di Massimo Bolchi
Influencer Marketing e Creator: l’argomento sembra di grande attualità, specialmente in Italia per le vicende che hanno coinvolto (e stanno continuando a coinvolgere, in un curioso rovesciamento di fronti, dalla celebrazione al disprezzo) Chiara Ferragni e le sue società. Ultime in ordine cronologico, anche se i lavori al riguardo avrebbero preso il via ben un anno fa, le indicazioni emanate dall’Agcom in materia di pubblicità e di influencer, relative però a quelli che possono vantare almeno un milione di follower.
Ma una nuova minaccia pesa sul mondo dei creator (influencer sta passando di moda): l’Artificial Intelligence rischia di allontanare un quantità elevata di persone (reali, non bot che l’AI potrebbe con grande facilità costruire al bisogno) dalla piattaforme social, l’unico vero metro che misura la popolarità di una celebrity in milioni di seguaci.
Ovviamente, siamo al corrente della numerosità di KPI usati dai brand per calcolare il ROI di una campagna social e per avere un’idea precisa, in termini concreti, dell’apporto di un/una creator alla stessa, in funzione di moltiplicatore dell’investimento, di brand awareness o di conversion – per citare solo alcuni dei molti disponibili. Ma poter dichiarare la numerosità del proprio seguito in decine di milioni di persone fa ancora una bella differenza, se non altro se guardiamo ai compensi riscossi per le collaborazioni, siano esse semplici post, o partecipazioni a vere e proprio campagne, oppure ancora co-branding di prodotto.
Un recente studio di Gartner indica la crescente diffusione di dichiarazioni, da parte degli utenti, di un minor utilizzo dei social media, entro il 2025, a causa dei ‘danni’ che l’AI generativa sta apportando all’esperienza dell’utente. Gartner spiega infatti che un terzo delle persone che hanno partecipato alla ricerca per questo studio dichiara di avere perso fiducia nell’utilizzo dei social media a causa dell’eccessiva presenza dell’AI, che viene sempre più largamente utilizzata per ‘gestire’ la brand perception. Questo li porta a pensare che i brand non mostrino più la vera immagine dei loro prodotti, ma riescano a personalizzarle in funzione dei diversi interlocutori. Altri motivi per cui gli utenti indicato questa intenzione, di rarefare o chiudere la loro presenza sulla piattaforme, sono l‘uso di bot sui social media e la diffusione di disinformazione e di tossicità da parte dell’AI sulle medesime piattaforme.
A questo riguardo, va comunque detto che tutti gli intervistati da Gartner risiedono negli Stati Uniti, per cui la loro opinione, e le conseguenze che l’istituto ne trae, sono strettamente geolocalizzate; tuttavia l’esperienza insegna che i trend nati negli USA arrivano in tempi brevi anche in Europa. I numeri, d’altro canto sono molto significativi: la preoccupazione per l’impatto dell’uso della GenAI nei social media è decisamente elevata. Oltre 7 consumatori su 10 concordano sul fatto che una maggiore integrazione dell’Artificial Intelligence danneggerà l’esperienza degli utenti nel mondo social. Questo dato va vieppiù validato quando gli stessi utenti intervistati rilevano, per oltre il 50%, che lo stato attuale dei social media è peggiorato rispetto all’anno scorso o a cinque anni fa (i due termini di paragone sottoposti).
I social media rimangono un canale di investimento pubblicitario tra i principali per il marketing digitale, ma i consumatori stanno attivamente cercando di limitarne l’uso: una fetta significativa dichiara che, rispetto a qualche anno fa, sta condividendo meno la propria vita e i propri contenuti. Man mano che la natura dell’uso dei social media e l’esperienza delle piattaforme cambiano, anche i Chief Marketing Officer devono riorientare le loro strategie di acquisizione dei clienti e di fidelizzazione come risposta a questa trasformazione. Una trasformazione che paradossalmente vede protagonista l’AI, che aiuta molto nella pianificazione delle strategie di marketing, ma che determina una ‘negative experience’ capace di allontanare gli utenti dalle piattaforme. Cresce il numero di chi afferma inoltre che la percezione che l’IA sia migliore degli esseri umani stia diventando ‘obsoleta‘.
Per questo motivo molti consumatori sono alla ricerca di prodotti ‘non basati sull’IA’. Una repulsione crescente, nei confronti dell’AI, che contrasta con gli investimenti elargiti per suo sviluppo che hanno portato Microsoft a soppiantare Apple a Wall Street come l’azienda con la capitalizzazione maggiore, indice di una potenziale ‘separazione’ tra ciò che è umano, come i social, ed è destinato a restarlo, e invece quelle attività che trarranno beneficio dell’intervento dell’AI.
Per lo meno fino alla prossima rivoluzione nella percezione comune…