Google, in collaborazione con OBE (Osservatorio Branded Entertainment) e UPA (Utenti Pubblicità Associati), ha commissionato a BVA-Doxa una ricerca qualitativa finalizzata a comprendere il modo in cui il branded entertainment viene percepito e sviluppato dalle aziende
L’indagine è stata condotta attraverso 25 interviste qualitative a esperti con ruoli di primo piano in ambito comunicazione digitale, advertising e marketing in aziende italiane e multinazionali. A ciascuno di loro è stato chiesto cos’è il Branded Entertainment, come viene sviluppato nella propria azienda e quali campagne reputano essere più o meno efficaci.
Le aziende intervistate concordano sul branded entertainment come capace di creare un efficace collegamento tra i valori e il brand che se ne fa portavoce, attraverso uno storytelling che può svilupparsi in modo più libero: emozionando, coinvolgendo e spingendo il pubblico a ricercarlo.
Un concetto che viene associato spesso e in modo automatico al digitale, visto come territorio in cui il brand entertainment può esprimersi al massimo del proprio potenziale. Secondo gli intervistati, infatti, il branded entertainment digitale porta un ulteriore valore aggiunto grazie alla sua capacità di amplificare il coinvolgimento interattivo del target e aumenta la rilevanza del messaggio di cui il marchio si fa portavoce grazie al brand advocacy attraverso gli influencer. Inoltre, il digitale permette una gestione del canale e una autonomia nella produzione che altri mezzi non danno e, non ultimo, permette di raggiungere il target giusto al momento giusto con il messaggio giusto attraverso una personalizzazione profonda. Con il digitale è anche possibile abbreviare il customer journey, grazie all’interazione immediata che con un solo click permette di scoprire brand o più servizi.
“Il branded entertainment sul digitale è uno strumento relativamente nuovo, ma ha mostrato subito le sue potenzialità”, dichiara nella nota Francesca Mortari, Director YouTube per il Sud Europa. “Lo vediamo ogni giorno su YouTube: un brand che si racconta, che ‘parla’ con il consumatore invece di ‘vendere’ qualcosa, va ben oltre la sponsorizzazione tattica, perché incontra il proprio pubblico su un terreno di valori condivisi. In virtù della centralità del digitale quando si parla di brand entertainment, diventa fondamentale esaminare come le aziende si rapportano con questo strumento, per comprendere come lavorare al meglio insieme a tutti gli attori che ruotano intorno alla filiera e fissare punti fermi e modelli di collaborazione che siano utili ad accelerare l’implementazione sul digitale”.
Ma ha ancora senso parlare di canali tradizionali o digitali? Dall’indagine condotta da BVA-Doxa emerge come a divisione tra canali tradizionali e digitali appare ormai artificiosa, e il confine tra i due è sempre più labile. Da un lato la TV, diventando smart e connessa, diventa una canale di assoluta rilevanza per il branded entertainment digitale. Dall’altra la contaminazione delle audience fra YouTube e la TV è sempre più accentuata. Lavorare sulla sinergia dei due mezzi diventa quindi una strategia vincente per il futuro.
Le aree di miglioramento
D’altra parte, il branded entertainment digitale presenta ancora delle aree di miglioramento. Una di queste è più un mito da sfatare: nel percepito delle aziende, infatti, c’è il timore che un progetto di branded entertainment digitale possa avere ancora difficoltà nel raggiungere la platea trasversale normalmente raggiunta attraverso mezzi tradizionali e generalisti. Ancora, il sovraffollamento di contenuti: il branded entertainment digitale va fortemente sostenuto per renderlo visibile. E poi la misurazione: mancano ancora metriche del tutto affidabili, approfondite, qualitative e native digitali.
Un altro punto cruciale indagato dalla ricerca riguarda l’impostazione strategica e i ruoli dei diversi attori impegnati alla creazione e allo sviluppo del branded entertainment. Ne emerge che non esistono ancora degli iter ben delineati e che le aziende non hanno al loro interno skill specifiche, team specializzati e budget dedicati per pianificare e sviluppare contenuti di branded entertainment.
Alberto Vivaldelli, Responsabile Digital UPA e Direttore UPA Academy, commenta: “Il branded entertainment digitale pone una sfida organizzativa non banale sia all’esterno che all’interno delle aziende. Richiede infatti per sua natura competenze creative, strategiche, produttive, distributive, media che solitamente sono prerogativa specifica di soggetti diversi della filiera pubblicitaria – agenzie creative o media, editori, concessionarie, case di produzione, piattaforme – che in quest’ambito devono saper collaborare con gerarchie variabili da progetto a progetto. Nelle aziende ancora oggi spesso il branded entertainment digitale non ha referenti specifici e viene attivato tatticamente da diversi interlocutori a seconda degli obiettivi. Trovare i giusti “incastri” organizzativi sarà sempre di più un’importante fonte di vantaggio competitivo per i brand”.
Aggiunge Anna Vitiello, Direttore Scientifico OBE e Direttore OBE Academy: “Le tipologie di video digitali sono tante, diverse tra loro: cortometraggi, web series, comedy sketch, social experiments. E ciascuna ha le sue regole di narrazione e di realizzazione. L’audience è oggi decisamente più evoluta e molto più sensibile a tutti gli aspetti di una produzione video. Se parliamo di short film, ad esempio, la costruzione della storia è sempre più rilevante, così come il crafting. Ma questi due elementi non sono sufficienti, se il video non riesce a generare stati d’animo forti: può far ridere, commuovere, sorprendere, non importa: deve emozionare. Ricorrere a nomi importanti, che si tratti di registi o sceneggiatori, di attori o di creator, non è una condizione sufficiente. Il punto non è se utilizzarli, ma come farlo”.
Uno sguardo al futuro
Per i prossimi 5 anni le aziende si aspettano che la consapevolezza e la conoscenza dei canali digitali da parte degli attori esterni all’azienda aumentino sempre più, contestualmente all’aumento del numero di piattaforme digitali a disposizione. Inoltre, le imprese si attendono un’evoluzione dei canali tradizionali in ottica on-demand e interattiva.
Sempre secondo gli intervistati, questo incremento delle piattaforme digitali e l’evoluzione dei canali tradizionali porterà ad un uso sempre più trasversale ed integrato delle piattaforme creando fenomeni di multicanalità con continui rimandi e amplificazione reciproca tra canali.