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Un 2026 di scintille. Fare gli auguri non è banale. È un esercizio di sintesi

Di visione, quasi di responsabilità. Perché augurare ‘buon anno’ significa, in fondo, riconoscere che qualcosa si chiude e qualcosa si apre, anche se sappiamo bene che il tempo non procede per censure ma per continuità, dove ogni scelta prepara la successiva

Eppure fermarsi, guardare indietro e soprattutto avanti, è illuminante. Per questo, ai nostri lettori, vogliamo augurare un 2026 di ‘Scintille’, che è di certo auspicio di 12 mesi sfavillanti, così come un rimando alle cene glitter che titolano le nostre serate di festa, ma anche eco al documentario prodotto dall’Adci per festeggiare i suoi 40 anni.

Ci ha colpito il suo presupposto: non guardare dentro, ma fuori. Non confinarsi a passato e presente, ma allargare a una visione per il futuro, connettendosi con creatività diverse, che nel fare sistema possono diventare inestimabile ricchezza. Un’intenzione che ha trovato una curiosa e significativa coincidenza temporale. A pochi giorni dalla presentazione di Scintille, venerdì 19 dicembre all’Anteo, il Corriere Milano ha pubblicato un articolo che non si vedeva da tempo su un quotidiano blasonato, un confronto sul posizionamento di Milano in slogan ascoltando finalmente l’opinione dei pubblicitari.

Si sono espressi Giampietro Vigorelli, Daniele Cobianchi, Davide Boscacci, Stefania Siani, Giuseppe Mastromatteo Mastromatteo, Roberto Bernocchi, Antonio Fatini, Piero Lo Faro e quando i temi della comunicazione escono dal perimetro degli addetti ai lavori e arrivano alla gente succede qualcosa di prezioso. Il racconto si eleva, diventa più leggibile, culturale, entra nella vita delle persone, nelle tematiche che interessano. Significa dimostrare che si può fare la differenza, che si ha un potenziale da mettere a sistema anche pro collettività, città, paese. Il tutto con ricadute pure per il business. Anche perché, come dimostra il Global Intangible Finance Tracker di Brand Finance, i valori intangibili, che spesso sfuggono ai bilanci, sono driver di crescita per le imprese. Per questo non possiamo che salutare con favore una direzione che sembra finalmente chiara: la creatività vuole essere motore di valore, nella sua capacità di dialogare e interagire con la tecnologia senza esserne subordinata, così come con l’universo che la circonda.

Proprio per questo, leggendo l’articolo del Corriere Milano, ci resta un piccolo rammarico: con coraggio creativo, si sarebbe potuto fare di più. Insomma, gli slogan proposti potevano avere maggiore incisività identificando le capacità di un’industry che deve tornare ad alzare la testa. Quello che ci è piaciuto di più? Mi is Me, di Antonio Fatini.

E visto che solo complimenti creano ‘promozione’, invece l’intento sarebbe quello di fare opinione, torniamo anche a Scintille. Lo abbiamo già detto. Un lavoro strategico, lungimirante, nel suo evitare il cannibalismo per aprirsi al mondo. Ha detto bene Pasquale Barbella in uno dei suoi interventi nel documentario, “facciamo un lavoro modesto, ma se ognuno lo facesse con piglio autoriale, il risultato sarebbe diverso”.

Quindi l’invito per il 2026 è che ognuno torni a essere più autore, se non per risultati immediati per soddisfazione e realizzazione personale, che nel lungo portano sempre a vantaggi tangibili. Noi ce la metteremo tutta per farlo. L’augurio è di essere in molti a sposare la scelta. Che poi si riconduce al senso di fare le cose per bene. Accettate allora anche questa critica. Un progetto come Scintille che parla di creatività, valore e visione aveva bisogno di essere comunicato con la stessa cura. Dare accesso, creare occasioni di confronto, rendere chiaro dove e quando il documentario sarà fruibile non sono dettagli. Sono parte del messaggio e del progetto. Lo diciamo con spirito costruttivo, perché oggi si stanno muovendo pedine importanti, sarebbe un peccato trasformare grandi intuizioni in piccoli autogol. A cosa ci riferiamo? Alla presentazione del documentario, dove era vietato riprendere, non c’è stato un momento dedicato alle domande della stampa e non si è capito che fine farà Scintille. Insomma, è come presentare una grande campagna nazionale quando il brand non è ancora in distribuzione.

Detto ciò, concludiamo tornando all’inizio. Che sia per tutti un anno pieno di scintille: di idee, di confronto, di intersezioni, interazioni, di senso critico e di visione. Dal canto nostro, ci auguriamo che continuiate a seguirci apprezzando il nostro lavoro e restituendoci non solo consenso, ma anche osservazioni, dubbi, suggerimenti, stimoli e pure critiche. Sono loro ad insegnare a fare meglio ed è così che una comunità cresce e costruisce rilevanza.

Buon 2026.