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Il mercato italiano della blockchain va verso il consolidamento e segna un -23% degli investimenti. Finito l’hype mediatico, si scommette su iniziative più operative e la creazione di ecosistemi

Blockchain? Bitcoin! L’associazione mentale è fin troppo ovvia, ed è stata rafforzata dai su e giù in Borsa dalla cryptovaluta: dai 1.300 dollari del gennaio 2017 ai 15.000 di giugno 2018, poi 3.000 dollari a gennaio 2019 fino ad arrivare ai 40.000 di pochi giorni fa: oggi quota circa 31.000 dollari, e il mondo della cryptovalute sta attendendo (e scommettendo) sul prossimo trend. Il Bitcoin sarà protagonista di un’altra clamorosa arrampicata o si profila un periodo di mercato debole, con le quotazioni che precipiteranno a un nuovo minimo storico?

Ma attenzione, perché il mercato ‘vero’ della blockchain è ben diverso da questi sogni di ricchezza improvvisa, per coloro che vinceranno la scommessa sui futuri andamenti, o dal rischio di volatilizzare il capitale, per quelli che verranno invece coinvolti in una drammatica corsa al ribasso.

L’emergenza Covid-19, infatti, non ha fermato lo sviluppo delle tecnologie Blockchain, che, anzi, nel 2020 sono entrate in una fase di maggiore maturità. L’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano ha elaborato alcune cifre per sintetizzare la situazione globale: su 1.242 iniziative censite dal 2016 al 2020 (734 annunci e 508 progetti concreti), sono 267 quelle avviate negli ultimi dodici mesi a livello internazionale da aziende e pubbliche amministrazioni, che comprendono 70 annunci e 197 progetti concreti (di cui 83 operativi, il resto sperimentazioni o proof of concept).

Rispetto al 2019 sono cresciuti del 59% i progetti concreti, mentre gli annunci sono calati dell’80%, segno di un mercato che sta uscendo dall’hype mediatico per concentrarsi su iniziative più operative e la creazione di ecosistemi. Il 47% dei casi mappati nel 2020 utilizza piattaforme esistenti segno che l’attenzione degli operatori si sta spostando sempre più verso lo sviluppo di applicazioni e meno sulla creazione di nuove piattaforme.

Non che questo abbia nascosto le performance della valute costruite sulla blockchain: nel 2020 la finanza decentralizzata ha visto moltiplicare applicazioni, utenti e capitale investito, fino all’annuncio dello sviluppo di Diem (ex Libra, la valuta digitale sponsorizzata da Facebook), mentre è cresciuto l’utilizzo di criptovalute e stablecoin. In quest’anno si è visto l’avvio delle valute digitali delle Banche Centrali: innanzitutto il DCEP cinese, attualmente in fase di sperimentazione, a cui sono seguite esplorazioni, analisi, prototipi di altri istituti e l’annuncio della BCE di voler realizzare il Digital Euro.

Non solo finanza

Ma non c’è stata solo la finanza: l’emergenza sanitaria ha evidenziato i benefici ottenibili da soluzioni Blockchain per la gestione dell’identità in ambito clinico/sanitario o economico, sono nati iniziative di filiera in ambito supply chain e progetti di infrastrutture internazionali come EBSI, la European Blockchain Services Infrastructure che sta promuovendo diverse sperimentazioni.

Nel 2020 le tecnologie Blockchain hanno continuato a svilupparsi e sono sempre più utilizzate dalle imprese per migliorare processi aziendali e creare nuove opportunità di business in ambiti diversi dalla finanza, dall’agroalimentare alle utility, dalla PA alle assicurazioni.

Le applicazioni più numerose sono realizzate per facilitare la condivisione e il coordinamento dei dati fra diversi attori per evitare che insorgano divergenze (59% dei progetti lanciati dal 2016 a oggi). Quasi un quarto ha l’obiettivo di migliorare la verificabilità dei dati da parte di altri attori dell’ecosistema o di terzi (24%), in particolare nell’agroalimentare per garantire la tracciabilità dei prodotti. Il 13% utilizza i crypto asset abilitati dalle piattaforme Blockchain per scambiare denaro o altri asset. Il 4%, infine, è dedicato alla realizzazione di processi affidabili e verificabili.

I paesi più attivi nella Blockchain: l’Italia nella Top 10

I paesi più attivi nella Blockchain sono Stati Uniti, con 72 progetti avviati negli ultimi cinque anni, e Cina, con 35 casi, seguiti da Giappone (28), Australia (23) e Corea Del Sud (19). Con 18 casi, l’Italia resta nella top ten dei paesi con più iniziative, nonostante la frenata degli investimenti delle aziende, che nel 2020 valgono 23 milioni di euro, il 23% in meno rispetto al 2019.

È iniziata dunque una fase di maturazione della piattaforme, alcune sono già operative, altre lo diventeranno presto: ma continua a esistere una proliferazione di progetti che abiliteranno i propri ecosistemi, non sempre interoperabili e convergenti. Una spinta che è fortemente a rischio, in un mercato già in calo, a causa dell’emergenza che ha spinto le aziende a concentrarsi su progetti già attivi, ma più maturo: il 60% della spesa riguarda progetti operativi, il 28% progetti pilota, solo l’11% proof of concept e appena l’1% formazione.
Di conseguenza alcune piattaforme nate come ‘application specific’ si stanno perciò avvicinando a quelle ‘general purpose’, come l’EBSI o la BSN.

La crescita delle piattaforme General Purpose (permissionless e permissioned)

Lo sviluppo di queste infrastrutture abilitanti, però, non è ancora concluso: aziende e PA guidano lo sviluppo tecnologico verso soluzioni più facilmente utilizzabili e sarà importante seguire l’evoluzione della normativa, che spesso è ancora un ostacolo allo sviluppo di soluzioni più innovative. In particolare stanno diventando dominanti le piattaforme General Purpose, che possono essere sfruttate dalle aziende di qualsiasi settore per la creazione di applicazioni diverse e si possono suddividere tra piattaforme General Purpose Permissionless e piattaforme General Purpose Permissioned.

Alle prime chiunque può accedere e svolgere qualsiasi attività e il loro contenuto è pubblico: sono utilizzate da un numero sempre maggiore di aziende, nonostante presentino problemi di scalabilità, privacy e affidabilità che non le rendono ancora adatte a qualsiasi tipo di applicazione. Per accedere alle piattaforme Permissioned, di solito promosse da governi o consorzi nazionali o internazionali, è invece necessario registrarsi e identificarsi e quindi essere autorizzati a operare da un ente centrale o dalla rete stessa.

Potenzialità ancora da sfruttare

Per sfruttare appieno le potenzialità degli ecosistemi Blockchain ci ancora alcuni elementi da migliorare. Gli ecosistemi devono poter accogliere nuovi partecipanti necessari all’interno di un’applicazione e le piattaforme, sia permissionless sia permissioned, devono diventare più affidabili sia in termini di scalabilità che di sicurezza. Poi le applicazioni devono potersi integrare con i sistemi informativi attualmente in uso nelle aziende, devono poter sfruttare alcuni servizi abilitanti come l’identità digitale e il cash on chain e devono poter contare su normative chiare ma che allo stesso tempo lascino aperta la possibilità di innovare.

La maggior parte dei progetti sviluppati nel 2020 è ancora focalizzata su applicazioni legate a processi esistenti (ad esempio riconciliazione dei pagamenti e tracciabilità di filiera). In molti casi le aziende scelgono di partire da un’applicazione semplice che possa raccogliere numerosi partecipanti per poter in seguito sviluppare soluzioni più innovative. La maggior parte dei progetti sviluppati da aziende e PA usa piattaforme Application Specific, rendendo ancora difficile l’interoperabilità tra le applicazioni e riducendo le potenzialità offerte dagli ecosistemi Blockchain.

Aggiornamenti normativi: il Digital Finance Package

Il 2020 è stato anche un anno ricco di sviluppi dal punto di vista della regolamentazione del settore. In ambito europeo, è stato presentato il Digital Finance Package, elaborato dalla Commissione Europea con lo scopo di stimolare il settore Fintech, regolare i cosiddetti crypto-asset e tutelare i consumatori che intendono avvalersi di queste tecnologie. Questo aggiornamento normativo (che sarà un regolamento direttamente applicabile in tutta l’UE) imporrà agli stati nazionali una fase di raccordo o armonizzazione rispetto alle legislazioni vigenti. Il legislatore europeo ha previsto che sia necessario ottenere un’autorizzazione da parte delle autorità competenti per poter operare sui mercati di crypto-asset, come una sorta di fintech sandbox. In questo modo gli operatori potranno lavorare e sperimentare nuove soluzioni tecnologiche da applicare al settore.

Uno sguardo al futuro

La tendenze attuali del comparto sono ancora divergenti, tuttavia vi è un aspetto da sottolineare: la maggior parte dei progetti vuole ottenere un miglior coordinamento tra le parti in gioco, mentre solo una minima parte – il 4% – intende realizzare ‘processi on chain’, cioè all’interno della piattaforma, mediante il cosiddetto ‘cash on chain’, un numero – basso – dovuto anche alle perduranti carenze legate alla decentralizzazione del controllo e alla data privacy.

Vedere (e fare) crescere questo comparto specifico sarà la sfida principale per il 2021.