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La spesa pubblicitaria globale nei media ‘tradizionali’ diminuirà del 7,7% nel 2023, scendendo a 47,2 miliardi di dollari. L’attività pubblicitaria su Amazon vale ora più del mercato globale del print adv

L’industria dei media è entrata  decisamente in una fase di cambiamento. L’essenza stessa di un media owner, ciò che lo costituisce, viene messa in discussione in misura crescente dalle trasformazioni strutturali del mercato pubblicitario globale, che quest’anno vale 993 miliardi di dollari.

È sempre più difficile, in particolare, per gli editori che creano contenuti rimanere competitivi nei confronti di canali a performance ricchi di dati come i retail media, e sostenere le attività editoriali con i soli ricavi da display online, secondo l’ultimo rapporto Global Ad Trends di WARC: ‘Media models in flux’.

Amazon, ad esempio, ha ricavato 37,7 miliardi di dollari dai servizi pubblicitari nel 2022, quasi l’esatto valore della stampa a livello globale lo scorso anno. Secondo i dati di WARC Media, nel 2023 l’intero mercato pubblicitario globale dell’editoria varrà 47,2 miliardi di dollari, con un calo del 7,7% rispetto all’anno precedente.

Tuttavia, nonostante tutto, la pubblicità rimane una fonte di ricavi attraente e ad alto margine, il che significa che i media owner stanno evolvendo i loro modelli operativi per tentare di sopravvivere.

L’autore del report, Alex Brownsell, Head of Content di WARC Media, ha affermato infatti: “Per le testate giornalistiche e le riviste, i modesti aumenti delle entrate pubblicitarie digitali non sono stati sufficienti a compensare le perdite di entrate pubblicitarie globali. Il fatturato pubblicitario globale della stampa editoriale si è dimezzato negli ultimi sei anni, passando da 75,9 miliardi di dollari nel 2016 a 37,3 miliardi di dollari nel 2022“.

“Mentre Meta sta lanciando un servizio di verifica a pagamento che riduce la sua dipendenza dalle entrate pubblicitarie, i media owner non hanno rinunciato al mercato pubblicitario“, ha aggiunto. “Netflix e Spotify sono solo due delle piattaforme che vedono nella pubblicità ad alto margine un mezzo per raggiungere la redditività e per reagire al calo degli abbonamenti, dato che i consumatori stanno affrontando la pressione dell’aumento costo della vita”.

In un mercato pubblicitario digitale programmatico e basato sui dati, per gli editori che creano contenuti è sempre più difficile rimanere competitivi. La spesa globale per video, audio, editoria e OOH è rimasta pressoché invariata. WARC Media prevede che nel 2023 gli investimenti totali saranno superiori dell’1,6% rispetto al 2016. Ma più di 4 dollari su 10 spesi in pubblicità in qualsiasi formato a livello globale vanno ora ad Alphabet, Amazon o Meta.

Eppure alcuni editori stanno prosperando nel mercato attuale. Il New York Times, spesso citato come modello per un’attività di contenuti sostenibile e scalabile, dà la priorità alle vendite di ‘bundle’ tra i prodotti, e la pubblicità – secondo il concetto del quotidiano newyorkese – deve rientrare in una visione più ampia dell’esperienza dell’utente. Pubblicazioni di nicchia come Axios, con sede a Washington DC, Punchbowl e Politico, puntano invece i loro asset su un pubblico ristretto numericamente ma influente, economicmenet e politicamente, della capitale statunitense.

Sebbene non sia più sufficiente a sostenere molti media owner da sola, la pubblicità costituisce ancora una fonte di ricavi consistente e ad alto margine. Come si è accennato in precedenza, Netflix si è recentemente convertito alla pubblicità, segnando un momento di svolta nello streaming video e audio. Anche Disney+ e Warner Bros Discovery hanno adottato modelli ‘ibridi’ a pagamento – tramite abbonamenti a costi ridotti – e advertising based. Pure la piattaforma di streaming audio Spotify sta migliorando i margini grazie a una pubblicità più sofisticata sui podcast.

Come ha affermato Laura Chaibi, Director International Ad Marketing and Insights di Roku: “Dopo anni di proliferazione dei servizi SVOD, i principali operatori del settore dei media si stanno ora spostando verso modelli di business ad supported per soddisfare il desiderio dei consumatori di accedere ai contenuti gratuitamente o ameno risparmiare”.

I dati di Roku hanno rilevato che il 47% degli spettatori di streaming prevede di cambiare i propri servizi nei prossimi 12 mesi. E secondo GWI, il 57% di coloro che tagliano gli abbonamenti SVOD preferisce i servizi di streaming sostenuti dalla pubblicità. Si prevede invece che i media retail globali saranno il canale in più rapida crescita nel 2023, raggiungendo i 122 miliardi di dollari: l’indebolimento dello storico legame tra contenuti, pubblico e pubblicità è alla base dello sconvolgimento attuale dell’industria dei media.

Entro il 2025 i retail media avranno un valore superiore a quello della TV lineare. Questa rapida ascesa, unita alla progressiva sparizione dei cookie di terze parti e a una maggiore regolamentazione della privacy, ha portato i media tradizionali a cercare di soddisfare le esigenze di brand building e a tentare di svolgere un ruolo efficace per gli inserzionisti più in alto nel purchasing funnel: laddove i canali tradizionali offrono formati digitali e offline (video, audio, editoria e OOH), è sempre più probabile che i nuovi investimenti pubblicitari siano destinati ai formati digitali in CTV, streaming audio e DOOH.