Quando il testimonial è perfetto
Sport e autostima: una corsa a due, la nuova campagna di Dove per supportare la body confidence delle ragazze nello sport, non poteva avere migliore testimonial. L’idea dell’iniziativa nasce da un dato preoccupante, tra i giovi, soprattutto ragazze tra i 13 e i 17 anni, c’è un alto tasso di abbandono precoce dello sport. E’ un’età in cui le giovani donne vedono il proprio corpo cambiare con effetti sulle performance sportive. Una frustrazione suffragata anche dalle critiche esterne di allenatori e insegnanti di educazione fisica: ‘sei bassa, sei grassa, non sei adatta a questo sport’. La campagna, quindi, ha proprio loro come target, allenatori e insegnanti di educazione fisica delle scuole secondarie di primo grado. A Jasmine Paolini il compito di aiutare a diffondere il messaggio. Perché lei stessa ha dovuto fare i conti con dei pregiudizi sul suo corpo. “Tante volte ho sentito giudizi del tipo: ma è troppo bassa per il tennis di alto livello, farà fatica, non potrà arrivare in alto. Ma io sono sempre andata avanti per la mia strada, ho cercato di focalizzarmi sulle mie qualità positive, troivando la forza”.
I dati di AstraRicerche
La ricerca, condotta su 1200 ragazze e ragazzi dai 9 ai 17 anni in Italia, presentata da Cosimo Finzi, ci dice che un ragazzo su due tra i 13 e i 17 anni abbandona lo sport. E che il 47% delle ragazze si sente a disagio per le pressioni di chi le vorrebbe in forma e attraenti. Nel 45% dei casi le ragazze subiscono critiche e prese in giro da parte dei coetanei, anche dello stesso genere. Il 22% delle critiche, infatti, arriva addirittura dalle amiche. Per una ragazza su due l’abbigliamento sportivo è fonte di disagio, perché è restrittivo ed espone eccessivamente il corpo. Pure la reazione dei genitori all’abbandono è figlia di stereotipi: l’abbandono dello sport da parte delle ragazze viene accettato nel 73% dei casi, quello dei ragazzi nel 51%. Che è come dire: le ragazze possono dedicarsi ad altro, ad esempio allo studio. Insomma, è giunta l’ora di dire basta.
Dove da sempre in prima linea per una consapevolezza del proprio corpo
È dal 2004 che il brand di Unilever è impegnato in tal senso, dal lancio del Dove Self Esteem Project. Come è noto, Dove in comunicazione utilizza sempre donne reali, senza fotoritocchi, di diverse forme, colori, etnie, perché non esiste un tipo unico di bellezza. Tutte le diverse forme della bellezza che ognuno ha, dunque, devono diventare fonte di sicurezza e autostima. “Una delle cose fondamentali che facciamo è spostare l’attenzione dal come si è a quello che si sa fare, dall’attenzione sul corpo a quella su quello che il corpo ci permette di fare” ha spiegato Ugo De Giovanni, General Manager Personal Care Italia di Unilever.
Il doppio obiettivo della campagna
C’è una parte di sensibilizzazione, legata a eventi e alla testimonial Jasmine Paolini. Ma poi c’è anche la parte concreta, ossia l’ arrivare agli allenatori, il vero target dell’ operazione. Perché i dati ci dicono come nel 70% dei casi il coach è decisivo nella scelta delle ragazze di smettere o continuare a fare sport. Nasce così il Body Confident Sport, programma formativo gratuito rivolto a coach e insegnanti di educazione fisica delle scuole secondarie di primo grado, per promuovere l’accettazione del proprio corpo nello sport.
Lo sport può cambiare il mondo
Lo diceva Nelson Mandela, l’ispiratore di Fondazione Laureus, che è partner del progetto, e che da 5 anni si focalizza sula disparità di genere e di accesso allo sport. “Per noi il target è quello degli allenatori” conferma Lara Tagliabue di Fondazione Laureus. “Senza un allenatore capace di accogliere e includere le diverse capacità corporee, lo sport rischia di non diventare inclusivo”. Ai coach e ai professori verrà fornito un kit, una guida concreta che, in tre tappe, permetterà anche a loro di capire cosa vuol dire consapevolezza corporea.
Jasmine Paolini: “All’altezza non penso”
Il lancio della campagna è stata occasione anche per conoscere da vicino Jasmine Paolini, testimonial perfetta per Dove, in quanto “incarna i valori della marca, come l’autenticità e la bellezza autentica, ma anche per come esprime il talento”, spiega Di Giovanni. “La mia sfida è fare il meglio di quello che posso fare, raggiungere il mio massimo, capire cosa posso fare in maniera diversa per migliorare” racconta la campionessa. “Avere la serenità di dire posso migliorare, ma non è detto che questo mi porti più in alto. Fare tutto il possibile mi fa sentire in pace con me stessa”. Ma cosa pensa quando entra in campo contro un’atleta alta uno e ottanta? “Non mi soffermo molto su quest’aspetto. A volte ci penso quando vedo la foto a fine partita, dopo aver stretto la mano all’avversaria. Siamo in un mondo che giudica troppo l’aspetto fisico, non solo nello sport ma anche nella vita. Lo sport esaspera, anche perché sei spesso in costume, o in maniche e pantaloncini corti. Tra noi magari diciamo delle cose per scherzo, ma una persona se lo ricorda per tutta la vita. Dobbiamo avere la consapevolezza che le parole hanno un peso. Dobbiamo starci attenti. E lo dico io in primis”.
di Maurizio Ermisino