Vestirsi con capi che rispettino l’ambiente, gli animali e il lavoro di chi li produce è un trend in continua crescita e l’industria della moda non resta a guardare. Complice lo stravolgimento portato dall’emergenza sanitaria, gli stilisti dell’Olimpo della moda e le catene fast fashion si sono fermate a riflettere e a ripensare il modo stesso di fare moda, dalla creatività alla produzione, dandosi obiettivi sempre più ‘etici’. Offrire certezze al consumatore sulla sostenibilità dei prodotti che sta acquistando e, in generale, sull’impatto dei marchi sul Pianeta diventa dunque una priorità che la tecnologia può aiutare a soddisfare. Ma come si fa a riconoscere la moda etica e sostenibile?
L’impegno di un numero sempre maggiore di brand nel proporre collezioni green e la sensibilità del consumatore verso la scelta di capi con un basso impatto ambientale, trovano un alleato prezioso nella tecnologia per avere la certezza di come è stato realizzato un prodotto. Ne è un esempio la blockchain, un database decentrato e strutturato in modo da consentire all’azienda di inserire documenti e informazioni che risultano sempre protetti e garantiti nella loro veridicità da una serie di complessi algoritmi. La blockchain verifica dunque la tracciabilità della filiera produttiva e distributiva, rendendola trasparente agli occhi del cliente finale, certificando se un capo è stato realizzato con materiali ecosostenibili o senza l’impiego di sostanze inquinanti o attraverso lo sfruttamento di persone o animali.
Alla luce di questa nuova responsabilità dei brand e dei consumatori, il binomio fashion-blockchain può davvero rappresentare un’opportunità per il settore come conferma anche Walfredo della Gherardesca che nel 2019 ha fondato Genuine Way. La start up ha sviluppato ITEMx, una piattaforma digitale che consente alle aziende di caricare documenti aziendali e certificati sulla blockchain pubblica, generando poi un’interfaccia native-mobile da collegare ai prodotti fisici attraverso la quale il cliente viene a conoscenza delle loro principali caratteristiche.
“Siamo in contatto con diversi brand nel settore della moda, con l’obiettivo di creare una connessione tra i loro prodotti e un’interfaccia digitale che permetta al consumatore di ottenere una serie di informazioni certificate su quello che sta comprando, grazie alla semplice scansione di un QR Code. Stiamo collaborando con aziende fashion che realizzano prodotti di altissima qualità – con ridotti impatti ambientali – e che vogliono comunicare questa loro attenzione: dal produttore di giacche vegane, realizzate con miscele vegetali come alternativa alla pelle animale, all’azienda di abbigliamento che sceglie solo particolari fibre sostenibili”, dichiara nella nota Walfredo della Gherardesca.
Anche la blockchain sta quindi diventando ‘alla moda’ e sarà uno strumento a sostegno del cambiamento stesso della value chain, attualmente in atto. A partire dalle dichiarazioni di Giorgio Armani sull’opportunità di riallineare il mondo della moda, molti dei principali brand si sono fermati a riflettere, riscoprendo valori come l’autenticità e la sostenibilità per il rispetto dei quali tutta la community fashion può fare molto rallentando, riducendo gli spostamenti, diminuendo gli sprechi e – in generale – dimostrandosi più responsabile verso i consumatori e il Pianeta.
“La blockchain può fare davvero tanto per il mondo della moda, perché può garantire la provenienza delle materie prime utilizzate dai brand e dare un importante vantaggio competitivo alle aziende veramente trasparenti e virtuose – prosegue Walfredo della Gherardesca – è l’idea stessa alla base della startup, che ho creato insieme al mio team, che ha tra i suoi obiettivi principali proprio quello di promuovere un consumo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale”.
Un esempio dalla piattaforma Genuine Way: dalla scansione del QR alla scoperta dell’universo green del brand svizzero Avani Appareal
Giovane, 29 anni, e con le idee ben chiare, Delphine Haccius nel giugno 2018 ha lanciato il brand di moda femminile Avani Appareal, con la volontà di fare anche qualcosa di concreto per un futuro sostenibile.
“Quando ho fondato Avani, mi sono basata su una semplice, ma fondamentale, considerazione: l’industria tessile è la seconda maggiore inquinante al mondo dopo quella petrolifera. Ma, ironia della sorte, oggi circa il 70% dei capi di abbigliamento è realizzato con materiali sintetici, che provengono proprio dal petrolio – spiega nella nota Delphine Haccius, oggi CEO di Avani Appareal. “Per questi motivi ho fortemente voluto creare un brand che avesse il più basso impatto ambientale possibile, utilizzando solo materiali naturali e non tossici per la nostra salute e per quella del Pianeta”.
In base a questa scelta etica, in Avani è stato ‘bandito’ l’impiego del cotone, la cui coltivazione intensiva richiede un alto consumo di acqua (2.700 litri per realizzare una sola t-shirt) e detiene il triste primato per l’impiego di sostanze tossiche (il 24% degli insetticidi e l’11% dei pesticidi utilizzati in tutto il mondo servono questo tipo di coltura) e per lo sfruttamento delle popolazioni locali.
I capi di abbigliamento firmati Avani sono sostenibili al 100%: “Scegliamo materiali le cui fibre siano coltivate, lavorate e tinte in Europa e per i bottoni utilizziamo legno di bosso proveniente dalla Francia”, continua Delphine Haccius. “La nostra è una scelta ben precisa, sempre ispirata dal basso impatto ambientale: acquistando materiali provenienti da paesi vicini alla Svizzera (i nostri fornitori sono compresi in un raggio di 1.600 km dai nostri laboratori), infatti, contribuiamo a ridurre le emissioni di anidride carbonica. Privilegiamo inoltre quelle realtà tessili che producono con un basso impatto ambientale, ad esempio impiegando energie rinnovabili”.
Per un’azienda che ha fatto una precisa scelta etica nella sua produzione, la trasparenza dei valori verso il cliente finale diventa fondamentale: “Da marzo abbiamo iniziato a collaborare con Genuine Way, avvalendoci della sua consulenza e dei suoi strumenti tecnologici per certificare la tracciabilità dell’intera filiera produttiva e la sostenibilità dei nostri prodotti. Nella giungla di brand che dichiarano di avere collezioni green ce ne sono molti che fanno ‘ambientalismo d’accatto’ ed è giusto tutelare il consumatore, dando acceso in modo facile e intuitivo a informazioni certificate sulla qualità di quello che sta acquistando. Genuine Way è così diventata il garante dell’autenticità e della credibilità del brand Avani”.
Al momento 4 prodotti della linea di abbigliamento Avani sono certificati con la tecnologia ITEMx di Genuine Way. Tra questi il Tencel®, una fibra naturale derivante dalla polpa del legno di eucalipto che non necessita di grandi quantità di acqua nè di prodotti chimici per la sua crescita. Le fibre provengono da piantagioni in cui gli alberi di eucalipto sono costantemente ripiantati e vengono prodotte usando solventi non tossici e biodegradabili che sono peraltro riciclati in un circuito chiuso con un recupero del 99,7%.
Avani Apparel, ha uno showroom a Ginevra e un negozio multibrand a Berna, oltre ad alcuni punti vendita in Francia, ma il principale canale distributivo è quello online. Il fatturato si divide tra Svizzera (70%) e Francia (30%).