Un uomo anziano nuota in un fiume. Ogni bracciata lo riporta indietro nel tempo, tra i frammenti di una vita segnata dalla guerra. Tra le macerie, un aquilone che vola nel cielo diventa il simbolo di un ricordo perduto: l’amore giovanile per una ragazza. In quel volo c’è qualcosa di più profondo: il desiderio di libertà, il diritto di esistere e di elevarsi, anche quando tutto intorno crolla.
È la storia raccontata da The Kite, il cortometraggio di sette minuti che ha vinto la terza edizione dell’Y-40 Film Festival, contest internazionale dedicato ai film subacquei. Girato per il 30% sott’acqua, come previsto dal regolamento, è firmato da Andrea Boretti, regista e sceneggiatore di Samarate (Varese), in collaborazione con Elisa Chinello e il team Eleven Studio da lui fondato.
“Avevamo appena acquistato lo scafandro per le riprese e volevamo usarlo per qualcosa che avesse un significato vero. In quel periodo stavo leggendo un romanzo sulla storia del popolo palestinese e mi sono imbattuto nella poesia If I Must Die di Refaat Alareer. Da lì è nata la voglia di raccontare un dolore che attraversa le generazioni, ma anche la speranza che resiste, nonostante tutto”, racconta
Un uomo anziano nuota in un fiume. Ogni bracciata lo riporta indietro nel tempo, tra i frammenti di una vita segnata dalla guerra. Tra le macerie, un aquilone che vola nel cielo diventa il simbolo di un ricordo perduto: l’amore giovanile per una ragazza. In quel volo c’è qualcosa di più profondo — il desiderio di libertà, il diritto di esistere e di elevarsi, anche quando tutto intorno crolla.
È la storia raccontata da The Kite, il cortometraggio di sette minuti che ha vinto la terza edizione dell’Y-40 Film Festival, il primo contest internazionale dedicato ai film subacquei. Girato per il 30% sott’acqua, come previsto dal regolamento, il corto è firmato da Andrea Boretti, regista e sceneggiatore di Samarate (Varese), in collaborazione con Elisa Chinello e il team Eleven Studio da lui fondato.
“Avevamo appena acquistato lo scafandro per le riprese e volevamo usarlo per qualcosa che avesse un significato vero. In quel periodo stavo leggendo un romanzo sulla storia del popolo palestinese e mi sono imbattuto nella poesia If I Must Die di Refaat Alareer. Da lì è nata la voglia di raccontare un dolore che attraversa le generazioni, ma anche la speranza che resiste, nonostante tutto”, racconta
Un uomo anziano nuota in un fiume. Ogni bracciata lo riporta indietro nel tempo, tra i frammenti di una vita segnata dalla guerra. Tra le macerie, un aquilone che vola nel cielo diventa il simbolo di un ricordo perduto: l’amore giovanile per una ragazza. In quel volo c’è qualcosa di più profondo — il desiderio di libertà, il diritto di esistere e di elevarsi, anche quando tutto intorno crolla.
È la storia raccontata da The Kite, il cortometraggio di sette minuti che ha vinto la terza edizione dell’Y-40 Film Festival, il primo contest internazionale dedicato ai film subacquei. Girato per il 30% sott’acqua, come previsto dal regolamento, il corto è firmato da Andrea Boretti, regista e sceneggiatore di Samarate (Varese), in collaborazione con Elisa Chinello e il team Eleven Studio da lui fondato.
“Avevamo appena acquistato lo scafandro per le riprese e volevamo usarlo per qualcosa che avesse un significato vero. In quel periodo stavo leggendo un romanzo sulla storia del popolo palestinese e mi sono imbattuto nella poesia If I Must Die di Refaat Alareer. Da lì è nata la voglia di raccontare un dolore che attraversa le generazioni, ma anche la speranza che resiste, nonostante tutto”, racconta Boretti.
Le scene subacquee, dirette da Elisa Chinello, sono state girate nel fiume Ticino, vicino a Somma Lombardo. “Abbiamo scelto di lavorare in acqua fredda e torbida, con la corrente non limpida, ma autentica. Era perfetta per il messaggio del film: realistica, viva, vera”, spiega la regista.
Ad Andrea Boretti, Elisa Chinello e il team di Eleven Studio è andata la medaglia di vetro di Murano creata dal maestro vetraio Stefano Dalla Valentina e una giornata di lavorazione nel set subacqueo di Y-40 Studios del valore di 10 mila euro, con allestimento fornito da Cinema Rental Venezia, e i premi di Saramonic e Small Rigpartner del festival.
Secondo posto per Guillermo Acevedo con il cortometraggio A window for hope, una storia raccontata dall’artista in collegamento dal Messico e premiata da Y-40 The Deep Joy, Peak Design e Small Rig, a proposito di alcuni ex pescatori di squali, un tempo cacciatori degli abissi, oggi guardiani dell’oceano, che hanno così trasformato la loro vita e la loro eredità.
Terzo Carlos Luna. Con Blue spirit, ha raccontato per immagini la storia di vita di Anna Horvath, campionessa e istruttrice di apnea ungherese che, dopo un’esperienza di quasi annegamento con il surf,si è così ricollegata all’oceano trasformando il suo timore in coraggio.
Menzione speciale per The Robottina di Elena Del Mar, artista di origini italiane trapiantata a Gran Canaria, la cui supereroina ha denunciato il sempre crescente inquinamento acustico nelle nostre città, paesi e nel mare.
Il californiano Payton Woods è stato premiato con una GoPro 13 Black per aver conquistato la Social selection con A Golden Harbor Seal Hug, girato in apnea a Laguna Beach quasi fosse il dialogo con una foca sbucata dal nullae rimasta a giocare con lui per 45 minuti tra le alghe dorate.