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‘Il futuro dell’AI e la posizione dell’Italia nel mondo digitale, secondo Constantine Kamaras, Co-founder & Chairman Emeritus di IAB Europe

Constantine Kamaras
Constantine Kamaras. Chairman Emeritus IAB Europe
di Massimo Bolchi

Con ‘Regeneration’ lo Iab Forum di quest’anno affronta un tema centrale che porta con sé alcuni cambiamenti fondamentali, che le industrie richiedono e i consumatori si aspettano. Quando parliamo dell’AI, però, le cose si fanno complicate, perché è più difficile separare l’hype dalla realtà, l’esagerazione dai fatti concreti, quelli davvero sul terreno.

“La discussione sull’AI mi ricorda sempre un celebre commento, vecchio di circa 30 anni fa, sulla rivoluzione digitale che era appena iniziata”, ricorda Constantine Kamaras, Co-founder & Chairman Emeritus di IAB Europe. “Venne detto allora che la rivoluzione digitale sarebbe durata più tempo di ciò che le persone pensavano, ma i suoi effetti si sarebbero sentiti in modo più forte di ciò che le persone si aspettavano. Quindi, so che nella dinamica digitale siamo abituati a muoverci velocemente, e questo è considerato un vantaggio, ma penso che con ogni innovazione c’è bisogno di una pausa e di una riflessione su ciò che significa sotto il profilo etico e quello legale”.

Ma dal punto di vista legale, su ciò che l’EU può decidere con l’AI Act, si parla di dover attendere più di un anno e mezzo, due anni, prima di dar corso a ciò che è stato deciso, se pure fosse un il tempo sufficiente per implementare tutte le norme future. Non, è un po’ più tardi, guardando a come è settore si è rivoluzionato negli scorsi sei mesi?

“Non è solo un problema dell’EU, è un problema comune quando si sta cercando di regolare qualcosa che si trasforma così velocemente. L’EU ha sicuramente questo problema con l’AI Act, ma le istituzioni degli Stati Uniti, il Congresso e l’esecutivo, si trovano in una situazione analoga. Penso che ciò che sia probabile di vedere in futuro nell’AI è una ripetizione di ciò che vediamo oggi con i dati. Ci sono dati che sono comuni e sicuri, ci sono dati in cui bisogna dare un consenso esplicito, ci sono dati sul cui trattamento c’è un divieto espresso. Penso che vedremo gli stessi tre livelli nell’AI: aree in cui si presume di poter liberamente operare, altre aree più sensibili in cui bisognerà esaminare con attenzione ciò che si fa, e aree infine che saranno esplicitamente vietate”.

Proviamo a mettere sotto esame l’Italia, in una discussione un po’ più ampia di quella sull’AI: come vede il mondo digitale italiano dal punto di vista europeo?

“La mia visione è che l’Italia è una delle nazioni più importanti: è una delle Top 3 o 4 dell’EU. L’Italia, come economia, è stata un po’ sclerotica, ma non è stato questo il caso del caso del digitale, che ha avuto una crescita solida, un’economia digitale matura. Ovviamente questo sviluppo ha le sue particolarità, ma penso che il digitale in Italia sia uno dei motori di crescita. La domanda chiave è, in Italia, come in ogni paese, se si è tutti cresciuti insieme, o se ci sono alcuni segmenti del mercato che realizzano più di altri, e questo crea un senso di ingiustizia“.

E che cosa ne pensa del fatto che in Italia non abbiamo una grande società, come Meta o Google, un vero gigante della tecnologia che può spingere l’evoluzione del digitale, mentre noi siamo più un paese dalle molte PMI?

“Ci sono paesi in Europa dove c’è un campione locale, una grande società che forse può competere contro le piattaforme, e così via. Ma questo tende a creare un ‘noi contro loro’, i piccoli contro il grande, e contro gli stranieri, che non è necessariamente il modo giusto di affrontare la cose quando si tratta di un mezzo globale e di un mercato globale. Direi che in Italia, che è poi la stessa cosa che accade in Grecia e in diversi altri mercati, questa carenza rappresenti un’opportunità, perché forza il mercato a lavorare insieme e a poter creare standard, modelli di cooperazione, forme di partenariato che non sarebbero stati così facili se ci fosse stato di mezzo un ‘gigante’ locale”.