi staccare completamente nelle pause e nei pranzi in famiglia, con telefono e computer spento. E infine fare attenzione al benessere fisico: nelle pause la cosa migliore è fare una passeggiata, o concedersi dei break fisici almeno due volte al giorno, per riattivare i muscoli e riposare la vista.

Le aziende dal canto loro dovrebbero prepararsi a gestire il dopo-emergenze, traendo le corrette lezioni per implementare progetti di smartworking strutturati per la normalità e non solo per le situazioni eccezionali, per valutare il modello di gestione manageriale e fare una valutazione anche a livello di stakeholder.