Interviste

Si fa presto a dire Love, meno a farlo. Il senso del nuovo posizionamento YAM112003

Certo, da sempre i brand cercano di accoppiare il loro nome all'amore, così come di diventare brand amati. Ma qui ‘Make love no ads’ è una vera e propria call to action per clienti e agenzia. Una responsabilità, prendendo posizione nei confronti del mercato

Ne parliamo con Fabio Pedroni, Executive Creative Director, Denis Rizzoli, Creative Director, e Valentina Vicini, Creative Director, YAM112003.

LinkedIn hacking

L’idea è nata per comunicare il nuovo posizionamento all’industry, in pratica ogni dipendente YAM112003 ha comunicato il suo cambio di lavoro mettendo ‘Love’ nella qualifica. Il risultato è stato super performante, con feedback sia dalla comunità dei creativi che dai clienti.  Con ben 60 mila contatti, non male considerando che la nostra industry vanta più o meno 200 mila persone in tutta Italia.

Make love, not ads

Un processo che ha voluto quasi due anni di lavoro. Sfruttando l’occasione del ventesimo anniversario YAM, ci si è interrogati su cosa rendesse unica questa agenzia. Soprattutto la relazione duratura e di fiducia con i clienti e la capacità di creatività umane, calde e a impatto fortemente emotivo, il tutto in un ambiente in cui è bello lavorare, in cui tutte le persone si sentono accolte in uno spazio davvero inclusivo. Queste caratteristiche stanno perfettamente sotto l’etichetta del love. Si è poi applicato il meccanismo retorico della contrapposizione, andando a contrapporre il love all’ads. Una sorta di presa di posizione nei confronti del mercato, una call to action ai clienti e a noi stessi. Questo nuovo posizionamento restituisce un valore alto, perché non si tratta di regole che uniscono gli stessi team d’agenzia dal basso, qui è visione condivisa. Il Love diventa mantra anche in termini di crafting e di output da garantire ai clienti, perché una cosa è fare le cose per bene, un’altra è farle con amore. Un posizionamento che implica anche responsabilità. La prima, di non essere superficiali, obbligando in termini creativi a scavare dentro gli insight, alla ricerca di quelle che sono veramente le leve profonde che muovono gli esseri umani e orientano le scelte. La seconda, un po’ figlia dei tempi non particolarmente positivi che stiamo vivendo, è la volontà di trovare insight positivi e costruttivi, che includano e non escludano, che diano un valore anche culturale a quello che si crea.

Ma il mercato ha abbastanza coraggio per fare l’amore?

“Secondo noi il mercato in senso assoluto non esiste. Ci piace lavorare con le persone, quindi pensare ai brand, ai nostri clienti in modo personale, perché ognuno di loro ha un bisogno, una storia, un obiettivo da raggiungere e lo affrontiamo ogni volta in modo diverso. Innamorarsi è facile, ma continuare a scegliersi giorno dopo giorno, affrontare sfide e festeggiando i successi insieme è tutta un’altra storia”

Emozioni e AI vanno d’accordo?

“Crediamo che la dicotomia tra emozione e intelligenza artificiale sia falsa, nel senso che l’AI è uno strumento sempre più centrale nel nostro lavoro e nel nostro mercato e che tutti  utilizziamo su base quotidiana, ma per fare veramente la differenza c’è bisogno di grande sensibilità, c’è bisogno di mestiere. L’emozione è fondamentale per prompt corretti e corrette valutazioni dell’output. Le emozioni rimarranno sempre la grammatica di ogni grande idea”.