Chi sono e come ragionano gli influencer? Come sono nati e come si sono evoluti? Come scelgono la chiave con la quale comunicare? Come decidono se essere divulgativi o intrattenitori? Come dialogano con il proprio pubblico? Come si comportano con chi li segue se le condizioni cambiano le relazioni? Mentre dal punto di vista dei brand come tutto questo modifica il rapporto con loro? Quali saranno i nuovi modi di comunicare e di approcciare gli influencer? Conoscere gli influencer significa innanzitutto fare in modo che siano loro a raccontarsi.
Nasce da queste premesse l’Osservatorio InSIdE (influencer, stories, identities and evolutions) sul settore fortemente voluto da Pulse Advertising, in collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche e Sociologiche dell’Università di Pavia e con Eumetra (Istituto di ricerca sociale e di marketing) che in maniera innovativa e convintamente qualitativa racconta un settore sotto i riflettori, partendo dal punto di vista di chi crea i contenuti, la relazione e comunica valori, prodotti e marca.
Quello che emerge dai primi sei mesi di lavoro è uno specchio attuale della realtà dell’influencer marketing, un approccio di ricerca e di sintesi che cambia completamente i paradigmi e che aiuta le aziende a non cadere nel facile tranello di approcciare l’influencer marketing in maniera semplicistica e superficiale: non basta l’influencer ‘famoso’, ma vanno prese in considerazione un mix di variabili sia quantitative che qualitative. Questo vuol dire che assume sempre più valore la capacità di comprendere dove si vuole arrivare come ‘marca’ e come i giusti influencer possono supportare i brand nel raggiungimento dei propri obiettivi: awareness, conversion, reputation… un salto in avanti, quindi, anche per le aziende. Questo è il punto focale della nascita InSIdE.
Il progetto di ricerca InSIdE
Le ricerche condotte sotto il cappello di InSIdE hanno evidenziato per la prima volta e scientificamente spiegato che nel settore dell’influencer marketing non è più valida la regola della relazione top-down come avviene nel marketing tradizionale. La comunicazione ha assunto regole differenti in cui i messaggi promozionali si inseriscono in maniera nativa nella fluidità della narrazione personale di un influencer. Questo assicura un engagment più alto e un modello molto naturale di comunicazione, questo equilibrio è essenziale nel momento in cui vediamo gli influencer come media che rientrano nel parterre di strumenti a disposizione del marketing.
Rimane valido uno dei pilastri del marketing tradizionale: il messaggio viene modulato pensando al mezzo e al pubblico a cui ci si rivolge. Tale dinamica è particolarmente calzante per gli influencer che, seppur in misure diverse, sono a loro volta influenzati dalle proprie fanbase.
Il progetto, curato da Pulse Advertising, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia e in particolare con il prof Flavio Ceravolo, Direttore del Corso di laurea magistrale in Comunicazione Digitale e con Alberto Stracuzzi, Marketing Research Director di Eumetra, percorre convintamente un’analisi qualitativa che parte dal punto di vista degli influencer, coinvolgendoli di volta in volta su temi differenti in modo che emerga una fotografia non statica, ma di un fenomeno in costante evoluzione. Per analizzare tale progresso, che coinvolge non solo gli influencer, ma anche il pubblico che li segue e che ne determina le scelte comunicative o la preferenza per presidiare uno solo o diversi canali social, sono state utilizzate diverse metodologie di ricerca: survey, interviste in profondità e osservazione spontanea.
“Gli influencer oggi in Italia sono moltissimi – racconta il Professor Ceravolo – sempre più caratterizzati, singolari e in molti casi estremamente verticali. Ognuno di loro poi personalizza la chiave comunicativa al variare delle condizioni del pubblico, del momento storico e del canale, della campagna, rendendosi praticamente unico nel proprio genere. Per usare una metafora efficace: come se fossero tante montagne sparse per il globo. Ognuna di queste montagne ha caratteristiche proprie, sorge in un continente, a una latitudine, una longitudine molto precise che al variare delle condizioni atmosferiche muta la propria natura. Le aziende, come scalatori, senza conoscere a fondo la situazione attraverso una carta geografica ragionata, rischiano di perdersi nella scalata, in metriche solo quantitative, perdendo di fatto una porzione importantissima di informazioni qualitative che aiuta a centrare l’obiettivo e – dentro la metafora – a raggiungere la vetta”.
Dopo questo primo lancio, sono già previste a cadenza regolare update sull’osservatorio, in modo che possa diventare un appuntamento fondamentale per giornalisti e aziende per comprendere il mondo variegato degli influencer.
Gli update dell’osservatorio si orienteranno su tre grandi macroaree: una panoramica generale annuale sullo ‘stato dell’arte’ dell’Influencer Marketing, un’indagine su un topic specifico più verticale sulla relazione dell’influencer con i suoi pubblici, una terza via dedicata a settori merceologici differenti. Una nuova frontiera che aiuterà gli influencer stessi a fare chiarezza sul proprio mondo, le aziende a comprendere meglio quali voci siano effettivamente più efficaci, per approccio, per raggiungere il pubblico obiettivo e fare investimenti; per il pubblico finale, un modo di conoscere meglio i propri opinion leader preferiti.
TIPS. Le evidenze emerse dall’Osservatorio InSidE
Se volessimo raccontare il backstage dell’Osservatorio e come nasce questo processo di ricerca è utile innanzitutto capire quali sono le peculiarità emerse.
1.Una nuova categorizzazione degli influencer – Molte sono le dimensioni raccolte finora dall’Osservatorio e che vanno ragionate alla luce del nuovo approccio di ricerca proposto. Tra le dimensioni, sicuramente rilevanti ma che non possono essere analizzate singolarmente, vi è l’ampiezza della fanbase: se ci fermiamo a categorizzare gli influencer soltanto sulla base di questo aspetto, rischiamo di trarre conclusioni non rilevanti dal punto di vista strategico. Invece un primo dato che emerge in questo primo momento di analisi, sia dal sondaggio somministrato che dalle interviste in profondità, è che si notano delle interessanti differenze di comportamento se consideriamo la variabile dell’anzianità digitale. Gli influencer che sono attivi sul mercato ormai da molti anni, che sono stati perciò dei veri e propri ‘Early Adopters’, presentano modi diversi di approcciare il proprio pubblico o di considerare il loro ruolo di influencer, quando comparati con i personaggi che sono approdati alla professione di influencer solo in tempi recenti, coloro che sono perciò dei “Last Comers”.
2.La Community – Dall’analisi delle interazioni spontanee delle community sui contenuti degli influencer è emersa una prima interessante evidenza che conduce all’individuazione di due aree di contenuto: una legata alla narrazione della vita privata e una legata alla promozione di prodotti o servizi. Tra questi due macromondi si notano delle differenze rilevanti sia su base semantica che a livello di engagement relativo generato. Quest’evidenza porta alla necessità per i brand di interrogarsi sulla migliore modalità di inserimento dei propri prodotti nella naturale narrazione degli influencer. Se l’obiettivo è capitalizzare l’attenzione delle fanbase e la credibilità degli influencer, il percorso ottimale per i brand è quello di inserirsi in modo fluido e non forzato nella narrazione di questi ultimi, convincendoli non solo dal punto di vista monetario.
Paola Nannelli, Executive Director per l’Italia di Pulse Advertising, commenta: “I dati numerici delle piattaforme social relativi al potere delle adv classiche ci riportano un dato interessante, e cioè che la ripetizione martellante di un contenuto sponsorizzato non è garanzia di penetrazione del messaggio. Perché il mezzo non è idoneo a una relazione top-down fra la marca e l’utente. Mentre dai dati di questa prima azione abbiamo finalmente evidenza scientifica rilevata dagli stessi protagonisti attraverso l’Osservatorio, che un messaggio che penetra da un medium – l’influencer in questo caso – che gode di un potere ingaggiante consolidato gode di una forza penetrativa e promozionale più ampia che può trasformarsi in convertion o in awareness crescente. Il che ci aiuta a selezionare per i nostri clienti gli influencer giusti a seconda degli obiettivi da soddisfare”.
Il professor Flavio Antonio Ceravolo aggiunge: “Dall’Osservatorio, quindi si riconferma il ruolo dell’influencer come una figura altra del marketing rispetto al testimonial. Che il tone of voice personalissimo di ciascuno di loro aiuta la community ad aggregarsi attorno alla voce che ritengono autorevole e che è proprio questo tone of voice che rende credibili i messaggi promozionali rivolti alla community. Perché non vengono vissuti come interruzioni pubblicitarie in stile radiofonico o televisivo ma si inseriscono nel flusso naturale della fluidità di narrazione del singolo influencer. Rimanendo messaggi credibili, così credibili e non disturbanti da generare credibilità e diffusione della marca e acquisto del prodotto (convertion)”.
“Da tempo, gli istituti di ricerca stanno ragionando con gli altri addetti ai lavori (agenzie e centri media in prima battuta) sulla definizione di criteri oggettivi per misurare questo ‘mezzo specifico’. E da tempo sono il sostenitore – conclude Alberto Stracuzzi, Market Research Director Eumetra – della tesi che se ‘il social deve uscire dal social’ anche ‘gli influencer devono uscire dal social’. In sostanza ritengo che concentrarsi su metriche invase quale numero dei follower, engagement assolutisticamente inteso, numero di post, tipologia di canali, impression e chi più ne ha più e metta, sia drammaticamente riduttivo. A loro volta, le abitudini invalse nella misurazione degli altri mezzi quali la total reach: non ha senso calcolare quante persone sono esposte se non si calcola il ROI di quella esposizione. Occorre misurare l’impatto degli influencer in altri modi, forse oggi non ancora definiti. E il primo passo è provare a osservare i talent per quello che sono: super-user, consumatori esperti, che hanno caratteristiche che sfuggono, appunto, alle mere metriche social. La nostra ricerca ad esempio ha osservato alcune variabili che segmentano in maniera diversa dal solito i talent. Oggi forniamo un primo contributo di riflessione alla community degli stakeholder.