“L’eCommerce è un settore che da 17 anni cresce a doppia cifra, tranne anni eccezionale come quelli della pandemia, ma i retailer italiani si trovano sempre più schiacciati tra i brand e i produttori, da un lato, e i grandi marketplace internazionali come Amazon o Zalando dall’altro”. Così Davide Casaleggio, CEO & Partner Casaleggio Associati all’apertura, questa mattina, della 23esima edizione di Forum Retail, evento organizzato da IKN Italy, parlando di come l’AI impatti sull’utilizzo dell’eCommerce e sulle prospettive del comparto per il 2024. “Tranne settori blindati, quali le farmacie, si nota che, nelle classifiche europee e mondiali, gli eCommerce di retailer nazionali brillino per la loro assenza, sia in settori dove la marginalità è elevata, come il beauty, sia in quelli dove i profitti si fanno sui volumi, quale il turismo.
“D’altra parte”, prosegue Casaleggio, “non vi è altra soluzione, stante le situazione, per i retailer eCommerce di abbracciare la via che li trasformerà in marketplace, dove far valere il ‘plus’ dell’italianità, che – nonostante tutto – rimane un forte elemento caratterizzante. Questo è un momento favorevole per un simile cambiamento, perché a livello di strategia sta iniziando a vedersi la trasformazione indotta dall’AI: ma la finestra di opportunità sarà tutto sommato breve. La maggioranza degli intervistati prevede di avere a disposizione tre anni, ma oltre un terzo dei rispondenti indica che ci sarà un anno al massimo a disposizione con la trasformazione che si chiuderà entro la prossima estate”.
“Ultimo elemento da prendere in considerazione”, conclude Casaleggio, “è l’ibridazione tra smart speaker, che stanno diventando sempre più pervasivi, l’AI e l’eCommerce: il punto di arrivo, facilmente immaginabile, è quello di avere a portata di mano, sempre, un device in grado di intuire l’oggetto di un bisogno prima ancora che questo bisogno si manifesti, e acquistarlo direttamente online sul sito più conveniente per un recapito seamless a domicilio o al lavoro”.
Stefano Cini, Head of Consumer Analytics & GeoMktg NielsenIQ, di seguito, tratta l’interessante tema della Retail consumerization, da big data a smart data per la valorizzazione della micro-territorialità, e l’impatto dell’inflazione su un comparto per cui è stata una ‘scoperta’ nuova, dopo tanti anni di incremento dei prezzi a tasso zero o quasi. “Le famiglie stanno rivedendo in fretta le loro abitudini di consumo”, sottolinea, “per adeguarsi alla nuova situazione che conta il 37% di nuclei familiari che sente direttamente gli effetti della crisi, evidenziata da un calo del potere d’acquisto del 16% tra il 2021 e il 2023”. “Il 65% delle categorie è in contrazione”, aggiunge Cini, “benché tengano ancora duro quegli spazi legati più alla gratificazione personale, quale il gourmet e il salutistico”.
“Il punto”, prosegue, “si può riassumere in una frase iconica ‘così vicini, così lontani’: non è più possibile raccontare la crisi attuale con i modelli del passato, le aree geografiche, i formati della distribuzione: il centro di Roma è più vicino, per abitudini di consumo e di spesa, al centro di Napoli o di Milano, di quanto lo sia a quartieri periferici come Tor Bellamonaca: per l’alimentare, ad esempio, i quartieri ‘affluenti’ di Milano sono 61 punti percentuali superiori alla media nazionale, pari a 100, mentre altri spazi, quali San Siro o Quarto Oggiaro, stentano ad arrivare all’80%. Appare chiaro quindi che una distribuzione ‘a macchia di leopardo’ può rappresentare meglio la realtà attuale e deve essere la base di qualsiasi ulteriore analisi”.
Aumento dei prezzi e fenomeni inflazionistici sono al centro anche dell’intervento di Silvia Usberti, Quantitative Research Lead Toluna Corporate, che presenta i dati più aggiornati su come l’inflazione incida sulla Life Satisfaction e sul Sentiment di acquisto degli italiani e a livello global. “Nel raffronto internazionale”, premette, “l’Italia si caratterizza per un deciso pessimismo a livello internazionale: solo il 28% dei connazionali si mostra ottimista sul futuro, contro un 32% a livello Europeo e addirittura un 63% americano. In questi valori l’influenza europea è determinante, con 39% dell’Asia Pacifica e il 57% degli abitanti delle Americhe che ritengono che loro situazione finanziaria personale migliorerà nei prossimi tre mesi, rispetto al misero 19% degli Europei, di cui l’Italia è portabandiera quanto a pessimismo. Non è per caso che il 73% dei connazionali denunci l’impatto della crisi sui suoi piani di spesa, e 63% rinvii le proprie spese più significative a quando la situazione sarà più stabile”.