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Testa o Croce? Rigo de Righi e Zoppis i nuovi talenti del cinema italiano

“Una coppia dal fascino irresistibile” (ScreenDaily). “Tra le proposte più sfacciate di Cannes” (Variety). “Un western italiano dall’ambizione sfrenata” (IndieWire). Sono state queste le reazioni della stampa a Testa o Croce? di Alessio Rigo de Righi e Zoppis dopo il passaggio al Festival

Dopo dei giudizi di questo tipo l’attesa per questo film era decisamente alta. E, una volta visto, non possiamo che confermare le lusinghiere aspettative. Quello dei due registi, in uscita il 2 ottobre, è davvero un grande film. “Alla base della nostra collaborazione c’è sempre stata la necessità di sperimentare, fare film diversi e in territori inesplorati” ci ha spiegato Matteo Zoppis. “Anche Il Re Granchio (il film precedente) aveva una connotazione western. Abbiamo voluto fare un anti-western: partiamo dalla rappresentazione del west che è quella di Buffalo Bill, per poi smantellarla, partire dal cowboy e man mano decostruirlo per arrivare alla storia di Rosa”. Testa o Croce? è una produzione Ring Film e Cinema Inutile con Rai Cinema in associazione con Andromeda Film e Cinemaundici, in collaborazione con Volos Films Italia.

Butteri contro cowboy

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis si sono ispirati agli spettacoli itineranti di Buffalo Bill che arrivarono in Italia a fine Ottocento. La leggenda vuole che i nostri butteri sconfissero i cowboy. E così vediamo Buffalo Bill (John C. Reilly), sfidare il buttero Santino (Alessandro Borghi) nella doma di un cavallo selvaggio, e perdere. Mentre Rosa (Nadia Tereszkiewicz) uccide il marito per evitare una punizione a Santino, che aveva vinto contro il volere del suo capo.

Tra realtà e finzione

Testa o Croce? inizia con immagini in bianco e nero, quelle del Buffalo Bill Show, mentre i titoli di testa sembrano quelli del cinema dei primordi, del film muto. E lo stesso show di Buffalo Bill, in fondo, è un antesignano del cinema: uno spettacolo di finzione che riproduce la realtà. Il Buffalo Bill di John C. Reilly esce da un fondale che richiama il west, ma che è dichiaratamente una quinta teatrale. Lui stesso, mentre rievoca le sue gesta (apparentemente) gloriose, fa anche da voce narrante. Già da questo inizio capiamo che il film parlerà più volte anche di realtà e finzione, verità e percezione. Tutto il film è anche un discorso sulla reputazione e sulle fake news, per questo attualissimo.

16mm, 35mm, digitale

Usciti dal mondo di Buffalo Bill ci troviamo in un mondo a colori, dai toni decisi ma tenui, varie tonalità di azzurro illuminate da una decisa luce bianca che ricrea quella naturale, ma che è decisamente irreale. È il mondo della nobiltà della nuova Italia appena unita, quello in cui vive Rosa. Subito poi ci troviamo in fuga in una palude, che sembra il fiume stregato di un film fantasy, per arrivare in un mondo onirico. Universi diversi corrispondono a formati diversi. “Ogni formato aveva la sua esigenza, legata agli stati emozionali dei personaggi” svela Matteo Zoppis. “Ci sono i sogni, rappresentati in 35 mm, alcune parti più ruvide, girate in 16mm. C’è la messa in scena, la collezione dei miti americani iniziale, per la quale abbiamo utilizzato il digitale. È stato così anche per i luoghi, che portano con sé diversi registri: si parte da Roma, passando per le paludi pontine pre-bonifica, per entrare sempre più nella mente di Rosa: così man mano i paesaggi si astraggono”.

Suora, puttana o sposa

Questo diceva a Rosa la madre, questo poteva essere una donna a quel tempo. Rosa sceglierà di essere altro. Sarà un percorso duro, ma gratificante. L’altro aspetto di modernità del film è proprio nell’emancipazione di una giovane donna. “Il film inizia come un western classico, ma cambia, gioca con i codici del genere, poi diventa una storia d’amore e gioca con il surreale e il magico” spiega Nadia Tereszkiewicz. “È la storia di una donna che si emancipa e diventa quello che vuole essere. Il western è espediente per parlare qualcosa di più profondo”. Nadia Tereszkiewicz ha un volto magnetico: due occhi blu zaffiro enormi, la mascella volitiva, gli zigomi alti, definiti e una bocca carnosa. Un volto che emana anche dolcezza. Il trucco lo vuole costellato di efelidi, con dei luminosi riccioli rossicci, omaggio alla Claudia Cardinale di C’era una volta il West. “La sua scomparsa è una tristezza immensa” commenta l’attrice. “Ho guardato un suo video a 22 anni in cui diceva: sono entrata nel cinema senza pensare di farlo e non voglio mai smettere”.

Alessandro Borghi, antieroe da Commedia all’Italiana

Anche Alessandro Borghi ci regala una prestazione memorabile, nei panni di un eroe per caso, un eroe suo malgrado, anzi un antieroe. Un uomo che si trova a prendersi meriti che non ha, fino a diventare un simbolo, e che non fa nulla per rinunciare ai titoli che gli sono stati dati. E in questo modo entra nel novero di certi classici personaggi della Commedia all’Italiana, certi uomini un po’ meschini e codardi, che si muovono per convenienza.

Tanti riferimenti ma per un risultato originale

Anti-western per definizione, Testa o Croce? prende i canoni e gli stilemi del genere, li destruttura e li rimonta in qualcosa di completamente nuovo. Il film di Rigo de Righi e Zoppis vive di tanti riferimenti, ma riesce a diventare qualcosa di completamente nuovo e originale. C’è il western, ma c’è anche la storia d’amore, c’è la Commedia all’Italiana e la commedia sentimentale della Guerra dei Sessi degli Anni Quaranta, ci sono Sergio Leone, Scorsese, un tocco del grottesco in stile Fratelli Cohen e un momento onirico alla David Lynch. “È una dichiarazione d’amore al cinema” ci spiega Alessio Rigo de Righi. “Non potevamo pensare di fare un film western oggi e non interpellare altri sottogeneri. Siamo appassionati del cinema degli Anni Settanta, da Monte Hellman a Robert Altman. È un modo che abbiamo di comunicare tra noi: scambiarci reference”. “Veniamo da un cinema molto piccolo” aggiunge Zoppis. “Abbiamo iniziato in due, in tre, con l’aiuto di alcuni amici per fare un film leggermente più grande, Il Solengo. Poi abbiamo girato Il Re Granchio per cercare di metterci alla prova e fare qualcosa di ancora più grande. Abbiamo sempre seguito i festival, siamo stati dentro i festival. È il luogo migliore per vedere i film”.

La colonna sonora di Vittorio Giampietro

Il film unisce tradizione e modernità, forte anche di una colonna sonora potentissima, con ballate e stornelli, tamburi arrembanti, chitarre. “L’idea era di fare un film che fosse una ballata” ci spiega Zoppis. “Abbiamo collaborato con Vittorio Giampietro per trovare tutta una serie di sonorità che potessero funzionare. Ci piaceva far cantare i personaggi, c’era l’idea di un musical”. “Abbiamo lavorato a lungo su che strumenti dovessero entrare nel film e abbiamo cercato di lavorare a contrasto per creare diverse emozioni in chi guarda” aggiunge Rigo de Righi. “Le canzoni sono tutte originali e scritte da Vittorio Giampietro”.

Ribaltare il western, ribaltare l’idea di America

L’attualità del film è anche prendersi gioco di un’America che, allora come oggi, si autoproclama simbolo di libertà. Lo leggiamo nelle parole di Buffalo Bill all’inizio del film. “L’America dà la possibilità a tutti di avere una vita migliore e a ogni uomo e donna di avere libertà d’azione. L’America è la terra della libertà”. Ascoltare oggi queste parole suona beffardo e sinistro. Un film che è stato scritto tempo fa è stato evidentemente molto abile a leggere i nostri tempi. Anzi, è stato addirittura profetico. Così, Testa o croce?, oltre a ribaltare il western, si permette anche di ribaltare l’idea che abbiamo sempre avuto dell’America.

di Maurizio Ermisino