Youmark

Women in adv direction: non sono tante. Ma ce ne sono. Significa che è un mestiere che sta alle donne a meraviglia. Forse conoscerle servirà a viralizzare il mercato, perché diventino tantissime, in nome di visioni molteplici, che poi è valore. Vi presentiamo Veronica Ciceri, Direttore Creativo Associato AKQA

L’idea è venuta a Valentina Amenta, direttore creativo FCB Milan, o meglio, è stato grazie a lei che questo giro di microfoni è nato, alla ricerca di direttori creativi donna. Perché, diciamolo, era da tempo che youmark ci pensava, ma non sempre siete così palesi. E’ vero siete poche, ma in più, e qui magari un mea culpa va fatto, ve ne state un po’ in disparte. Non che le luci della ribalta siano sinonimo di valore, ma se non comunicate, il rischio è il calzolaio dalle scarpe rotte. Invece c’è bisogno di conoscervi. Dovete fare squadra, in nome di una professione e di un mercato che senza il vostro sguardo avrebbero molto da perdere. Tornado a Valentina, quindi, grazie per averci supportato nel segnalarci i vostri nomi e ne definire con noi delle domande che vogliamo porre a ognuna, intervista dopo intervista, sino a conoscervi tutte.

Vi presentiamo Veronica Ciceri, Direttore Creativo Associato AKQA.

Perché i direttori creativi donna sono in minoranza, in Italia e nel mondo?

“’You can’t be what you can’t see’. Penso che ci siano molti motivi alla base di questo dato, ma questo è sicuramente uno dei principali. Fino a qualche anno fa non c’erano molti modelli femminili da seguire: le donne che riuscivano a diventare direttori creativi in agenzia si contavano sulle dita di una mano. Io nella mia carriera ho avuto la fortuna di lavorare con alcune di queste, come Serena Di Bruno, Federica Ariagno, Chiara Monticelli. È grazie alla loro ispirazione che ho raggiunto questo obiettivo.

Oggi fortunatamente vedo sempre più donne a cui viene assegnata la direzione creativa e credo che sia un bel segnale di cambiamento. Noto questo cambio di mentalità anche nelle nuove generazioni: insegno allo Ied da qualche anno e sempre più ragazze si interessano e appassionano all’art direction, portando una visione fresca e una nuova sensibilità a un settore che è stato appannaggio maschile per troppo tempo”.

Però questa è una industry ricca di donne, cosa manca per permettere loro di fare carriera, cosa vorresti cambiasse?


“Manca il ‘crederci abbastanza’. Quando è così penso che la determinazione femminile possa arrivare ovunque, forse perché siamo da sempre state abituate a partire svantaggiate e questo in qualche modo ci ha reso più forti, testarde, coraggiose. Abbiamo una sana voglia di rivalsa.

Ma c’è una cosa in particolare che vorrei che cambiasse: che non ci fosse più bisogno di parlare di ‘quote rosa’ nelle agenzie e nelle giurie dei premi. Vorrei che si arrivasse al punto in cui venisse riconosciuto il potere delle donne. Perché quando questo accade, tutti gli altri problemi che sembrano irrisolvibili svaniscono. La diversità porta armonia e l’armonia crea equilibrio, in diversi campi (natura, società, cultura, politica, scienza). I numeri parlano chiaro: laddove sono state inserite delle donne nelle posizioni di potere, c’è stato un riequilibrio e le aziende sono migliorate”.

Nella tua storia personale, qual è la difficoltà maggiore che hai trovato e a chi o a cosa dai invece il merito per avercela fatta.

“La difficoltà maggiore credo sia un’insicurezza che a volte mi porta ad auto-censurarmi, a contare fino a 10 prima di intervenire in una riunione o in un dibattito, a sentirmi sciocca nel fare una domanda che poi invece si rivela pertinente. Sono molto severa con me stessa e questo spesso non mi ha aiutato.

Ma, ironia della sorte, è proprio questo aspetto del mio carattere a cui do anche il merito per avere raggiunto certi traguardi. È da questa insicurezza che scaturisce poi una certa ambizione, un desiderio di rivincita, una spinta interiore costante senza la quale non avrei avuto il coraggio di compiere alcune scelte.

In ogni caso, credo che questa sia una domanda complicata, perché penso di non aver affrontato ancora una delle sfide più grandi per una donna: la maternità. I ritmi in agenzia sono impegnativi e per mantenere alta la qualità dei lavori bisogna dedicargli per forza molte energie. Far coincidere tutto questo con il fatto di essere una mamma non deve essere affatto facile. Ed è proprio mia mamma che vorrei ringraziare per essere arrivata fino a qua. È da lei che ho preso la determinazione che mi ha permesso di diventare quello che sono, di trovare un lavoro che amo e che mi ispira ogni giorno. Credo sia proprio quando la parola ‘Care’ diventa più importante della parola ‘Career’ che la seconda acquista tutt’un altro significato. Anzi, quasi potrei affermare di non aver lavorato un singolo giorno.

Vorrei infine prendermi un attimo per ringraziare AKQA. Ricordo ancora di essermi soffermata a leggere, il mio primo giorno di lavoro, una scritta all’entrata dell’agenzia: The Future, Faster. E ho pensato che con il mio ingresso un altro aggettivo bellissimo, che inizia con F, si aggiungeva alla lista: Female”.

La campagna di cui sei più orgogliosa e quella che ti piacerebbe aver firmato

“La campagna di cui sono più orgogliosa è quella che mi sono divertita di più a fare: il film di animazione per Cabrioni Biscotti. Credo che il divertimento e la leggerezza siano tra gli ingredienti più importanti del nostro lavoro, non possono mancare nel processo creativo, così come l’empatia che ci lega ai clienti, alle persone e alle cose.

Invece mi piacerebbe aver firmato, giusto per restare in tema, la campagna ‘Like a girl’. Mi rivedo tantissimo in quelle bambine ribelli e penso che sia uno di pochi lavori ad uscire dal significato stesso di pubblicità, diventando fenomeno culturale”.

Prossime sfide

“Ne ho tre.
 La sfida del momento ‘da creativa’ penso sia quella di avere il coraggio di ideare campagne disruptive, che abbiano come obiettivo principale quello di risolvere i problemi, che si traducano quindi in soluzioni concrete creando valore per l’intera società. Viviamo in un momento storico molto particolare (basti pensare alla crisi climatica) e credo ci sia proprio bisogno di un tipo di pensiero diverso.

La sfida del momento ‘da donna’ invece è avere il coraggio di farsi avanti e assumersi qualche rischio, perché come dice una donna straordinaria, Alexandria Ocasio-Cortez:

‘So take up space. Speak up. Hold the door open and take others with you. Accept that you will be criticized no matter what – that is the price of fighting for change and innovation. I consider constructive criticism a blueprint for improvement and a medicine for ego’”.

La sfida del momento ‘personale’ è invece quella di conciliare la pubblicità con una mia grande passione, lo yoga. Sto infatti concludendo il mio percorso per diventare insegnante, ma questa è un’altra storia”.

Related articles