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Trailers FilmFest, un viaggio nella storia della creatività con The Battle Of Creativity

Ne format ADCI quattro creativi raccontano sé stessi attraverso progetti iconici di altri. Francesco Marchetti ha vinto la competizione, mentre i partecipanti hanno esplorato storie memorabili di cinema, marketing e pubblicità, dai classici cult agli spot virali
Mauro Mancini, Francesco Marchetti, Roberto Recchioni, Lorenzo Terragna

Metti una sera al Cinema The Space Moderno di Piazza della Repubblica, a Roma, dove è andata in scena la serata finale della XXIII edizione del Trailers FilmFest. Pensi di andare ad assistere a una premiazione e invece ti trovi ad una grande serata di intrattenimento. Venerdì sera, accanto alla passerella dei vincitori, è andata in scena anche la Battle of Creativity, un format dell’ADCI, Art Directors Club Italiano, in cui quattro creativi devono parlare di sé usando però dei progetti di altri grandi. La battaglia è stata vinta da Francesco Marchetti, Fondatore e Direttore Strategico di AKA-LAB e Curatore Cinema e TV del Napoli Comicon. Gli altri concorrenti erano il regista Mauro Mancini (Mani nude), lo sceneggiatore e fumettista Roberto Recchioni e Lorenzo Terragna, Founder&Creative Director di The Teachers. I quattro hanno dovuto rispondere a quattro domande. E ci hanno trascinato in un viaggio nella storia della creatività.

Qual è la vostra icona senza tempo?

Garbo laughs, l’inizio del moderno marketing cinematografico

Francesco Marchetti ci ha riportato nel 1939, quando Greta Garbo viene chiamata a fare una commedia, Ninotchka. Per la prima volta, la star rideva sguaiatamente. E il titolo del film era impronunciabile. Per l’occasione viene coniato uno slogan storico “Garbo laughs” “Garbo ride”, che nel manifesto è più grande del titolo. E, a proposito di questo, appare la scritta: “Don’t pronounce it, see it” (“non pronunciarlo, vedilo”). È l’inizio del mondo moderno per fare marketing cinematografico.

Mr. Wolf, risolvo problemi

Mauro Mancini come icona sceglie il Mr. Wolf di Harvey Keitel in Pulp Fiction. “Sono Mr. Wolf. Risolvo problemi” è una frase entrata nel nostro tessuto comune, la usa anche chi non ha visto questo film, è stata stampata su magliette, bicchieri, targhe. Ma è usata soprattutto nei corsi di project management di economia aziendale, come esempio di problem solving rapido.

Omega Speedmaster: l’heritage di un prodotto

Roberto Recchioni ci ha portato il caso Omega Speedmaster. Un’astronauta si compra un orologio da solo, uno Speedmaster. E la nasa si chiede: se lo ha utilizzato un nostro astronauta, possiamo utilizzarlo per tutti? E diventa l’orologio degli astronauti. Durante le riprese dell’allunaggio quell’orologio si vede sempre. E in quel momento l’Omega capisce che ha fatto centro: diventa il Moon Watch. Ed ecco nascere l’heritage dell’orologio, la storia che porta con sé. Da qui il marketing capisce che un prodotto deve avere una storia.

I Levi’s 501 e Nick Kamen

Lorenzo Terragna ci ha raccontato la storia dei Levi’s 501 e dello spot con un giovane Nick Kamen. Nel 1985 la Levi’s andava malissimo, non vendeva, perché aveva i bottoni. Così nasce uno spot, una storia ambientata negli anni Cinquanta. Nick Kamen entra in una lavanderia a gettoni. E si toglie i jeans. Lui entra nella storia, e i Levi’s 501 diventano un’icona, con le vendite che crescono dell’800%. Ma aumentano anche le vendite dei boxer.

Una leggenda per caso

Cloverfield, il film senza un titolo

Francesco Marchetti ci porta il caso di Cloverfield. J.J. Abrams destruttura la comunicazione: lancia un trailer senza un titolo, un poster senza un titolo, crea un universo parallelo, lascia indizi. La Statua della Liberà distrutta, un’immagine e una data. E sposta domanda da “com’è questo film” a “cos’è questo film”. Il trailer non va on line, ma al cinema, in testa a Transformers. E la gente va a vedere quel film anche solo per vedere il trailer.

The Blair Wirch Project, un grande guerrilla marketing

Ma Cloverfield non ci sarebbe stato senza The Blair Witch Project, l’horror che nel 1999 lancia, o rilanciò, lo stile del found footage. Allora non c’erano YouTube e i social media, e quella per il film è una delle prime campagne di guerrilla marketing. Il web impazzisce perché non si capisce se quella del film è una storia vera o no. Tutto viene creato per giocare su questo aspetto, con i registi che fanno anche un volantinaggio ai festival, compreso Cannes. Il film, costato 60 mila dollari, ne incassa 250mila.

Hello Kitty, la forma diventa contenuto

Roberto Recchioni ci ha raccontato la storia Hello Kitty. Sanrio è un’azienda che ha l’idea di fare cose carine per fare pensierini, e la sua filosofia è questa ancora oggi. Chiede a dei dipendenti un’idea, e una di loro ha in mente questa bambina vestita da gatta. Oggi Hello Kitty è l’ip maggiormente sfruttata al mondo su qualsiasi prodotto.  Ed è il segno che anche una forma può diventare contenuto. Hello Kitty ha conquistato milioni di persone senza avere davvero una storia: siamo noi la sua storia, proiettiamo noi stessi nella sua.

Bud e Wassup

Terragna ci ha raccontato la storia della campagna per la birra Bud di fine anni Novanta. È quella del grido “Wassup”. Ognuno di noi ha una cosa che c’è solo nel proprio gruppo di amici e ha senso solo tra quegli amici. È un tipo di pubblicità con uno slang tipicamente americano, ma che si potrebbe localizzare. Come sarebbe a Roma?

Il fail più divertente

Wolkswagen e Greenpeace, guerre stellari!

Ci sono fallimenti che fanno la storia. Anche se partono come successi. Francesco Marchetti ci ricorda lo Spot Volskwagen, quello che vedeva in scena un bambino vestito da Darth Vader, in accordo con Lucasfilm. Lo spot è un grande successo. Ma la Volskswagen allora è sotto le mire di Greenpeace per le emissioni. Greenpeace gira un contro-spot, uno dei migliori esempi di instant marketing, ovviamente senza i diritti della Lucasfilm e a basso costo. La petizione contro la casa automobilistica raggiunge in pochi giorni mezzo milioni di firme, e la costringe a firmare un accordo.

Febbre da cavallo, da flop a top

Mauro Mancini ci ha raccontato una storia contraria, un flop che è diventato top: il film Febbre da cavallo, diretto da Steno con Gigi Proietti. È un flop colossale al botteghino, incassa solo 200 milioni in sala; viene ritirato subito e finisce nel dimenticatoio per alcuni anni. Poi cominciano a trametterlo le tv locali fino a che passa sulla tv nazionale e nel 2010 arriva a Venezia, in una rassegna curata da Marco Giusti. Oggi è un film cult.

Alba rossa, simbolo della resistenza

Così come oggi è un cult Alba rossa, il film che ci è raccontato da Roberto Recchioni. Il film di John Milius arriva in piena era Reagan, e viene definito il peggior film della storia del cinema, va male nelle sale e sparisce. Passano gli anni e il film acquista una dimensione di culto e diventa il simbolo delle popolazioni che resistono. Quando è stata invasa l’Ucraina sui carri armati c’era la scritta “wolverines”, una scritta che appare sui armati di questo film, che racconta la storia di un gruppo di liceali che si oppone all’Armata Rossa…

Cadbury: la storia deve parlare del prodotto?

Se c’è una regola, nel marketing, è che la storia deve parlare del prodotto. La storia che ci ha raccontato Lorenzo Terragna è fantastica. Lo spot del 2007 della cioccolata Cadbury mostra un Gorilla che suona la batteria sulle note di In The Air Tonight di Phil Collins. All’inizio quello spot nessuno lo capisce. Poi il gorilla esce dallo spot, finisce negli sketch dei comici, nei talk, show sui tg i social e diventa virale.

Il progetto che avresti voluto firmare

Alamo Drafthouse: guai a usare i cellulari al cinema!

Francesco Marchetti presenta lo spot di Alamo Drafthouse, un cinema d’essai americano dove non si possono usare i cellulari in sala. Un giorno arriva un messaggio in una segreteria telefonica: una donna è stata allontanata dal cinema per l’uso del suo telefono. E quel messaggio diventa lo spot del cinema.

I guerrieri della notte, come si “uccide” un attore

Mauro Mancini avrebbe voluto girare I guerrieri della notte di Walter Hill. Ma ci ha sottoposto una scena come esempio di una soluzione creativa sul set. Una scena viene inventata una notte in cui Hill non sopporta un attore e chiede allo stunt di farlo morire. Lo stunt diceva che non si poteva fare senza averlo previsto. E Hill gli dice: “uccidilo e basta”.

Shin Godzilla, contro il nucleare

Roberto Recchioni ci ha presentato un altro film Shin Godzilla del 2016. È un film in cui troviamo molto del cinema che è venuto dopo. Ma è soprattutto un film che ha affrontato come nessun altro il trauma nucleare di Fukushima.

Intel, branded content sulla “bellezza interiore”

The Beauty Inside di Intel è la case history di Terragna. È un branded content, una commedia romantica. Che qui trova l’idea perfetta: quella di un ragazzo che si sveglia e ogni giorno ha una faccia diversa, e gli va bene, fino a che non si innamora. È un modo per raccontare che l’importante è quello che abbiamo dentro (che è come per il prodotto in questione, un processore). La storia si prestava a farla interpretare da persone diverse. È diventata una perfetta campagna user generated content.

di Maurizio Ermisino