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The Legend Of Ochi: un E.T. che viene dai Carpazi. Il fantasy come non l’avete mai visto

Dallo scrittore e regista Isaiah Saxon, al suo debutto nel lungometraggio, arriva una storia di amore, desiderio e accettazione incentrata su un'adolescente che fa amicizia con una misteriosa creatura della foresta che incontra nei boschi

Hai nostalgia di E.T.? Ti mancano I Goonies? Le frasi di lancio di The Legend Of Ochi, il nuovo film fantasy prodotto da A24, con la regia di Isaiah Saxon, in uscita al cinema l’8 maggio, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, fanno riferimento a questi amatissimi titoli. E hanno ragione: The Legend Of Ochi ha delle parentele con questi film. Eppure è qualcosa di completamente diverso, di mai visto prima in questo genere. Siamo in una piccola (immaginaria) isola del Mar Nero, dove la gente vive fuori dallo spazio e dal tempo, vivendo di agricoltura, allevamento e a contatto con la natura. La popolazione del posto, però, ha un problema con la fauna locale: sono i “terribili” Ochi, animali predatori che vivono in branco e devastano gli allevamenti. Di loro la gente ha paura, come del classico “lupo cattivo” di tante favole ancestrali. Ma quando Yuri, (Helena Zengel), una ragazzina sola, trova un cucciolo di Ochi ferito e prova a curarlo, capiremo che le cose non sono quello che sembrano.

Il cinema americano anni Ottanta, ma nei Carpazi

The Legend Of Ochi è un film che conquista da subito per la sua forma visiva. Già dai titoli di testa, con la loro grafica retrò, capiamo che si avvicina ai film americani dei primi anni Ottanta di cui sopra. Ma eravamo soliti associare quell’immaginario all’America. Qui invece siamo da tutt’altra parte, e così l’effetto è spiazzante. Anche perché, per essere in un fantasy, non siamo nemmeno in una immaginaria “terra di mezzo”, ma in un mondo credibile nell’est dell’Europa. “Volevo realizzare un mondo che i bambini, e anche gli adulti, in Occidente potessero erroneamente vedere come un luogo reale, come se avessero saltato la lezione di geografia che illustrava quella piccola isola del Mar Nero e venissero a conoscerla adesso” ci ha spiegato Isaiah Saxon, ieri a Roma per presentare il film. “Volevo che avesse il look di un luogo vero, sporco, autentico: lo abbiamo realizzato in Transilvania, nei Carpazi. Volevo che gli Ochi sembrassero una specie reale”. “Sono stato affascinato dai Carpazi” continua. “Ho avuto la sensazione di essere entrato in una macchina del tempo che mi avesse trasportato in un mondo perduto, dove un minivan sorpassava le carrozze trainate da cavalli, dove le persone falciavano il grano a mano, e dove c’era la presenza di lupi, linci, cinghiali. Il rapporto degli umani con la natura è molto forte in Romania”.

Un nuovo E.T.?

Il riferimento al film di Steven Spielberg ci sta tutto. È proprio quella la storia, che racconta l’incontro tra un bambino e un “alieno” – qui inteso come essere “altro”, una creatura sconosciuta – e la sua scelta di conoscerlo e aiutarlo. Da quel punto di partenza la vicenda si dipana in modo opposto. Tutta la prima parte di E.T. si svolge nella casa del protagonista; qui, invece, dopo una breve scena nella stanza di Yuri, la storia si svolge soprattutto fuori. Nel film di Spielberg il piccolo protagonista era un bambino senza un padre. Qui è una bambina senza una madre. Il legame che si crea tra lei e il suo piccolo amico è palpabile, visibile negli occhi pieni di stupore e meraviglia di Helena Zengel. La sua immedesimazione è riuscita anche perché il piccolo Ochi non è stato creato in computer grafica, ma grazie a un animatronic. “Mi ha aiutato tantissimo il fatto che non si trattasse i computer grafica ma di burattini reali” ci ha raccontato l’attrice. “Temevo che ci fosse molta cgi, ma poi ho visto i video di Isaiah e dentro c’era molto di reale, di concreto. E questa cosa mi ha aiutato tantissimo”. Il piccolo Ochi è una creatura adorabile: grandi occhioni e grandi orecchie, un musino blu, e un look che lo avvicina a un personaggio di un altro film cult, Gizmo di Gremlins.

Yuri e Ochi si salvano a vicenda

A Yuri, quella bambina cresciuta senza mamma, è mancato qualcuno che le abbia insegnato a volare, proprio accade a quella specie di volatili di cui parla nel film in cui sono le femmine a occuparsi di questo. Anche senza una guida femminile accanto, questa ragazzina ha comunque una dolcezza e un’empatia innate. In un mondo di uomini, può dire la sua, può far incontrare gli opposti, può portare la pace. “Credo che Yuri, da ragazzina, come ero io all’epoca, abbia un atteggiamento molto più naturale verso l’ignoto” ci racconta Helena Zengel, oggi sedicenne, dodicenne ai tempi delle riprese. “I ragazzini tendono ad essere curiosi e ingenui, vogliono andare verso ciò che appare diverso, nuovo. Vogliono cercare di capire. Anche io sono così: ancora oggi, più mi dicono che una cosa non si fa, più io tendo a farlo”. “Quando Yuri incontra Ochi è un momento molto bello perché si salvano a vicenda” continua. “Anche lui la salva quando è in un momento di debolezza particolare e ha bisogno di un amico”.

I campi di addestramento in Ucraina

In fondo anche Yuri è un’aliena in un mondo così maschile, in cui i giovani uomini vengono educati alla guerra, alla caccia, alla lotta.  “Ho osservato i campi di addestramento in Ucraina, e li ho rappresentati con queste gang di ragazzini guidati da un padre triste che fa vedere la mascolinità davanti a questi ragazzi per sentirsi importante” ci racconta il regista. “Io sono americano, non sono ucraino, anche se la famiglia di mio padre viene da lì. Ho trasferito tutto in questa piccola isola del Mar Nero proprio per dare spazio alla mia inventiva senza tradire qualcosa che non potevo conoscere davvero”. Il padre di Yuri è interpretato da un sempre efficace Willem Dafoe, e nel cast ci sono anche Emily Watson, l’indimenticabile protagonista de Le onde del destino e The Boxer, e la giovane star di Stranger Things Finn Wolfhard.

L’affinità tra Yuri e il piccolo Ochi vive sui sentimenti

Yuri in qualche modo capisce gli Ochi e parla quel loro linguaggio che è più musicale del nostro: non comunicano con le parole ma con le emozioni, intrecciano i sentimenti l’uno con l’altro. Yuri, evidentemente, con i sentimenti sa comunicare. E sa farlo anche il team del film che, per sottolineare tutto questo, crea una partitura musicale molto particolare, che mette al centro il flauto di pan (ma sentiamo anche due canzoni del cantautore italiano Franco Simone, e molto hard rock anni Ottanta)

Studiare i comportamenti degli animali

The Legend Of Ochi è la magia e l’incanto di un incontro. Ma, a differenza di certi film fantasy di certi anni fa, questi non caratterizzano tutto il film, ma finiscono presto. Ogni cosa che accade nel film, da un certo punto in poi, è folle, sfrenata, inaspettata. Non solo per quello che accade, ma per il modo in cui è raccontato. È come se Isaiah Saxon, allontanandosi dall’America, si sia in parte spogliato dei canoni narrativi di un certo cinema americano, pur partendo da quelli, e si sia immedesimato nel mondo che racconta, una vecchia parte d’Europa un po’ brutale, per raccontare una storia in modo nuovo e originale. “Ho approcciato il film seguendo degli schemi reali” ci ha spiegato. “Quando ho creato gli Ochi ho pensato a come si comportano i delfini, gli uccelli, le scimmie, la loro organizzazione sociale. E ho fatto anche riferimento alle antiche civiltà, e a come i nostri antenati avessero un modo di relazionarsi diverso al nostro riguardo alla natura”.

Venti di guerra

The Legend Of Ochi è allora una storia nuova, ma anche una storia già raccontata molte volte: quella di alcune persone che scoprono che il nemico non è il nemico. È un film che fa pensare anche all’attuale condizione politica del mondo. “Ho lavorato al film per sei anni” ci ha risposto il regista. “Ho iniziato a scrivere nel 2017. E molte delle cose sono partite da quello che sentivo nella guerra in ucraina nel 2014, dalla crisi climatica, dal nostro rapporto con la natura, e l’inevitabile prossima estinzione alla quale sembriamo destinati. Tutto è stato elaborato guardando il mondo che ci circonda. Se ancora oggi è attuale, è una cosa interessante: Mi auguro che possa essere una storia senza tempo: il cuore di questo film è la comunicazione: il dare o non dare ascolto ai bambini, ai loro valori e a quelli delle donne”.

di Maurizio Ermisino