Mercato

Succede oggi, nel nostro mondo. Comunicare per far conoscere. Per cambiare le cose

Siamo a Cuba, l’indagine Prisoners Defenders vuole dimostrare come il lavoro forzato cui sono sottoposti i carcerati vada ad arricchire business che fanno capo a società governative che se impiegassero civili pagati appena 30 euro al mese risolverebbero la loro vita

Riceviamo e supportiamo dandone notizia il lavoro svolto dalla Ong Prisiners Defenders  con il Primo Rapporto Esauriente sul Lavoro Forzato nelle Carceri Cubane, progetto finanziato dal Ministero degli Esteri ceco attraverso il programma Transition.

IT – Prisoners Defenders – Primo Rapporto Esauriente sul Lavoro Forzato nelle Carceri Cubane

Ci racconta Javier Larrondo, Presidente Prisoners Defenders International: “Molte le reazioni internazionali a questa denuncia, le cui ripercussioni hanno raggiunto almeno 41 paesi su 161 mezzi di stampa, radio e televisione. Scarsa, invece, la risposta del regime, che riconosce il lavoro tra le decine di migliaia di detenuti a Cuba, ma con la scusa trita e ritrita di ‘nutrire il popolo’, quando in realtà le aziende che gestiscono questo lavoro forzato appartengono a Gaesa, società di proprietà dell’esercito che non ha sede a Cuba, ma a Panama, dove custodisce decine di miliardi di dollari in beni correnti, come ha recentemente dimostrato un’inchiesta del New Herald, mentre il popolo cubano langue tra stenti, repressione e maltrattamenti. Siamo molto grati a tutti i media internazionali che hanno coperto la storia e speriamo che una pressione sostenuta possa costringere il governo cubano a impiegare lavoratori civili nella produzione di sigari cubani, carbone, zucchero e altri prodotti per l’esportazione. Basterebbe che pagassero 30 dollari al mese ai lavoratori civili, oggi disoccupati o con salari statali inferiori a 10 dollari, e i loro attuali margini in queste attività, pari al 99,96%, sarebbero ancora superiori al 90%, ma darebbero lavoro a decine di migliaia di civili che oggi non sanno come procurarsi carne, pane, vestiti o il minimo indispensabile per sostenere sè stessi e le proprie famiglie. Le vittime, noi ONG, voi stampa, le organizzazioni internazionali per i diritti umani, i politici solidali, i governi democratici e la diplomazia, sono una catena di coraggio e di vita per le popolazioni dei Paesi in cui, come Cuba, Turchia e molti altri Prisoners Defenders opera. La nostra migliore eredità sarà che migliorino, con il contributo di tutti”.