di Massimo Bolchi
Meta Platforms non lancerà i suoi modelli Meta AI in Europa, almeno per il momento, dopo che l’autorità irlandese per la privacy – la ormai celebre DPC – le ha comunicato di ‘ritardare’ i suoi progetti per sfruttare i dati pubblici degli utenti di Facebook e Instagram allo scopo di ‘addestrare’ la propria AI Llama, a meno che non fosse esplicitato un diniego in tal senso da parte degli utenti.
La mossa di Meta è arrivata dopo gli esposti del gruppo NOYB (attivisti per la privacy) alle autorità di protezione dei dati in Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Spagna affinché agissero contro l’azienda.
L’azienda aveva affermato che avrebbe utilizzato informazioni online disponibili pubblicamente e autorizzate, senza chiedere il consenso esplicito, e in primo tempo la DPC non aveva sollevato obiezioni al procedimento, nonostante la scarsa pubblicizzazione del cambiamento alla condizioni iniziali e la farraginosità del procedimento per fare opposizione all’uso. Ma venerdì scorso è arrivato lo stop da parte del Data Protection Council irlandese, e la cosa ha naturalmente suscitato la reazione di Meta, che ha immediatamente aggiornato il blogpost sul proprio sito per esprimere sconcerto sulla decisione.
“Siamo convinti che il nostro approccio sia conforme alle leggi e ai regolamenti europei. La formazione sull’AI non è un’esclusiva dei nostri servizi e siamo più trasparenti di molti altri operatori del settore”, è stata la piccata risposta di Stefano Fratta, Global Engagement Director, Privacy Policy di Meta, che ha sottolineato come si tratti di “un passo indietro per l’innovazione europea, per la concorrenza nello sviluppo dell’IA e di un ulteriore ritardo nel portare i benefici dell’IA ai cittadini europei”.
Pronta la reazione di NOYB, che ha fatto sapere, tramite il Presidente Max Schrems, che seguiranno da vicino questo favorevole sviluppo, perché “finora non è stata apportata alcuna modifica ufficiale alla politica sulla privacy di Meta, che renda questo impegno legalmente vincolante, mentre le cause legali sono ancora in corso e richiederanno una decisione ufficiale”.
“Meta è preoccupata per gli utenti dell’UE?”, ha aggiunto. “Basta chiedere il consenso opt-in! Come per tutti i messaggi di Meta, anche in questo caso non mancano le manipolazioni e le affermazioni false. Meta sottolinea che gli utenti UE/SEE non saranno in grado di utilizzare i servizi di IA per il momento. […] Ma Meta potrebbe lanciare la tecnologia AI in Europa se solo si preoccupasse di chiedere il consenso degli utenti. Ma sembra che Meta stia facendo tutto il possibile per non ottenere mai il consenso per qualsiasi trattamento”.
Meta ha dichiarato che il ritardo nel lancio dei suoi modelli di AI le consentirà anche di rispondere alle richieste dell’Information Commissioner’s Office (ICO) britannico, che, da parte sua, ha accolto con favore il rinvio deciso da Meta, affermando che continuerà a monitorare i principali sviluppatori di IA generativa, tra cui la stessa Meta, per esaminare le misure di salvaguardia messe in atto e garantire la tutela dei diritti di informazione e la privacy degli utenti britannici.
“Siamo delusi dalla richiesta della Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC), il nostro principale regolatore, a nome delle autorità di protezione dei dati europee, di ritardare l’addestramento dei nostri modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) utilizzando contenuti pubblici condivisi da adulti su Facebook e Instagram, soprattutto perché abbiamo incorporato il feedback del regolatore e le autorità di protezione dei dati europee sono state informate da marzo”, scrive ancora Fratta, sorvolando elegantemente la spiegazione del perché non adottare la soluzione dell’opt-in.
Questo inaspettato ‘blocco’ è dovuto solo alle norme sul GDPR: non ci si azzardi a immaginare che cosa porterà l’AI Act quando entrerà in vigore. Perché questo stop è efficace solo nella UE (e nel Regno Unito che anche l’ICO vorrà associarsi): nel resto del mondo, in assenza di una norma analoga al GDPR, Meta ha potuto e può comportarsi come preferisce.
Anche se Schrems ha aggiunto un velenoso post scriptum alla vicenda: “Come sempre accade per le sconfitte dei tech giant, questo annuncio arriva di venerdì sera: sembra che Meta voglia minimizzare la notizia, che potrebbe invece influenzare il prezzo delle sue azioni”.