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Comunicare Domani, Tim Williams: ecco come uscire dalla remunerazione a ore

La subscription economy sta entrando in tutti i servizi professionali, hotel, auto, medici, avvocati, commercialisti e ora anche agenzie. Il consulente americano Tim Williams sarà a Comunicare Domani il prossimo 19 novembre. Gli abbiamo chiesto qualche anticipazione

Anche se personalmente ho sempre ritenuto il modello ‘orario’ non idoneo a remunerare i servizi d’agenzia, specialmente la consulenza strategica e la creatività, in quanto risultato di elementi che si ricollegano alla competenza e all’esperienza pregressa del professionista (come d’altronde succede per un bravo medico, avvocato, ecc), mai come oggi con l’avvento dell’AI il sistema risulta obsoleto. Partiamo da qui, sarà mica che proprio l’AI, che in qualche modo comunque sia standardizza, ci permette di ridare valore al lavoro d’agenzia, sia essa creativa o media?

Per un’agenzia di 100 persone, il costo medio delle licenze per gli strumenti AI più diffusi si aggira intorno ai 120.000 dollari l’anno — circa 1.200 dollari a persona. Ma il vero punto non è il costo dell’AI, bensì il valore che genera per l’agenzia e per i clienti. Molte agenzie purtroppo applicano all’AI la stessa logica di costo che utilizzano per il loro modello di ricavo tradizionale: fanno pagare la tecnologia come fanno pagare le ore del personale. Questo spesso si traduce in una ‘technology fee’ pari al 2–3% del costo totale del progetto. Una modalità limitante per cogliere il reale valore dell’AI. Ecco sei modi che io ho consiglio per trasformare l’AI in un nuovo flusso di ricavi ad alto margine. Pricing basato sui deliverable generati con AI:  si assegna un valore di mercato a ogni output dell’agenzia e si fa pagare il risultato, non il tempo. Poiché l’AI riduce i costi interni, i margini aumentano.
Pricing per programmi proprietari alimentati dall’AI:  le agenzie scalano di più quando vendono ‘prodotti’ e non ore. L’AI aumenta efficienza e valore percepito, rendendo questi programmi premium. Monetizzare strumenti AI proprietari: tool sviluppati dall’agenzia possono essere venduti in licenza o abbonamento, creando ricavi ricorrenti. Pricing basato sui risultati (outcome-based): l’AI consente maggiore prevedibilità delle performance, specialmente nel performance marketing. AI-as-a-Service: le agenzie possono vendere piattaforme e soluzioni AI in abbonamento, come un vero modello SaaS (società Software-as-a-Service). Usare l’AI ovunque per aumentare produttività e margini, riducendo costi in ogni fase di lavoro, l’agenzia diventa più competitiva e profittevole. Quindi possiamo concludere che l’AI rafforza il valore dell’agenzia e ne aumenta i margini se usata come leva strategica, non come costo.

Suggerisce che le agenzie dovrebbero trasformare la propria expertise in soluzioni AI-driven scalabili. Cosa significa operativamente?

L’AI sta cambiando radicalmente il modello delle società di servizi: l’obiettivo è passare da ‘servizi per ora’ a ‘prodotti che risolvono problemi di business’. Come? Ecco i passaggi operativi che vanno realizzati. Si parte con l’inserire una voce ‘Sviluppo Prodotti’ nel conto economico (7–10% dei ricavi). Si crea anche un team dedicato che non lavori su clienti attivi. Si utilizza l’AI per mappare competenze e progettare soluzioni replicabili, identificando anche fino a 12 problemi ricorrenti dei clienti e selezionandone 6–7 prioritari. Di qui lo sviluppo di almeno 3 programmi entro l’anno con un approccio a sprint ( ossia non fare tutto in un’unica lunga fase, ma dividere il lavoro in periodi brevi, tipicamente 1-4 settimane, concentrandosi su obiettivi specifici e misurabili in ogni periodo). Infine,  il lancio con mindset ‘test & learn’, insomma imparare facendo esperimenti.

Quali sono le caratteristiche di un prodotto di servizi professionali e quali i benefici?

Focus sugli outcome (non ore). Insight integrati (dati, benchmark). Capacità AI integrate. Team snello, ruoli scalabili. Processo predefinito e replicabile. Qualità garantita da controlli sistematici e pricing basato sul valore generato. I benefici sono evidenti, margini più alti, posizionamento più forte e difendibile, maggiore retention del talento e valutazione aziendale in stile SaaS, ossia usando i parametri tipici delle società Software-as-a-Service.

Ma come misurare il valore creativo a lungo termine per applicare pricing basato sul valore?

Il valore è soggettivo. Anche nel modello a ore si basa su giudizi impliciti. Il pricing moderno è ‘top-down’: si prezza il deliverable secondo la ‘willingness to pay’ del cliente (misura quanto è disposto a pagare per un prodotto o servizio). Metodi come il modello di Van Westendorp (metodologia per definire i range di prezzo accettati dal mercato) permettono di definire un range di prezzo percepito come corretto. In sintesi, la contabilità dei costi è un calcolo. Il pricing è una decisione strategica basata su valore percepito. Un professionista del pricing mira ad allineare interessi cliente-agenzia, aumentando il valore complessivo (‘grow the pie’, ossia crescere il valore totale disponibile invece di lottare per una fetta più grande di un valore fisso).

Le agenzie hanno già iniziato a usare nuovi modelli di remunerazione? Quali sono più sostenibili?

Sì. Da oltre 20 anni esistono modelli alternativi. Il Pricing basato sui deliverable è utilizzato già in oltre il 50% dei rapporti globali. Ci sono poi abbonamenti e licenze e pricing stack, ossia combinazione di più modelli di pricing in un’unica proposta. La subscription economy sta entrando in tutti i servizi professionali, hotel, auto, medici, avvocati, commercialisti e ora anche agenzie.

Se vendiamo soluzioni ad alto valore, come difendere il prezzo nei pitch con procurement?

Il procurement è allenato a rendere tutto comparabile per comprimere i prezzi, dunque l’obiettivo deve diventare l’essere incomparabile. Le agenzie devono quindi ‘tutelarsi’ e seguire questi suggerimenti: non vendere ore o costi, non fornire dettagli su overhead o margini  e non entrare in logiche di benchmark di costo. L’affermazione corretta da cui partire è “non vendiamo ore. Vendiamo expertise e soluzioni ai problemi di business”. In business, come nello sport, la miglior difesa è l’attacco. L’agenzia deve spostare la conversazione sul valore creato, non sui costi sostenuti.

Chi è Tim Williams

Fondatore di Ignition Consulting Group, è un consulente internazionale che aiuta agenzie e aziende di servizi professionali a creare, offrire e catturare più valore. Autore di due libri, tra cui Positioning for Professionals: How Professional Knowledge Firms Can Differentiate Their Way to Success, è relatore in conferenze e associazioni di tutto il mondo. Le sue analisi sono state pubblicate su diverse testate internazionali. È stato intervistato da numerosi media internazionali. Prima di fondare la sua società di consulenza, ha diretto diverse agenzie indipendenti e ha collaborato con realtà globali come Ogilvy e Burson-Marsteller New York.

di Monica Lazzarotto