Marini ha sviluppato una ricerca che mira a liberare le lettere dalla loro funzione grammaticale, restituendo loro una nuova identità: non più strumenti di lettura, ma protagoniste dell’immagine.
Nelle sue opere, lettere, sillabe e numeri vengono isolati, ingranditi, scomposti e ricomposti in campiture cromatiche e in composizioni dinamiche, dove il segno grafico diventa gesto, ritmo e energia visiva.
In occasione dell’esposizione di Dubai, questo linguaggio artistico incontra un territorio che da secoli riconosce nel segno grafico un’arte autonoma e sacra. Nel mondo arabo, riferisce la nota, così come in molte culture dell’Estremo Oriente, la calligrafia non è semplice scrittura, ma espressione spirituale, estetica e identitaria. In questo contesto, la Type Art di Marini si inserisce come un ponte contemporaneo tra due tradizioni: da un lato l’alfabeto occidentale liberato, dall’altro la venerazione del segno come forma artistica assoluta.
“Dubai è un crocevia di culture e linguaggi, la cornice perfetta per la mia Type Art, che è universale.
L’obiettivo è far sì che lo spettatore non legga il segno, ma lo guardi come un elemento pittorico, riscoprendone l’essenza scultorea e l’impatto emotivo”, dichiara sempre nella nota Marini.
La mostra presenterà una selezione curata da Alessio Paolo Musella delle serie più recenti di Marini, caratterizzate da un uso audace del colore, da una attenzione alla composizione e da una costante tensione tra ordine e caos, silenzio e saturazione visiva.



