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‘Rumore di Fondo’, rubrica che Enrico Verga dedica ai lettori di youmark. Oggi si parla dei rischi connessi all’informazione, quando non è a 360°. Ovviamente fari puntati sul modo dei media di trattare gli attuali fatti in Crimea

Crimea: cercasi guerra disperatamente

Entrare nel merito di chi abbia torto o ragione nello scenario Ucraino non è certo oggetto di questa riflessione. Quel che appare invece qui interessante è analizzare il modo in cui i media stiano analizzando gli eventi nella ex repubblica sovietica.

Esiste di fatto una guerra mediatica tra il blocco occidentale, tutto il gruppo Nato e simpatizzanti, e il blocco orientale, Russia prima e in scia Cina e altre repubbliche allineate. Gli eventi di piazza Maidan, che tanto hanno riempito gli spazi dei nostri media, con la descrizione ‘dettagliata’ di ogni singolo ferito, barricata, lentamente lasciano lo spazio alla Crimea. Fino a pochi giorni fa di questa penisola strategica, poco o nulla si sapeva. Oggi tutti i nostri media, giornalisti d’assalto che notoriamente parlano un perfetto ucraino e russo e comprendono le sfumature degli accenti locali, sono in zona Crimea per testimoniare ‘l’eventuale’ escalation militare. E’ bene ricordare la grande importanza che i media ricoprono in una nazione democratica. Bene o male, sono lo strumento ‘involontario’ che può spingere, o meno, il grande pubblico a ritenere positivo o negativo uno scenario. Con questa premessa è interessante, ad esempio, osservare l’analisi che l’inviato di skytg24 propone in video.

Citando letteralmente la sua analisi degli uomini in divisa (senza insegne) “sono militari armati addestrati, che comunicano via radio …”. Viene da domandarsi, di solito, delle persone che imbracciano armi in uno scenario civile, come dovrebbero comunicare? Qualunque unità militare o paramilitare opera, se preposta al mantenimento della pace, in modo da dare il minor disturbo ai civili. Le osservazioni del giornalista, poi, affrontano il tema spinoso delle armi. I soldati imbracciano dei kalashnikov (in vero hanno anche mitragliatori pesanti se si osserva bene) questo modello di arma suggerisce che possano essere truppe russe. E’ ben noto, infatti, che gli AK 47 sono armi progettate in Russia.

Forse meno noto che tali armi, per la semplicità di produzione e l’affidabilità in ogni scenario climatico, sono prodotte in mezzo mondo. Vero è che il maggior produttore è la Cina. Il dire che possono essere militari russi (il giornalista ad onor del vero sottolinea che non vi sono dichiarazioni ufficiali in merito) perché imbracciano armi progettate, alcuni decenni fa, in Russia, è un po’ come dire che un  soldato americano può essere italiano poiché tra le sue armi di ordinanza ha una Beretta (ricordiamo che il gruppo Beretta è fornitore di differenti clienti in America tra cui l’esercito).

Un’analisi ricca di particolari viene offerta da Rainews24, dove la giornalista, presente nella stessa zona nello stesso periodo di tempo, non si sofferma in dettagli tattici su armi e metodi di comunicazione, ma offre una panoramica di maggior respiro geopolitico. Se leggiamo invece le analisi stampate, un approccio strutturato viene offerto dal sole 24 ore che dettaglia dati e riporta link a siti di analisi militare (pur dando il link alla home page invece che al rapporto specifico sullo scenario delle truppe russe dislocate nella porto in Crimea).

I media russi invece tendono ad avere un approccio più cauto nel disseminare informazioni dal sito di Russian Television si apprende il punto di vista di Putin in modo comprensibile. Mentre un analisi offerta dallo stesso sito ripercorre la storia della Crimea in modo da offrire una maggior visione di insieme dello scenario. Il dislocamento di una forza navale russa nella base di Sevastopoli ovviamente offre spunti di confusione per lo spettatore medio. In una non auspicabile guerra, il rischio che a essere coinvolti siano egualmente i civili e l’informazione corretta è plausibile. Gli esempli di informazioni ‘interpretabili’ si sprecano nella storia. Dalle foto della guerra Boera alla famosa foto dei militari USA che innalzano la bandiera (la seconda bandiera come ricorda nello stesso film un dialogo) a Iwo Jima.

I media, alla fine, volenti o nolenti aiutano a ‘vendere’ la Guerra. Perchè, come nel film di Clint Eastwood ricorda uno dei personaggi, ‘dobbiamo raccogliere soldi’. Lo scenario in Crimea è in evoluzione minuto dopo minuto, quindi le informazioni contenute in questa riflessione saranno obsolete entro 48 ore. Tuttavia, la percezione critica che ogni spettatore, ogni agenzia media, ogni membro della vasta comunità che compone il panorama della comunicazione può acquisire è semplice.

Perchè è vitale comprendere quanto conti un’effettiva comunicazione oggettiva e, come ogni esperto di comunicazione ben sa, quanto sia altrettanto facile impressionare il pubblico, con tutti i rischi connessi a un’informazione priva di visione a 360 gradi. Insomma, anche in democrazia, il popolo potrebbe diventarne vittima.

@enricoverga

Chi è Enrico Verga
1976. Master in Relazioni internazionale Università Cattolica. Manager. Membro comitato esecutivo Global shapers (World economic Forum), Analista geopolitico per Longitude (mensile Ministero Esteri), capo Horn (mensile sole 24 ore), Libero, Fatto quotidiano, Panorama. Fondatore di Dream Job (magazine di annunci di lavoro per le organizzazioni internazionali).