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In vigore l’obbligo della Age Verification per i siti porno. Ma il rinvio blocca tutto

L'AGCOM può imporre sanzioni fino a 250mila euro per chi non si adegua, e in casi gravi può decidere l'oscuramento del sito. I siti coinvolti sono inclusi in un elenco che ha attualmente 45 indirizzi
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L’introduzione in Italia dell’obbligo di verifica dell’età, entrato in vigore ieri, 12 novembre, per l’accesso ai siti con contenuti per adulti (in base alla delibera AGCOM n. 96/25/CONS), ha generato diverse conseguenze e reazioni, che però sono state sostanzialmente annullate dal rinvio di tre mesi (per i siti esteri) e addirittura di sei mesi per quelli italiani, per l’implementazione pratica di quanto prescritto.

L’obbligo del ‘doppio anonimato’

Le prescrizioni, sulla carta, sono ben articolate  severe.  Non è più sufficiente l’autocertificazione (la banale domanda ‘Hai più di 18 anni?’) perché i siti devono implementare sistemi di verifica certificati e indipendenti per accertare la maggiore età degli utenti che si collegano dall’Italia. D’altra parte, la Commissione europea aveva scelto Agcom per la fase di test della age verification app: era logico attendersi una procedura più complessa rispetto a Francia e UK.

Il sito che fornisce l’accesso al contenuto, il ‘certificatore’,  non conosce l’identità dell’utente (pertanto non sono ammessi SPID o CIE diretti, a favore di sistemi basati su token o certificati digitali anonimi, da richiedere ogni volta che si accede).

L’AGCOM può imporre sanzioni fino a 250.000 euro per chi non si adegua, previa diffida, e in casi gravi può decidere l’oscuramento del sito. I siti, comunque, non sono genericamente indicati come ‘siti con contenuti pornografici’, bensì devono essere inclusi in un elenco che ha attualmente 45 indirizzi precisi.

La situazione un giorno dopo l’avvio dell’obbligo di verifica

Pochissimi, come era più che logico attendersi, si sono adeguati: l’obbligo è per tutti i principali siti individuati dall’AGCOM, ma solo tre siti si sono effettivamente adeguati alle nuove normative nel primissimo giorno.

OnlyFans, il sito forse più conosciuto globalmente per i contenuti erotici e pornografici dei creator (in maggioranza donne) è tra quelli che  ha implementato subito un sistema di verifica e Yoti che però non rispetta totalmente il meccanismo del doppio anonimato, in quanto, in alternativa alla documentazione, richiede una verifica scansione del volto dell’utente.

Curiosamente, gli altri due siti porno – Youporn e Redtube – delle stessa proprietà (la Aylo Freesited Ltd, di Cipro) non hanno introdotto alcun sistema di verifica, segno di una ‘cautela’ condivisa dalla grande maggioranza degli operatori.

C’è stato chi ha magari ecceduto per solerzia, come il sito Bang!, che ha comunicato di aver limitato l’accesso dall’Italia per non compromettere la privacy degli utenti con l’implementazione del “rigoroso sistema di verifica italiano”, ma in generale l’atteggiamento più comune è l’attesa e l’osservazione passiva.

Che cosa accade  in Europa e negli USA

L’Autorità francese di Regolamentazione della Comunicazione Audiovisiva e Digitale (ARCOM, l’equivalente dell’AGCOM italiana) aveva, a febbraio,  imposto ai siti con contenuti pornografici l’obbligo di implementare un sistema di verifica dell’età efficace per impedire l’accesso ai minori. La risposta di Aylo non si era fatta attendere, con l’oscuramente dei propri siti nel paese e una ricorso al tribunale amministrativo di Parigi, che ha sospeso l’ordine per incompatibilità del provvedimento con le norme Ue.

In UK, invece, che non è legato all’applicazione delle norme europee sul GDPR, a luglio è entrato in vigore l’Online Safety Act, che impone ai siti di attuare controlli efficaci sull’età, attraverso il caricamento di un documento d’identità o il riconoscimento facciale.

Negli USA, infine, dove questo tipo di provvedimenti è di competenza statuale e non federale,  oltre 25 Stati hanno approvato o stanno approvando leggi relative ai siti che distribuiscono contenuti considerati ‘dannosi per i minori’ (spesso definiti come siti in cui più di un terzo del contenuto è pornografico) e prevedono l’obbligo di verifica dell’età dei visitatori. Non essendoci gli obblighi europei, la situazione è più facile da gestire, fornendo un documento d’identità rilasciato dal governo a un verificatore terzo, o utilizzando metodi biometrici basati sull’IA.

Le conseguenze dell’introduzione dell’obbligo di verifica

Le conseguenze immediate sono duplici: una calo massiccio del traffico dei siti porno – fino all’80% nel Regno Unito –  e il ricorso alle VPN per aggirare i bocchi.

Un utente che utilizza una VPN con un IP nominalmente di un altro paese  potrebbe teoricamente aggirare il blocco geografico, facendo credere al sito di non essere in Italia o dovunque questo blocco si applichi. L’uso delle VPN è la principale preoccupazione espressa dall’AGCOM stessa, in quanto può vanificare l’efficacia del blocco, permettendo potenzialmente anche ai minori di aggirare le restrizioni nazionali. La discussione in Italia è focalizzata proprio sul trovare sistemi che possano contrastare efficacemente l’uso di questi strumenti, a volte anche gratuiti, sebbene sia tecnicamente molto complesso.

Vi è infine la ‘strada legale’, seguita da Aylo e altri con successo parziale (finora) in Francia: secondo le aziende, la verifica dell’età non spetterebbe ai siti, ma ai produttori di dispositivi e software, come Apple, Google e Microsoft. Un tesi ardita, ma che se confermata dai giudici potrebbe portare a una vera rivoluzione del comparto.

di Massimo Bolchi