Negli ultimi cinque anni, la modalità di accesso ai contenuti televisivi da parte dei consumatori è cambiata significativamente. La diffusione delle smart TV, i canali televisivi dal modello ad-based e i servizi di streaming offerti dai broadcaster rappresentano un vasto ventaglio di opzioni per l’accesso all’ offerta sempre più ampia di contenuti. Se finora, però, in Europa gli investimenti pubblicitari sulla Connected TV (CTV) non sono cresciuti in maniera proporzionale rispetto all’audience disponibile, secondo le previsioni, il 2023 è l’anno in cui si assisterà all’accelerazione degli investimenti pubblicitari in questo canale. Ed è per questo che può essere utile dare uno sguardo ai fattori determinanti.
Più che convita di questo è Amélie Grenier-Bolay, Director Advertiser Solutions, Southern Europe and MENA di PubMatic, che così prosegue: Esiste una correlazione tra il livello di concorrenza nella televisione lineare e lo stadio di sviluppo della CTV nei diversi mercati. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ad esempio, sono presenti più broadcaster di televisione lineare che generano un elevato livello di concorrenza e il mercato della CTV è abbastanza forte. Visti gli obiettivi legati alla crescita del fatturato, i player devono necessariamente innovare, come fanno i nuovi operatori che entrano nel mercato. Confrontando questa situazione con quella di molti Paesi del Sud Europa, caratterizzati dalla presenza di una o due emittenti tradizionali dominanti, osserviamo una crescita e un’evoluzione più lente. Ma lo scenario è destinato a cambiare.
Nei prossimi dodici mesi, infatti, questi mercati assisteranno a un’accelerazione della crescita della CTV, anche grazie al fatto che l’aumento delle competenze andrà di pari passo con gli investimenti che broadcaster, operatori internazionali di CTV e piattaforme tecnologiche faranno a supporto di skill, partnership e team specifici all’interno dei diversi mercati.
Nuove inventory premium e relazioni più dirette
I canali caratterizzati dal modello ad funded di Netflix, Disney+ e Warner Bros Discovery contribuiranno all’aumento significativo dell’inventory premium disponibile nella CTV, che si arricchirà ulteriormente grazie alla migrazione di contenuti premium e in prima visione. Questi passeranno dalle emittenti tradizionali alle nuove piattaforme CTV, portando la Connected TV in cima alla lista delle priorità degli advertiser.
Nel corso degli ultimi due anni, il programmatic guaranteed (PG) è stato la modalità preferita dai buyer della CTV, a riprova del fatto che, in un mercato frammentato che impone CPM elevati, le relazioni sono un fattore chiave. L’aumento dello spend porterà con sé un incremento delle relazioni dirette, poiché buyer e seller dovranno collaborare strettamente per scoprire modi sempre più efficaci per raggiungere e coinvolgere le audience.
Abbattere le barriere all’ingresso
Per i brand più piccoli, la TV è stata spesso inaccessibile a causa dei costi elevati. Grazie ai progressi nelle funzionalità della CTV nel programmatic, e in particolare negli open marketplace, l’effetto sarà una sua democratizzazione, poiché verranno meno i livelli minimi di investimento imposti dai broadcaster. La capacità offerta dalla CTV di applicare criteri di targeting a livello granulare, insieme alle informazioni offerte in cambio dai dati, la renderanno sempre più appetibile sia per gli advertiser DTC che per quelli a performance che, negli ultimi anni, hanno investito somme enormi sui social media. L’opportunità di applicare metriche di performance e di brand sullo schermo più grande di casa si prospetta, dunque, molto attraente.
Dal punto di vista dei publisher, la crescita dei PMP e degli open marketplace creerà maggiori opportunità di monetizzare l’inventory al di fuori dei direct deal, fornirà un modo per attingere alla long-tail e genererà lead per i team di direct sales. La chiave per la crescita della biddable CTV sarà la fiducia. È essenziale, a tal fine, che i buyer – indipendentemente da tipologia e dimensione – si assicurino che le piattaforme che aggregano l’offerta abbiano policy di ferro (se non addirittura di titanio) in materia di brand safety e frodi, oltre a relazioni dirette con i proprietari dei contenuti. Purtroppo, la CTV attirerà anche la sua parte di operatori poco raccomandabili; spetterà quindi alle piattaforme di programmatic rassicurare il mercato sul fatto che essa non seguirà la strada intrapresa in passato dalla display.
Misurazione e targeting
Oggi la misurazione è considerata uno dei maggiori ostacoli alla crescita della CTV. Gli inserzionisti che si affidano a quest’ultima per raggiungere audience difficili o troppo costose attraverso la TV tradizionale, necessitano di dati a supporto delle loro decisioni. Purtroppo, i dati della CTV si trovano in piattaforme multiple e soffrono dell’effetto silos, di conseguenza ottenere questi dati è a dir poco sfidante. Ci sono, tuttavia, segnali che indicano che le cose si stanno muovendo nella giusta direzione: nel Regno Unito, il BARB (Broadcasters Audience Research Board), inizierà a misurare l’audience di Netflix, mentre Disney e Discovery sono già associati. Il BARB sta, inoltre, cercando di espandere la misurazione ad altri servizi simili alla TV (TV like). Qualunque cosa si pensi del BARB, gli advertiser e media buyer lo considerano lo standard principe della misurazione televisiva e l’inclusione dei nuovi servizi di CTV consentirà ai primi di pianificare, acquistare e misurare su una base simile a quella della loro attività su TV lineare. Dato lo spostamento degli ascolti verso la CTV, tutto ciò comporterà probabilmente una riallocazione dei budget verso questi nuovi servizi.
Esistono, inoltre, diversi player nel settore della misurazione la cui attività è tracciare le performance della CTV. In genere, si considerano le metriche dell’upper funnel, come le visite al sito dopo l’esposizione a un annuncio sulla CTV, ma possono anche essere presi in esame altri criteri di misurazione del ROI, incluse le vendite. La capacità della CTV di restituire dati arricchiti aiuterà realmente a promuoverne l’adozione da parte dei brand DTC e di performance che in precedenza davano priorità ai social media o alla TV tradizionale.
Anche il targeting sulla CTV può essere frammentato, a causa del fatto che esistono piattaforme diverse, ognuna delle quali fornisce data signal e funzionalità diversi tra loro. Con il tempo, quest’area diventerà più consistente, anche se molto dipenderà dalle modalità di tracciamento degli ID degli spettatori e da come ciò si adatterà ai requisiti di privacy. Nel corso del prossimo anno assisteremo a un maggiore utilizzo dei dati di contenuto e contestuali. I proprietari di media CTV stanno iniziando a vedere i vantaggi commerciali derivanti dalla trasmissione di data signal di contenuto ai buyer per favorire targeting e reportistica. Questi segnali possono diventare molto più coerenti, soprattutto se i media owner aderiranno agli standard Open RTB dello IAB sulle tassonomie dei contenuti.
Come possiamo tracciare il percorso migliore per la CTV?
Tutto parte dall’advertiser. Ogni operatore TV e CTV deve rendersi conto che i cambiamenti nel comportamento degli spettatori richiedono un ripensamento su come e dove i budget pubblicitari televisivi verranno allocati. È fondamentale aiutare gli advertiser a giustificare gli spostamenti di spesa e dimostrare che la TV sta ancora facendo l’ottimo lavoro che ha sempre fatto, anche se in un panorama più frammentato. Ciò richiederà un reset del pensiero che accompagna da sempre la pianificazione TV tradizionale, oltre alla massima collaborazione e standardizzazione umanamente possibili. Infine, sarà necessaria anche una certa agilità, poiché senza dubbio vi saranno cambiamenti imprevisti, che avranno un impatto su questo ambiente e dovranno essere affrontati.