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PR Hub lo chiede alle aziende. Luca della Regina, Marketing Manager ProAction: il futuro delle Rp parla digitale, ma al centro resta sempre la capacità di idea. Sono le buone idee a fare la differenza

Quanto è strategica e prioritaria l’attività di pr nel marketing mix del suo brand-della sua azienda?

“Il nostro brand si muove in una industry dove convivono player storici e nuove realtà, quindi la concorrenza è particolarmente agguerrita e riuscire a lavorare in maniera efficace sulla comunicazione in generale e sulle PR nello specifico diventa cruciale da un punto di vista strategico. Le attività di Pr devono svolgere un doppio ruolo nel nostro caso in sinergia con le altre attività di comunicazione:  fare crescere la brand awareness e spingere i prodotti”.

Quanto ritiene coinvolgibile l’agenzia di pr nella progettazione strategica del business della sua azienda e perché?

“E’ esattamente quello che abbiamo fatto, identificando sul mercato un’agenzia che potesse garantirci un supporto altamente qualitativo sia nella pianificazione delle strategie, sia nell’esecuzione. Le Pr all’interno del nostro piano hanno un ruolo fondamentale, soprattutto da quando abbiamo puntato su un testimonial in linea con i nostri valori come Clemente Russo, una leggenda nel mondo della boxe, che punta a disputare la quinta Olimpiade a Tokyo 2020. Un’impresa mai riuscita a nessun pugile, un percorso dal grande potenziale emotivo su cui costruiremo uno story-telling di grande impatto”.

Quali sono le attività che nei prossimi anni dovranno caratterizzare la sua agenzia ideale?

“La nostra agenzia ideale deve continuare a rappresentare un partner affidabile e autorevole, con un occhio particolare sull’innovazione digitale che ha impattato fortemente in questo settore e continuerà a farlo ancora di più nei prossimi anni. Senza dimenticare ovviamente le idee, che restano alla base di una strategia Pr di successo: cambiano i canali e le modalità di fruizione dei consumatori, ma le buone idee faranno sempre la differenza”.

Quanto le rp sono in grado di creare sinergie con gli altri partner della comunicazione – dai centri media all’adv – e quanto è importante questa capacità per lei?

“Chiediamo assolutamente nelle sinergie, un’espansione mentale più che strutturale. Il pensiero di chi lavora sul ‘titolo’ resta secondo me una funziona centrale, strategica. So che il dibattitto fra Advertising e Pr è antico, direi irrisolto. Ma questo non vuol dire che, almeno per noi, sia un ideale al quale tendere”.

La vostra azienda è in grado di misurare i ritorni degli investimenti in comunicazione complessivamente o divide artigianalmente tra le diverse vocazioni: pr, adv, media?  

“Siamo entrati in una fase nuova del nostro percorso con la scelta di un testimonial e  il coinvolgimento di un’agenzia di Pr e comunicazione, di conseguenza ci stiamo organizzando per attivare tutti i tool che ci possano consentire di misurare gli effetti delle nostre azioni e poter eventualmente correggere il tiro”.

Quale dovrebbe invece essere lo stato dell’arte ideale della misurazione, insomma, cosa e quali cambiamenti auspica in tal senso?

“Il problema delle relazioni pubbliche, questo è chiaro, resta quel valore intangibile che nasce dai risultati stessi che produce. Quale metrica misura bene l’abilità negoziale di un comunicatore con un giornalista? Reputazione, tempismo, qualità. E tutto questo nell’era delle Fake News. Forse si dovrebbe riflettere su una nuova mentalità della misurazione, piuttosto che concentrarsi sull’Ave o su quanto altro propone il mercato. Noi aziende restiamo in attesa di nuovi standard, certificati magari a livello internazionale”.