Con la tecnolgia Epson, gli scatti della mostra ‘Lee Jeffries. Portraits’ raccontano il mondo degli invisibili

Museo Diocesano di Milano
Uno dei ritratti di Lee Jeffries (lee-jeffries.co.uk) mentre viene stampato per la mostra 'Lee Jeffries. Portraits'

Sono circa cinquanta gli scatti realizzati dal fotografo inglese che con i suoi ritratti racconta i volti e le vite degli emarginati, in particolare gli homeless che popolano le metropoli dell’Europa e degli Stati Uniti.

Le 45 fotografie di Lee Jeffries in mostra (di cui 27 in bianco e nero) hanno formati che spaziano dal 30×30 al 100×100 cm e attraverso la stampa restituiscono una realtà di grande verità, a volte cruda a volte colma di tenerezza.

Classe 1971, Lee Jeffries è un fotografo inglese autodidatta che inizia la sua carriera quasi per caso, quando nel giorno che precedeva la maratona di Londra del 2008 scatta una fotografia a una giovane ragazza senzatetto. Rimproverato per averlo fatto senza autorizzazione, Jeffries si fermò a parlare con lei e stabilì un contatto che è andato al di là della semplice curiosità per scavare nel profondo dell’animo della persona che aveva di fronte. Da allora inizia a documentare le vite degli homeless delle grandi metropoli del mondo: con i suoi scatti, intende far emergere queste persone dal buio in cui sono recluse ridando loro luce e diginità. La sua cifra stilistica più caratteristica è il ritratto; il suo stile è caratterizzato da inquadrature in primo piano fortemente contrastate e da interazioni molto ravvicinate con i soggetti, dei quali riesce a far emergere i volti nella loro straordinaria potenza espressiva.