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Il futuro del podcast si delinea anche nel mondo del video, sulla base dell’economia di produzione e della vicinanza operativa tra editori ‘solo audio’ e produttori televisivi on demand

Il podcast come futuro media oggetto della grandi scommesse di Hollywood? Di fatto, la domanda è un po’ esagerata, o per lo meno anticipata, ma il progressivo cambiamento dell’utilizzo stesso del podcast, dagli audiolibri ai copioni audio che riescono a catturare l’interesse di un numero crescente di ascoltatori va in questa direzione, tant’è che non è più azzardato pensare che, nel giro di qualche anno, i podcast potranno sostituire i libri come fonte di ispirazione per la trame dei film e della televisione.

Perché anche la tv sta scambiando pelle, con i contenuti VOD che catturano sempre più audience e si sostituiscono ai vecchi palinsesti nel determinare i gusti e le preferenze dell’audience televisiva. Parliamo ovviamente di Oltreatlantico, dove il fenomeno ha già raggiunto numeri significativi, ma anche l’Europa sta recuperando in fretta il terreno perduto rispetto alle Connected TV americane. D’altronde la piattaforme di podcast sono sempre più ricche di contenuti che potrebbero essere definiti film, (o serie) da ascoltare invece che da vedere come avverrebbe di solito.

Questo per ragioni economiche, innanzitutto, perché produrre un’intera serie in podcast costa meno del solo script – se firmato da un autore celebre – di un pilot televisivo. Questo fatto da solo basterebbe a spiegare la facilità (relativa) con cui i progetti podcast trovano la strada verso la realizzazione; se poi si aggiunge il proliferare della piattaforme podcast, non in concorrenza tra loro, ecco che l’autore o il produttore di podcast può più facilmente trovare la via per monetizzare il proprio lavoro.

Va però detto che le forme ‘artigianali’ di podcast sono in grado di proliferare numericamente, ma questo rende paradossalmente più difficile l’emersione di prodotti professionali, che pure non mancano presso i grandi operatori, Spotify innanzitutto, e Audible, che si sta spostando dalla primigenia vocazione a produrre libri ‘da ascoltare’ verso il mondo podacst nella sua interezza.

Non a caso le dichiarazioni pubbliche di Courtney Holt, a capo degli Studios di Spotify, e di Rachel Ghiazza, Head of Content per Audible, coincidono sostanzialmente. “Ci troviamo in mezzo a una frenesia per i podcast”, ha affermato infatti la prima, mentre la secondo ha concordato “stiamo atteaversando un Rinascimento dell’Audio”.

I due ‘pesi massimi’ del podcast (Apple, more solito, non rilascia dichiarazioni in merito) concordano sul fatto che ci troviamo alla vigilia dell’esplosione di un mercato che presenta già tutti sintomi di un vivace riscaldamento.

Tanto più se si considerano anche vicinanze operative, quali quella tra Audible e Prime Video, o tra Apple TV e Apple Podcast: nulla potrebbe essere più facile che la trasmigrazione di podcast di successo in video, o la nascita di spin off ‘solo audio’ da serie o film che hanno spopolato in televisione ‘on demand’, senza contare tutte le possibile forme intermedie che questi contenuti potrebbero assumere sui social media.