Youmark

Le Balene non passano il Rubicone. E cercano un manager che voglia non passarlo insieme a loro

Dopo aver percorso 185 km per presentare un’idea a un cliente e dopo aver lavorato per una settimana a casa della Casalinga di Voghera, LE BALENE si apprestano ad affrontare una nuova impresa che porterà l’agenzia milanese sulle sponde del Rubicone, il fiume reso celebre da Giulio Cesare e dal suo Alea iacta est.

Questa volta Le Balene vogliono portare la discussione sulla (finta?) contrapposizione tra digitale e analogico (più informazioni su www.balene.it/digitalis_vs_analogicus).

Per questa impresa Le Balene cercano un/una manager che debba sviluppare un progetto di comunicazione.

Come funzionerà l’operazione?

Il/la manager consegnerà all’Agenzia un brief e Le Balene, divise in due team, si attenderanno (nel senso che staranno in due tende) sulle due rive del Rubicone. Il team digitale lavorerà chiuso nella sua tenda, usando solo strumenti digitali (smartphone, tablet, intelligenza artificiale, realtà virtuale, bot: avranno a disposizione tutto l’arsenale generato dal mondo dei bit), il team analogico andrà al Bar Sport di Savignano, prenderà il treno per Gambettola, passeggerà per la campagna romagnola e schizzerà idee su notes cartacei con tanti bei pennarelli colorati.

Dopo tre giorni di lavoro, i due team si ritroveranno sul Rubicone, confronteranno le due diverse soluzioni creative trovate al brief e elaboreranno un progetto condiviso. A quel punto arriverà il/la manager, cui verrà presentato il progetto.

Il/la manager potrà apprezzare il progetto ma decidere di non farlo oppure lanciarsi e passare alla fase esecutiva. Non c’è nessun impegno preventivo. L’unico impegno richiesto è la voglia di verificare assieme alle Balene che non esiste un unico modo per fare creatività al passo con i tempi, non l’approccio solo digitale basato su numeri e dati né l’atteggiamento nostalgico di fare come si faceva una volta. Esiste un modo contemporaneo che sa utilizzare i dati e sa maneggiare la tecnologia, ma non è schiavo né degli uni né dell’altra, perché sa che in fondo la creatività nasce ancora dall’incontro con le persone e dalla curiosità nei confronti delle storie che possono nascere da questi incontri.