Per le imprese, le skills più introvabili riguardano le aree della cybersecurity, dello sviluppo software e programmazione e, in misura leggermente inferiore, dal settore dell’intelligenza artificiale. Fanno seguito sviluppo mobile, blockchain, IoT e Realtà Aumentata. Ad attestarlo l’ultima survey di TimeFlow, la startup fondata da Lorenzo Danese insieme a Federico Patrioli, Gianmarco Ferrante e Iacopo Albanese, che agevola le aziende nella ricerca dei più eccellenti e affidabili talenti Tech e Fornitori IT a livello internazionale per lo sviluppo del proprio progetto.
Per quanto evidente sia il disallineamento tra domanda e offerta, con una netta preminenza della prima rispetto alla seconda, solo il 28% dei rispondenti ritiene che tale skills gap sia negativo, evidenziando come la scarsità di offerta incrementi la probabilità che le aziende si riferiscano a fornitori all’estero. Diversamente il 72% ritiene che una scarsa concorrenza sia un fattore di mercato positivo, in quanto accresce la probabilità di ricevere un lavoro.
Nello specifico, il primo 28% risulta principalmente concentrato nella fascia delle imprese medie (11-50 dipendenti) e, in misura inferiore, grandi. Questo mediamente effettua investimenti in marketing, di cui quasi il 50% investe tra i 10.000 e i 50.000 € all’anno.
Il secondo 72% dei rispondenti, invece, si concentra soprattutto in aziende di piccole dimensioni (1-10 dipendenti) e, in misura nettamente inferiore, medie (11-50). Del totale, il 40% effettua fino a 10.000 € di investimenti in marketing all’anno, mentre il 20% non ne effettua proprio.
Come si può comprendere, quindi, sono soprattutto le aziende di più piccole dimensioni e meno propense a fare investimenti in marketing a ritenere che il forte disallineamento tra domanda e offerta sia positivo. Diversamente, le imprese di maggiori dimensioni, con un’ottica più ampia e orientata al business, disposte a fare investimenti di marketing, sono quelle che non sono intimorite dall’aumento della concorrenza e vedono delle criticità nella situazione attuale.
Python, React JS e Jackrabbit, le hard skills introvabili per le imprese a caccia di sviluppatori Software
Per chi ha necessità di trovare un Software Developer da affiancare al proprio team interno, normalmente le competenze più difficilmente trovabili sul mercato sono: Python per il 60%, React JS per il 20% e Jackrabbit per l’ultimo 20%.
Le difficoltà più sentite? Al primo posto non ricevere CV in linea con le competenze richieste, a cui fa seguito il disallineamento di RAL tra quella offerta e quella richiesta dai Developer. Nello specifico tali esigenze sono principalmente sentite da aziende medio-piccole (1-10 e 11-50 dipendenti) e in misura minore dalle altre.
Durante il processo di selezione, i rispondenti dichiarano di valutare positivamente le seguenti Soft Skills: teamwork per il 33%, seguito da puntualità e organizzazione del tempo per il 22%; a pari merito con l’11% attenzione al dettaglio, comunicazione efficace, problem solving e rapidità di apprendimento.
Costi di sviluppo elevati, mercato complesso e mismatch tra domanda ed offerta di lavoro: le problematiche del mercato IT
Per la maggior parte degli intervistati le problematiche più diffuse riguardano i costi di sviluppo troppo elevati e l’estrema complessità del mercato per la maggior parte delle persone. Infine, in Italia è molto sentita la difficoltà nel trovare elevate competenze all’avanguardia, a causa sia dei rapidi avanzamenti tecnologici, sia della scarsità di offerta in determinati settori.
A livello di strategie da adottare per superare tali criticità, invece, i rispondenti prendono posizioni differenti: il 33% ritiene si debba prevedere una maggiore standardizzazione, scalabilità e flessibilità dei sistemi e si debba investire nella formazione. Il 22% pensa che la strategia da adottare sia facilitare l’accesso a mercati esteri in cui sono disponibili competenze tecnologiche a prezzi più competitivi. L’11%, invece, vorrebbe automatizzare il più possibile il processo di selezione e ingaggio.
7 profili tech su 10 sono soddisfatti. Ma quasi il 30% lamenta ritmi di lavoro intensi
Secondo la survey, si può considerare che il livello medio di soddisfazione dei profili tech è particolarmente alto. In effetti, ben il 72% dei rispondenti ha attribuito un punteggio tra 8 a 10 al proprio lavoro, considerando di esso tutti gli aspetti: dai ritmi di lavoro, al work-life balance, fino al salario. Tuttavia, il 28% rimanente ha espresso valutazioni inferiori o anche particolarmente negative, lamentando principalmente di avere ritmi di lavoro estremamente intensi. Spesso questo si verifica per profili tech che operano in aziende di grandi dimensioni – e, quindi, nelle quali è verosimile che i volumi siano molto elevati – e che per il 75% ha competenze relative alla cybersecurity, oltre al puro sviluppo software e programmazione.
Ciò che verrebbe cambiato, quindi, non ha a che vedere con l’aspetto salariale o contrattuale della propria posizione lavorativa – elementi che molto probabilmente sono positivamente influenzati dalla scarsità di offerta rispetto alla domanda.
Diversamente, invece, il dito viene puntato verso aspetti qualitativi e soprattutto verso i ritmi così tanto intensi da influire negativamente sulla qualità complessiva della vita, sulla produttività e sulla concentrazione.
“Attraverso la nostra indagine, scopriamo che la carenza di professionisti specializzati – in settori come la cybersecurity, lo sviluppo software e l’intelligenza artificiale e non solo – è una sfida con cui molte aziende si confrontano”, afferma nella nota Lorenzo Danese, CEO di TimeFlow. “Tuttavia, vediamo in questa disparità un’opportunità di mercato, poiché spinge le imprese a cercare fornitori di competenze tecnologiche sul mercato nazionale e internazionale attraverso nuovi canali. TimeFlow supporta le aziende nella ricerca di Partner tecnologici eccellenti e affidabili, eliminando le barriere linguistiche e culturali e consentendo loro di navigare con successo nel complesso panorama del mercato IT. La nostra mission è creare un futuro in grado di colmare il divario tra domanda e offerta di competenze IT, superando le sfide del mismatch e portando innovazione migliorando contestualmente la qualità di vita dei professionisti del settore”.