Mercato

Skill-First, competenze al centro per ridurre il divario di genere sul lavoro

Una cultura aziendale e un approccio alle assunzioni che premino le competenze non solo potrebbe ampliare il bacino di talenti disponibili per le aziende, ma anche accelerare l’ingresso delle donne nei settori più strategici e nelle posizioni manageriali
LinkedIN Milano

In un mercato del lavoro in costante evoluzione e caratterizzato da un numero crescente di professionisti intenzionati a cambiare lavoro nel 2025, il talento femminile è ancora spesso frenato da diverse barriere, ma l’approccio ‘skill-first’ potrebbe cambiare le regole del gioco. In Italia, si parla di un aumento pari a oltre 7 volte di talenti qualificati disponibili, ma l’effetto più dirompente sarebbe l’aumento della rappresentanza femminile, 7,5 volte più grande in tutti i settori. Lo rivela LinkedIn che, in un suo ultimo studio con i team Economic Graph e LinkedIn Notizie, ha analizzato il potenziale impatto di questo cambiamento strutturale, che aprirebbe le porte a dinamiche di recruiting più flessibili e innovative.

Cambiare carriera nel 2025: aspettative e sfide al femminile

Secondo una recente indagine LinkedIn, il 44% dei lavoratori italiani è attivamente alla ricerca di nuove opportunità professionali per il 2025, una percentuale che sale al 46% tra le donne. Si tratta di un segnale chiaro: le professioniste italiane sono determinate a trovare ruoli che offrano migliori condizioni economiche (43%), maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro (28%) e opportunità di crescita professionale (24%).

Tuttavia, la frustrazione resta alta, con il 52% delle donne che percepisce il processo di selezione più sfidante rispetto all’anno precedente, rispetto al 44% degli uomini. Parallelamente, il 46% – contro il 41% dei colleghi uomini – dichiara di avere difficoltà a mantenere un atteggiamento positivo nello scenario occupazionale odierno.

Perché l’approccio skill-first può fare la differenza

Questo quadro si inserisce all’interno di un più ampio contesto di trasformazione del mondo del lavoro, dove digitalizzazione, AI e sostenibilità stanno ridefinendo le competenze e le professioni, aprendo al contempo nuove opportunità di sviluppo, nonché di maggiore equità di genere e accessibilità. Secondo LinkedIn, è l’adozione da parte delle aziende di un approccio ‘skill-first’, che valorizzi in modo equo le competenze tecniche e le soft skill dei candidati più che il percorso tradizionale di carriera, la chiave per ottenere un impatto trasformativo che può colmare il gender gap sul lavoro.

In numeri, questa transizione potrebbe favorire una crescita della partecipazione femminile del 5% in settori storicamente dominati dalla presenza maschile, come l’ingegneria, l’edilizia, le vendite e la robotica. Inoltre, questo cambiamento avrebbe un impatto significativo anche sulle dinamiche di leadership e sulle gerarchie aziendali, favorendo l’ascesa delle donne a ruoli C-Suite, come Chief Technology Officer (CTO), General Manager, Chief Information Officer (CIO) e Chief Executive Officer (CEO) – un aspetto ancor più rilevante se si considera che a gennaio 2025 si è registrato un calo del 5,9% delle assunzioni femminili per posizioni manageriali rispetto all’anno precedente.

Approcci al processo di cadidatura

Uno degli aspetti distintivi del divario di genere risiede proprio nel modo in cui professionisti e professioniste valutano le proprie competenze in relazione ai requisiti richiesti per una posizione. Le candidate mostrano infatti una maggiore propensione a inviare la propria job application quando percepiscono una corrispondenza tra le proprie skill e quelle richieste dall’annuncio di lavoro, con un’incidenza superiore del 4% rispetto agli uomini (39% vs. 35%).

Un approccio che, in un sistema che valorizza le competenze, rappresenta per le aziende un’opportunità strategica per attrarre talento femminile e, al contempo, una responsabilità nel garantire percorsi di crescita e apprendimento continuo all’interno del ruolo stesso; tra i fattori che influenzano la decisione delle professioniste di candidarsi a una posizione, di fatto, spicca come elemento motivazionale l’opportunità di accedere a percorsi di apprendimento e crescita professionale, il 6% in più rispetto agli uomini (28% vs. 22%).

Al contrario, i colleghi uomini mostrano in media un atteggiamento più disinvolto e orientato al risk-taking, con il 28% – contro il 21% delle donne – che dichiara di essere disposto a candidarsi per una nuova posizione lavorativa indipendentemente dal numero e dalla tipologia di competenze richieste. Tuttavia, la ricerca di un match tra le qualifiche richieste da un ruolo e le skill effettivamente possedute è un aspetto più sfidante per loro: il 21% dichiara di avere poca consapevolezza nel saper valutare l’allineamento tra le proprie competenze e le richieste del mercato, contro il 19% delle donne.

Le competenze ‘fanno bene a tutti’

In questo contesto, il passaggio a un modello skill-first non solo favorirebbe una maggiore equità di genere, contribuirebbe anche a colmare il crescente gap tra domanda e offerta – sia maschile sia femminile – ampliando il numero di professionisti disponibili per settori e ruoli con carenza di talenti qualificati.

Questa trasformazione sarebbe particolarmente rilevante nei comparti in rapida espansione, in particolare l’intelligenza artificiale, dove la domanda di lavoratori specializzati è in forte crescita: in Italia, il numero di specialisti AI nel settore della tecnologia, dell’informazione e dei media è aumentata del 40% dal 2021 al 2023. Per rispondere a questa esigenza, a fare la differenza saranno quelle aziende che abbracceranno l’approccio “skill-first”, accelerando così l’innovazione e la competitività nei settori chiave del futuro.