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Venezia 82: Chi vince il Leone d’Oro? The Voice Of Hind Rajab e il dramma della Palestina sembrano aver convinto

Un'immagine tratta da The Voice Of Hind Rajab

E poi, all’improvviso, in un giorno è cambiato tutto. In occasione dell’82a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, vi avevamo raccontato le prime reazioni e i primi pronostici al giro di boa. Ma poi è accaduto qualcosa. È accaduto che la realtà è deflagrata con potenza nel mondo del cinema, che il mondo in cui viviamo oggi ha preteso con forza l’attenzione ed è entrato nell’arte. Mercoledì a Lido è stato presentato The Voice Of Hind Rajab, il film della regista tunisina Kaouther Ben Hania che ci ha messo davanti, in tutto il suo orrore, a quello che sta succedendo in Palestina. È questo il film che, sull’onda dell’emotività che sta provocando la guerra, ma anche di indubbi meriti artistici, potrebbe vincere il Leone d’Oro. È la storia di Hind Rajab, una bambina palestinese di cinque anni, uccisa nel gennaio 2024 dall’esercito israeliano mentre fuggiva da Gaza con gli zii. Il film vive di una scelta artistica potentissima: la voce che sentiamo nel film, è la vera voce della bambina, rimasta intrappolata nella macchina, mentre al telefono chiedeva aiuto. La regista non era sicura di voler usare la voce della bambina. “Ma ho sentito che parlava a me, che diceva ‘salvami salvami’. È stata una scelta irrazionale di fronte a un sentimento di impotenza. Volevo onorare la sua voce. È una dei tanti, troppi che non ne hanno. È Gaza che non ha voce” ha spiegato la regista. “Questo film non è un’opinione, ma ha salde radici nella realtà. La sua voce è quella di 10.000 bambini uccisi in due anni a Gaza, la voce di ogni figlio o figlia che ha diritto di esistere e di sognare. Dietro ogni numero c’è una storia che non ha avuto l’opportunità di essere raccontata. Questa è la storia di una bambina che chiede “salvatemi”. Nessuno può essere in pace quando i bambini ci chiedono di essere salvati. Dobbiamo ricordarci che non ne possiamo più, adesso dobbiamo chiedere giustizia per l’umanità intera, per il futuro di ogni bambino. Adesso basta”. Così Saja Kilani, una delle attrici del film, ha introdotto la conferenza stampa. Ricevendo un lungo applauso.

È giusto che un film come The Voice Of Hind Rajab sia Leone d’Oro?

Così come è stato lungo, lunghissimo, l’applauso alla proiezione ufficiale del film, di 24 minuti, e quello alla prima proiezione stampa del mattino: non solo un applauso, ma anche il bisogno di fermarsi per alcuni minuti prima si uscire dalla sala per elaborare ciò che è stato visto. È normale, a questo punto, considerare The Voice Of Hind Rajab il maggiore candidato per il Leone d’Oro. Su questo tema si è scatenato subito un dibattito. Ha fatto notizia il post di Nicola Giuliano, fondatore di Indigo Film. “Non credo che possa accadere ma il mio auspicio rispetto alla Mostra del Cinema di Venezia è che la giuria non assegni che un solo premio e che sia per The Voice of Hind Rajab. Quando il cinema riesce con le immagini di finzione a superare quelle della realtà per raccontare la Storia, non ha più senso disquisire su altro. Mi sembra l’unico gesto sensato e possibile per i giurati di Venezia. Rispondere QUESTO alla domanda ‘cosa posso fare io?’ che tutti ci poniamo contemplando il vuoto che si apre davanti alla nostra frustrata impotenza”. Anche Emanuele Rauco, critico cinematografico e selezionatore del festival, ha commentato. “Ci sono momenti storici, come questo, in cui le ‘ragioni del cinema’ debbono fare un passo indietro e guardare alla storia, al mondo, alla vita e magari mettersi anche al loro servizio”. Alcuni, come Enrico Magrelli, sembrano invece dissentire. “L’emozione fortissima, l’indignazione universale e i contenuti generano, talvolta, discorsi legittimi ma non lucidissimi. Il cinema del dolore dovrebbe far discutere come la tv del dolore. Ogni guerra è repellente”. In ogni caso, il film di Kaouther Ben Hania sembra essere valido sia artisticamente che a livello di messaggio. Il film, intanto, ha vinto il Premio Leoncino d’Oro e la Segnalazione Cinema For UNICEF.

Katrhryn Bigelow è la miglior regia?

Nel frattempo, prima della presentazione del film della regista tunisina, c’è stato un altro film che, in tutt’altro modo, ha sconvolto gli spettatori del Lido. È A House Of Dynamite, tesissimo thriller politico di Kathryn Bigelow, la regista di Strange Days e The Hurt Locker, prodotto da Netflix. Si svolge nella Stratcom, il centro che controlla l’arsenale nucleare americano, nel quale arriva l’allerta per un missile che sta volando dritto verso Chicago. Non si sa da che nazione provenga, non si riesce ad intercettare. Rebecca Ferguson, a capo della War Room, e Idris Elba, presidente degli Stati Uniti, sono i protagonisti di una storia che Kathryn Bigelow ci racconta mantenendo altissimo il senso di tensione e dell’ansia, e facendoci restare con l’idea di vivere sopra a una casa di dinamite pronta a scoppiare da un momento all’altro.

In lizza per il Leone: Bigelow, Park Chan-wook, Valérie Donzelli, Sorrentino, Rosi, Del Toro

Kathryn Bigelow potrebbe davvero essere presa in considerazione per un premio. Così come, nonostante il forte impatto del film sulla Palestina, restano pienamente in corsa per il Leone d’Oro i candidati di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa: À pied d’œuvre di Valérie Donzelli e No Other Choice di Park Chan-wook. E che, allo stesso tempo, potrebbero concorrere come premio per la miglior regia, o al Premio Speciale della Giuria, accanto proprio a A House Of Dynamite di Katrhyn Bigelow e a due film di casa nostra: La grazia di Paolo Sorrentino e Sotto le nuvole di Francesco Rosi (che potrebbe essere in lizza anche per un premio tecnico, come la fotografia in bianco e nero). Senza dimenticare il Frankenstein di Del Toro, i premi principali dovrebbero uscire da questa lista di film.

Miglior attrice: Valeria Bruni Tedeschi o Barbara Ronchi?

Ma un premio all’Italia potrebbe arrivare dalla Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. La sfida dovrebbe essere quella tra Valeria Bruni Tedeschi, protagonista di Duse di Pietro Marcello, e Barbara Ronchi, protagonista di Elisa di Leonardo Di Costanzo. Valeria Bruni Tedeschi impersona Eleonora Duse, la cui leggendaria carriera alle spalle sembra ormai conclusa, tra la Grande Guerra e l’ascesa del fascismo, ma torna dove la sua vita è iniziata, sul palcoscenico. Valeria Bruni Tedeschi ha portato un po’ della sua personalità e della sua esuberanza nel ritratto della Duse. Ma la sua prova ha diviso. Se Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera ha parlato di “standing ovation per una prova superlativa, che non insegue rassomiglianze o imitazioni”, Chiara Zuccari di Sentieri Selvaggi ha parlato di “overacting stagnante e polveroso”. Se la Bruni Tedeschi è ormai attrice affermata, un riconoscimento sarebbe doveroso per Barbara Ronchi, attrice che da anni ormai non sbaglia un film. In Elisa interpreta una donna in carcere da dieci anni per aver ucciso la sorella e averne bruciato il cadavere. In un cinema, come quello di Di Costanzo, che da L’intervallo a L’intrusa ad Ariaferma, si occupa sempre di colpa, Barbara Ronchi interpreta una di quelle persone normali che compiono delitti, con il Male che irrompe nelle esistenze tranquille. È un film di parole e di volti che la grande interpretazione di Barbara Ronchi riesce a rendere reale e toccante. In lizza per il premio anche Saja Kilani per The Voice of Hind Rajab, Amanda Seyfried per The Testament of Ann Lee. Tra gli attori, i papabili sono Dwayne Johnson per The Smashing Machine, Paul Dano per Le mage du Kremlin, Bastien Bouillon per À pied d’œuvre, Toni Servillo per La grazia.

I premi già assegnati

Ecco intanto i premi già assegnati oggi, oltre ai due di cui abbiamo parlato sopra. Va a Duse di Pietro Marcello il Soundtrack Stars Award 2025 per la migliore colonna sonora, di Fabrizio Elvetico, Marco Messina e Sacha Ricci. Per quanto riguarda le Giornate degli Autori, Inside Amir di Amir Azizi vince il GdA Director’s Award 2025, a Bearcave di Stergios Dinopoulos e Krysianna B. Papadakis va l’Europa Cinemas Label, a Memory di Vladlena Sandu e A sad and beautiful world di Cyril Aris il Premio del pubblico.

di Maurizio Ermisino