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Tra TV Lineare e OTT spunta un terzo incomodo: i social media, che dominano

Fino a pochi anni fa YouTube e Instagram erano visti dagli utenti e dagli addetti al settore come luoghi dove recuperare il meme del giorno o farsi una risata guardando un gatto che suona il pianoforte; oggi sono ‘luoghi’ in cui si cercano contenuti a cui dedicare ore del nostro tempo.
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La televisione lineare è in declino. Una rilevazione recente di eMarketer, relativa al mercato USA – all’avanguardia nei trend se si esclude la Cina – mostra in effetti che il tempo trascorso con la TV tradizionale sta diminuendo, insieme con il numero di telespettatori. Nel 2025, gli OTT in abbonamento, in incluse le formule ad-supported – supereranno la TV lineare quanto a spettatori, raggiungendo i 230,5 milioni rispetto ai 228,6 milioni di viewer tradizionali.

Non sorprende: dopotutto gli addetti ai lavori (giornalisti, medie expert, sociologi ecc) si sono chiesti a lungo che sarebbe stato il vincitore di questa competizione, una volta tolta di mezzo la ‘vecchia’ TV, tra Disney+, Netflix, Prime e i sempre più numerosi competitori che affollano l’arena. Ma, come spesso accade quando si cerca di leggere il futuro, forse era la stessa domanda iniziale ad essere sbagliata. O meglio: mal posta. È indubbio infatti che lo streaming continuerà a crescere, così come il tempo speso guardando la televisione, che sarà sempre più occupata dalle offerte degli OTT, ma un terzo incomodo sta spuntando tra i due contendenti tradizionali, sospinto dalla crescita inarrestabile di un nuovo media e dal cambiamento delle abitudini d’uso: i social media, che diventati un’alternativa possibile alla fruizione televisiva.

L’affermarsi di un nuovo media ‘sociale’

YouTube, negli USA, ha già superato la televisione lineare per numero di spettatori nel 2023 e, entro il 2025, la supereranno anche gli utenti dei social network, secondo le stime. E man mano che il numero di persone che guardano la TV diminuisce, il numero di utenti dei social network si incrementerà in pari misura. O di più. Ma c’è un altro elemento che traccia la rotta per il futuro: il comportamento della giovani leve, la GenZ e la Gen Alpha. E qui il confronto è impietoso; non c’è storia già da oggi. Secondo la ricerca di Pulse Advertising, le generazioni più giovano sono ‘intrattenute’ dai social media, in media, per un periodo oscillante tra le tre e le quattro ore ogni giorno. Sui social trovano le risposte a ogni loro necessità: informativa, scolastica, di acquisto e di divertimento. Nell’entertainment soprattutto è avvenuto il drastico passaggio da una fruizioni ‘attiva’ (guardo un video, lo condivido, lo commento con gli amici, rispondo all’autore) a una fruizioni ‘passiva’ – tranne i casi in cui si è coinvolti in un’attività di social shopping: faccio scorrere il reel infinito dei video, confidando negli algoritmi per trovare quelli più affini ai miei interessi o ai miei bisogni, mettendo a volte un like, ma sostanzialmente ‘guardando’ le produzioni dei creator come fossero un’altra TV.

Ma con una differenza che sta diventando sempre più sostanziale per le nuove generazioni. Cercare di trattenere un esponente della Gen Apha (o della GenZ) per due ore davanti a un grande schermo a guardare una partita, un film o un spettacolo è un’impresa ardua, mentre è lo stesso algoritmo di TikTok o di Instagram a ‘produrre’ l’entertainment cercato spontaneamente. I 170 milioni di persone negli USA che sono utenti di TikTok rappresentano un insieme di persone ‘catturate’ e danno vita a un’economia di qualche milione di creator che producono proprio ciò che il pubblico di TikTok vuole. Lo stesso accade, con differenze minime, qualsiasi sia il social media che si scelga di osservare. Ormai conta l’efficienza degli algoritmi, e la specializzazione per quei social media di nicchia, come Discord e Substack, per citarne solo alcuni.

La sfida degli investimenti pubblicitari

Questo pone delle sfide alla pubblicità televisiva, in quanto gli inserzionisti video cercano di di raggiungere il pubblico dei social network come passo per stabilire un relazioni durevole con i brand. Già le classifiche mettono al primo posto, per investimenti raccolti, il digitale, con in vetta i video: fino a pochi anni fa YouTube e Instagram erano visti dagli utenti e dagli addetti al settore come luoghi dove recuperare il meme del giorno o farsi una risata guardando un gatto che suona il pianoforte. Oggi invece Instagram, TikTok e YouTube sono ‘luoghi’ in cui si cercano contenuti a cui dedicare ore del nostro tempo. Lo scorso aprile un report di Accenture ha evidenziato come il 59% degli utenti intervistati considera i contenuti prodotti dagli utenti tanto divertenti quanto quelli creati dai media tradizionali. Sta scomparendo, in altre parole, la separazione tra professionisti e dilettanti: tutti creator, alla pari. Tanto più che grazie all’AI l’output sarà presto indistinguibile – per non parlare dei meta-creators, ma questo sarà oggetto di un altro approfondimento.

Piuttosto, concludendo, ci sono da notare due tendenza emergenti. La prima è la ‘concorrenza’ che i diversi social media stanno esercitando per sottrarsi a vicenda i creator più bravi e di maggior successo di pubblico. È di ieri la notizia che Instagram starebbe ‘corteggiando’ i creator di TikTok offrendo bonus in denaro che vanno da 10.000 a 50.000 dollari al mese o anche di più per realizzare Reels: ma non è certamente il solo social media a comportarsi in questo modo.

La seconda riguarda le preferenze della Gen Alpha, che paradossalmente rivaluterebbe Facebook per differenziarsi da chi l’ha preceduta. Un segno della circolarità che ha iniziato a coinvolgere anche gli utenti meno categorizzabili.

Massimo Bolchi