“Cos’è successo alle agenzie di pubblicità in Italia? La cultura della comunicazione è andata a ramengo con passo lento ma costante. In un paio di decenni un prezioso bagaglio di saper fare sembra essere evaporato lasciando il posto a un deserto di mediocrità.
Solo una al top
Abbiamo solo un’agenzia che lavora con continuità sia strategica che creativa. Altre due o tre sono eccellenti nella creatività: perfette sulla breve distanza e per la carriera di qualcuno. Di cose scritte bene, ne vedo poche. Non saprei da chi mandare un giovane che vuole imparare il mestiere del copywriter.
Gasati per quanto ieri era standard
Ci gasiamo condividendo progetti che qualche tempo fa erano la norma e che oggi, quando finalmente vedono la luce, ci sembrano dei miracoli. Postiamo anche lavori dozzinali come se qualche like ne confutasse la sostanza, giacché sulla piattaforma del consenso non ci sarà mai nessuna forma di critica. È un tripudio di auto-approvazione sterile.
La qualità dei Cmo è crollata
Nelle aziende, con le HR che assumono con lo stampino, va peggio. Quando nel 1999 ho iniziato a lavorare e assistevo alle riunioni in silenzio, ricordo che i direttori marketing conoscevano bene la materia, erano professionisti con cui l’agenzia dialogava alla pari costruendo valore. C’era anche un proficuo scambio di assunzioni tra agenzie e aziende e il sapere circolava in modo virtuoso. Negli anni la qualità degli interlocutori è crollata. I movimenti di pancia guidano i nuovi reparti marketing, è la triste eredità di una generazione che si è formata sui social. Le agenzie si sono adeguate: pur di vendere hanno sostituito la visione strategica con l’effetto wow”.
Tutta colpa dei tempi?
Non si può liquidare la questione con ‘i tempi sono cambiati’ e neppure con il classico ‘non ci sono più i budget di una volta’. O peggio: ‘siamo nell’era dei creator’. Il 6×3 di una casa automobilistica che esce con il prezzo al posto di un bel titolo è un chiaro sintomo di decadimento culturale, non economico. E di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe.
La domanda influenza l’offerta. E le Associazioni che fanno?
Sono però convinto che la domanda influenzi l’offerta e che se da parte delle aziende ci fosse più consapevolezza sulla qualità, le agenzie saprebbero risvegliarsi e rispondere con dignità. Servirebbe un confronto vero, una riflessione collettiva. Recuperare autorevolezza dovrebbe essere l’obiettivo primario delle associazioni di categoria. Dobbiamo dare voce a quel saper fare che è prezioso e che non si può improvvisare. La trasmissione delle competenze richiede maturità, metodo e cura, non avviene per imitazione. Continuare a mettere la polvere sotto al tappeto dei like alimenta una catena del disvalore che fa sprecare denaro alle aziende e guasta un intero settore. Il mito dei social dove si fa tutto subito e a basso costo è al tramonto, i tempi sono maturi per un cambio di traiettoria. Urge una critica serrata a un sistema ormai stantio, e allo stesso tempo è fondamentale tornare a divulgare progettualità e strategia”.
Chi è Matteo Bianchi
Nel 1999 inizia a lavorare come copywriter a Milano. Dal 2004 si occupa di comunicazione integrata con particolare attenzione all’online, canale che svolge un ruolo sempre più centrale e lo porta in agenzie digitali con mansioni a cavallo fra creatività e strategia, anche nell’e-commerce. La sua formazione si completa in azienda, come brand marketing manager, sia in ambito BtoB che BtoC. Oggi lavora come consulente per agenzie e aziende.
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